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NBA, "l’altro" Kevin Durant, MVP anche nel business e re della Silicon Valley

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Ha investito in oltre 30 start up e aziende della tech industry e si siede regolarmente al tavolo con i grandi guru della Silicon Valley. Lui cerca i loro consigli, loro sono impressionati dalla sua intelligenza. Riflettori su un lato meno conosciuto dell'MVP delle ultime finali NBA

Conosciamo Kevin Durant come uno dei più forti giocatori al mondo di pallacanestro, l’MVP NBA della stagione 2013-14 (con la maglia degli Oklahoma City Thunder) o il miglior giocatore delle ultime finali (con quella di Golden State), un mix di talento tecnico, offensivo ma anche difensivo, e grandi doti atletiche (un giocatore perimetrale di 206 centimetri). Conosciamo bene anche i suoi partner in campo, da Steph Curry a Draymond Green, da Klay Thompson ad Andre Iguodala. Meno conosciuto invece è l’altro Kevin Durant, l’uomo d’affari, tanto a suo agio in meeting segreti con gli imprenditori più importanti del mondo (i suoi nuovi compagni di gioco) che in transizione in campo aperto palla in mano. Un’evoluzione che ha visto un’accelerazione vertiginosa da quando l’ex superstar dei Thunder si è spostato sulla west coast, vicinissimo al cuore della tech industry, quella Silicon Valley poco a sud di San Francisco. Così diventa facile disegnare un ipotetico quintetto base che vede Durant spalleggiato da Tim Cook (n°1 di Apple) e Ben Horowitz (venture capitalist tra i più importanti di tutti gli Stati Uniti), da Neal Moah (ex  Google e Youtube) a Steve Stoute (un passato nel business musicale, tra Sony e Geffen, e oggi fondatore di Translation, un’azienda di marketing con clienti eccellenti come McDonald’s e Anheuser-Busch). Grazie ai loro consigli, accompagnato dalle loro consulenze – tra una vacanza in barca e un barbecue in villa – il n°35 degli Warriors sta differenziando il portfolio dei suoi (ricchi) investimenti (sono oltre 135 milioni di dollari le sole entrate NBA dall’inizio della sua carriera a oggi, sponsor esclusi – una cifra destinata almeno a raddoppiarsi quando firmerà il prossimo contratto), con partecipazioni in quasi 30 diverse aziende, tra start up (con investimenti tra i 50 e i 250.000 dollari) e realtà già consolidate (e qui il coinvolgimento aumenta, dai 250.000 fino ai 2 milioni di dollari). 

Un portfolio di investimenti a 360 gradi

Gli ambiti? I più disparati. Kevin Durant – e il suo principale business partner, nonché agente, Rich Kleiman (tra i suoi assistiti, in passato, anche JAY Z) – hanno finora investito in tante realtà differenti, finanziando ricerche sui droni (Skydio) e soluzioni di medicina personalizzata (Forward), agenzie di big data marketing (Zenreach) e nascenti realtà di consegne on-demand (Postmates). Non solo tecnologia e realtà futuristiche, però: KD ha una partecipazione diretta anche in uno dei siti Internet sportivi più originali degli ultimi anni, quel Players Tribune che si autodefinisce “la voce del gioco” e vuole dare la parola direttamente ai protagonisti del mondo sportivo, senza filtri (su quelle pagine, il famoso 4 luglio 2016, Durant ha annunciato la sua scelta – My Next Chapter, il mio prossimo capitolo – di lasciare OKC per trasferirsi a Ovest). Nello stesso “settore” agisce anche 35media, l’agenzia che la stella di Golden State ha messo in piede per sviluppare contenuti multimediali (si tratta del braccio creativo dietro il famoso canale Youtube del giocatore), mentre altre realtà toccate dal mecenate degli Warriors nelle sue avventure lontane dal campo si allargano ai campi della ristorazione (le pizzerie di Pieology e i succhi di frutta di Wtrmln Wtr.) o del fitness (si chiama proprio 305 Fitness la catena di palestre in cui ha deciso di investire, con centri in tutta America, da New York a Boston a Washington). Ovviamente un campione del suo calibro non dimentica l’impegno nel sociale e a favore delle comunità: tramite la sua Kevin Durant Charity Foundation l’ala degli Warriors ha già costruito 14 campi di pallacanestro in giro per il mondo, da Oklahoma City a Seattle, da New York a Seat Pleasant (casa sua), ma anche in Cina, in India e a Berlino. Perché se la NBA è sempre più un global game, famoso slogan utilizzato per anni dalla lega per promuoversi al di fuori dei confini USA, nel mondo della Silicon Valley la globalizzazione è la regola, non esistono più né barriere né frontiere e i mercati sono tutti da esplorare. Una missione abbracciata con grande entusiasmo da Kevin Durant, l’uomo d’affari.