I due lunghi di New Orleans stanno vivendo un impressionante inizio di stagione, unici in tutta la Lega a viaggiare a più di 25 punti e 10 rimbalzi di media. Le Twin Towers del 2017 funzionano, soprattutto se schierate insieme sul parquet
“Ai Pelicans non basta la super prestazione di un Anthony Davis da…”, era la tipica frase di introduzione utilizzata in tutti i recap e le cronache delle gare degli anni passati di New Orleans. “Un uomo solo sull’isola” (pluricit.), a cui aggrapparsi senza riuscire a vincere più di 45 partite in stagione (nel 2015, quando i Pelicans vennero spazzati via nel primo turno playoff dagli Warriors) e che spesso e volentieri vedeva frustrate le sue prestazioni da un contorno che non riusciva a garantire neanche lo stretto indispensabile per cogliere una qualificazione playoff. L’arrivo di DeMarcus Cousins a New Orleans durante l’All-Star Game lo scorso febbraio è stata una scommessa irrinunciabile fatta dalla dirigenza per supportare il potenziale MVP a disposizione sotto canestro e provare a convincerlo a restare. E lo spazio in attacco? Come potranno mai condividere il parquet due giocatori del genere, a maggior ragione nel 2017 quando le parole small ball, spacing e cinque fuori sono diventate un mantra universale? Nel basket in cui schierare un “centro” sul parquet è diventato spesso un problema (oltre che una bestemmia linguistica), a New Orleans invece si è deciso di andare in direzione ostinata e contraria e le cose, almeno in queste prime dieci partite, stanno funzionando. In Louisiana l’entusiasmo ha già portato molti addetti ai lavori a chiedersi se la coppia Davis-Cousins sia la migliore mai vista su un parquet nella storia NBA, ma - esagerazioni a parte - i numeri impressionano tanto quanto l’impatto che i due stanno avendo sulla stagione dei Pelicans. Davis&Cousins sono gli unici due giocatori in tutta la Lega a viaggiare oltre i 25 punti e 10 rimbalzi di media; sintomo di come la convivenza non ne stia limitando l’impatto in campo. Le due prestazioni da almeno 30 punti e 12 rimbalzi a testa (messe a referto contro Warriors e Pacers) non si registravano nella stessa stagione da parte di due compagni di squadra dal 1985-86 (la coppia in quel caso era Charles Barkley-Moses Malone ai 76ers): sarà una scelta controcorrente, certamente estrema e che magari non funzionerà nel medio/lungo periodo, ma che al momento ha fornito un’unica certezza: i due sono diventati indispensabili l’uno per l’altro.
Davis e Cousins insieme: una miriade di alternative
Alvin Gentry dunque ha sapientemente dato forma a una squadra fatta a immagine e somiglianza dei due All-Star, favorevolmente disposto a limitare l’utilizzo di un roster che da Holiday in giù non fornisce molte altre alternative. Nell’ultima partita, quella vinta in volata contro i Pacers, i Pelicans nelle fasi cruciali della sfida (sul 103-102 in favore di Indiana a poco più di sei minuti dalla fine) hanno giocato uno schema d’attacco che spiega molto bene le potenzialità di una coppia del genere: Cousins è in post basso a fare a sportellate contro Myles Turner che cerca in tutti i modi di far sentire il suo peso per non farlo avvicinare troppo a canestro. I Pacers mandano un giocatore in aiuto, ma la rotazione difensiva è un disastro e il risultato è quello di perdere un uomo sul perimetro; chi è? Anthony Davis, ossia il (molto teorico) centro che sfrutta uno scarico dal post basso. Il classico schema giocato dalle Twin Towers 2.0 del 2017. Il numero 23 a quel punto riceve indisturbato, ma nonostante la mano educata lascia partire un mattone (sta viaggiando con il 41% dall’arco su quasi tre tentativi di media, quel tiro è ampiamente giustificato), ma a rimbalzo, nonostante il lungo sia a otto metri dal ferro, ci pensa ancora una volta Cousins a spazzare via tutti a rimbalzo e a segnare due punti cruciali. Lo stesso giocatore che all’occorrenza parte dal palleggio dall’arco e distribuisce ai compagni quasi sei assist a partita, sintomo di come il concetto di lungo e piccolo sia molto relativo. Il segreto infatti sta proprio in questo: l’atipicità e la completezza del gioco dei due lunghi dei Pelicans è il motivo per cui due giocatori (soltanto all’apparenza) simili possono funzionare su un parquet NBA e reggere contro squadre che tendono sempre più spesso a non schierarne neanche uno.
