Please select your default edition
Your default site has been set

NBA Finals, il banco di prova per il miglior Kevin Love di sempre

NBA

Dario Vismara

Kevin Love, è il suo momento migliore da quando è a Cleveland? (Foto Getty)

Dopo le eccellenti finali di conference contro Boston, Kevin Love è atteso alla prova definitiva: riuscirà a tenere il campo ed essere efficace anche contro la sua nemesi, i Golden State Warriors?

L’ennesima marcia trionfale dei Cleveland Cavaliers nella Eastern Conference ha dato alcune indicazioni che conoscevamo già e altre che invece si sono rivelate una sorpresa. Tra le prime ovviamente c’è il dominio totale di LeBron James sul resto della conference, che ha vinto per il settimo anno consecutivo; tra le seconde, rischia di andare perso l’enorme contributo che Kevin Love ha dato alla sua squadra nella serie contro i Boston Celtics. Perché se Kyrie Irving si è preso (giustamente) le luci della ribalta con i suoi 42 punti in gara-4, non deve essere sottovalutata la prova di Love, a tratti addirittura leonino in area catturando la bellezza di 17 rimbalzi ad accompagnare altrettanti punti e 5 assist di contorno, giusto per non farsi mancare nulla. Trattato a lungo come terza ruota del carro – nonché quella più facile da lasciare indietro nel caso in cui le cose fossero andate male – Love ha chiuso la serie coi Celtics con 5 doppie doppie in fila, aprendola con il suo massimo in carriera ai playoff (32 punti in gara-1), proseguendola con un’altra eccellente prestazione (28 punti con 7 triple in gara-3) e decidendola in gara-5 con un Net Rating addirittura incredibile (+69.1 punti su 100 possessi con lui in campo). Alla fine le sue medie parlano di 22.6 punti e 12.4 rimbalzi a partita, ma è stato soprattutto il suo 53.5% da tre punti su 8.6 tentativi a partita a fare la differenza. Percentuali che i Cleveland Cavaliers sperano di avere anche nella serie contro Golden State, perché potrebbero fare la differenza in una finale in cui i campioni in carica entrano con gli sfavori del pronostico. Anche se la cosa fa sorridere Kevin Love: "L'idea che siamo gli sfavoriti mi diverte, perché alla fine stiamo difendendo il nostro titolo" ha detto ieri dopo l'allenamento. "La utilizzeremo come benzina e come motivazione, ma lo siamo per davvero? Per me è difficile dire che sia così. Noi non ci sentiamo sfavoriti. Ci accoppiamo bene con loro, e loro possono dire lo stesso per noi".

Un nuovo coinvolgimento difensivo

La cosa che più fa sorridere in casa Cavs, ancor prima delle percentuali eccellenti di questi playoff (47.5% da tre, 58% effettiva e 63.6% “reale”), è il modo in cui Love si è impegnato in difesa, diventando addirittura decisivo in certe occasioni con le sue mani veloci. Love ha collezionate 3 deviazioni a partita (dietro solamente alle 4.2 di LeBron) e ha recuperato 2.6 palloni vaganti (pari con LBJ), azionando spesso e volentieri il contropiede gestito da James e Irving che, anche per ricompensare il suo lavoro sporco, non hanno mancato di servirlo come “rimorchio”. Quelle conclusioni, unite all’attacco a metà campo, hanno procurato a Love una valanga di conclusioni smarcate che  è stato straordinario nel concludere, tirando 22/40 da tre nella serie con Boston, in cui ha avuto chiuso solamente 3 triple con il difensore entro un metro e mezzo. Al suo terzo anno con gli stessi compagni, Love è ormai perfettamente a suo agio negli schemi difensivi dei Cavs, e anche se non sarà mai un difensore sopra la media, in questi playoff si è fatto notare per un impegno più che accettabile, tenendo botta in post contro chiunque e facendosi trovare pronto nelle rotazioni difensive per proteggere il ferro e poi controllare il rimbalzo difensivo. Love ha giocato talmente bene da essere utilizzato da “5” con la second unit guidata da James, di fatto facendo uscire dalle rotazioni Channing Frye che ha sostituito anche per la capacità di aprire il campo in attacco.

Al suo meglio da quando è a Cleveland

Dopo anni a chiedere possessi in post basso e soprattutto ai gomiti, Love si è messo il cuore in pace e ha accettato che nella squadra di LeBron James e Kyrie Irving non avrà mai più il tipo di “Usage” di cui godeva ai Minnesota Timberwolves (solo 27.8 tocchi nella metà campo offensiva, staccatissimo dai 73.3 di LeBron e i 57.6 di Kyrie). In compenso Love ha capito che possono esistere altri modi per essere efficaci al fianco di James, e che trovare il modo giusto significa potersi giocare il titolo anno dopo anno, procurandosi comunque qualche soddisfazione come nella serie con Boston. In realtà per Love è sempre stata una questione di percentuali, nel senso che i Cavs sono riusciti spessissimo a procurargli conclusioni smarcate che lui ha sempre un po’ faticato a concludere ad alte percentuali, cosa che evidentemente è cambiata nell’ultima serie. Love si è trasformato nel “knockdown shooter” che i Cavs hanno sempre sperato diventasse, ma oltre a questo offre una presenza a rimbalzo, una capacità di playmaking e un’intelligenza nel riconoscere le soluzioni (tutte doti ben visibili dai suoi straordinari passaggi di apertura a tutto campo) difficilmente replicabile dal resto del roster, di fatto permettendo ai Cavs di aprire il campo come con un quintetto piccolo ma senza soffrire nella lotta a rimbalzo. Questo lo rende estremamente utile per coach Tyronn Lue (che a volte lo ha preferito anche a Tristan Thompson per chiudere le gare) e estremamente difficile da gestire per gli avversari, perché è in grado di punire le attenzioni riservate a James e Irving e allo stesso tempo abusare in post basso gli avversari più piccoli di lui. Quello che rende questo Love il migliore dei Love possibili, almeno da quando è a Cleveland, è però la sorprendente mobilità di piedi mostrata in difesa, inseguendo guardie e ali anche lontano dall’area senza soffrire poi troppo come invece gli è sempre successo in passato.

Il difficile accoppiamento contro Golden State

Per confermarsi definitivamente Love ha bisogno però della consacrazione contro i Golden State Warriors, l’avversario che più lo ha fatto soffrire negli ultimi anni per la difficoltà nell’inseguire non solo il più veloce Draymond Green lontano dall’area, ma anche nel cambiare sui blocchi con rapidità e tenere il passo degli incredibili esterni degli Warriors. Dopo una serie di finale difficilissima – 8.5 punti di media col 36% al tiro, complicata anche dalla commozione cerebrale che lo ha tenuto fuori per gara-3 e fatto partire dalla panchina in gara-4 – Love ha messo la sua firma sul titolo tenendo sorprendentemente bene in difesa contro Curry nel possesso più importante della stagione dei Cavs, appena dopo la storica tripla segnata da Kyrie Irving. Ma è chiaro che gli Warriors cercheranno in tutti i modi di ricreare quella situazione per sfruttarla il più possibile, potendo contare stavolta su un Curry a pieno regime e un Kevin Durant in più, come già fatto nei due incontri di regular season in cui il numero 0 dei Cavs ha faticato. E se Love si dimostrasse di nuovo incapace di rimanere in campo contro questi Warriors, ecco che le voci di scambio che lo rincorrono ormai da anni tornerebbero di prepotente attualità – perché la memoria è sempre corta, e l’ultima immagine è quella che tende ad avere più peso rispetto a ciò che è stato fatto prima (basta chiedere a LaMarcus Aldridge). Eppure, nonostante tutto, i Cleveland Cavaliers in tre anni non hanno ancora perso una serie in cui è sceso in campo Kevin Love: prima di giungere a conclusioni affrettate – quale che sia il risultato della serie – è sempre bene tenerlo a mente.