La produzione personale non ne ha risentito, anzi…
Sono soltanto dieci le partite giocate in questo inizio di regular season (a differenza dei campioni statistici degli anni passati che si riferiscono a un’intera stagione), ma i dati lasciano positivamente impressionati: il numero 23 infatti sta viaggiando a 28.4 punti di media, al momento il miglior dato in carriera, leggermente al di sopra dei 28 tondi raccolti l’anno passato e di gran lunga superiore a quelli messi a referto nel lustro precedente. Questo, combinato alle migliori percentuali realizzative mai tenute in carriera sia dal campo (56.7) che dall’arco (41.4), raccontano come avere al suo fianco un altro catalizzatore di attenzioni abbia inevitabilmente allentato la pressione difensiva su di lui, garantendogli spazi e di conseguenza percentuali superiori. E i rimbalzi? Mai così tanti, 12.8 di media. Un effetto globale enormemente positivo, viziato magari da un campione di partite ridotto, ma che anche qualora si riduca in volume con l'aumentare delle gare (le medie a partita sono tutt’altro che regolari come dato) rende bene il concetto: Davis ha ridotto il suo Usage (da 32.6 a 28%), ossia sfrutta meno dello scorso anno i possessi globali di squadra, ma non ha perso resa in quanto a volume di gioco e statistiche prodotte, avendo conseguentemente aumentato la sua efficacia. Sì, un vero e proprio affare considerato il fatto che adesso al suo fianco c’è un giocatore se possibile ancora più mangia-palloni di lui (33% di Usage per Cousins), ma che riempie letteralmente la scena che tutto il resto del roster dei Pelicans gli lascia a disposizione. L’ex giocatore dei Kings spesso e volentieri sporca il foglio, perde cinque palloni a partita, tira spesso e non sempre con una logica, forzando la mano soprattutto dall’arco. Al netto di tutto questo però, Cousins è indispensabile per far girare la squadra: al miglior Net Rating di squadra (+5, Davis si ferma a +3.7), affianca anche il peggiore raccolto dai suoi compagni quando lui va a sedersi (-15.2). La differenza che passa tra gli Oklahoma City Thunder (5° miglior dato della Lega) e i Sacramento Kings (che da ultimi in NBA, fanno comunque meglio). Un abisso.
Incompatibili? Non possono più fare a meno uno dell’altro
La controprova poi arriva andando a guardare il rendimento dei due quando l’altro va ad accomodarsi in panchina. L’idea di fondo di coach Gentry è chiara: 28 minuti scarsi giocati insieme e poi dieci minuti a testa in campo con l’altro che riposa, in maniera tale da non avere mai un quintetto in campo senza nessuno dei due All-Star. Nei 27 minuti a partita trascorsi con Cousins, Davis vede salire in maniera vertiginosa le sue percentuali (62,5% dal campo), viaggiando con un Net Rating di +10.2, che precipita a -14.8 non appena l’ex giocatore dei Kings va ad accomodarsi in panchina. A crollare in maniera verticale è soprattutto l’attacco, colpa anche della percentuale realizzativa del numero 23 che precipita a 44.8%. Senza Cousins tutta la difesa è concentrata su di lui e i tiri a disposizione diventano molto più complicati. Per quel che riguarda la fase realizzativa, nella situazione inversa (Cousins in campo, Davis in panchina) il risultato è l’esatto opposto: con Davis al suo fianco tira con il 43.7, senza la percentuale sale al 53%. Per quel che riguarda il Net Rating e la resa però, il discorso non cambia: il crollo è ridotto, ma allo stesso modo evidente (da +10.2 a -4.7). Separarli quindi paradossalmente risulta essere controproducente, al netto di quella decina di minuti a partita in cui entrambi devono gioco forza tirare il fiato e che in qualche modo i Pelicans devono provare a riempire. Il roster però sembra tutt’altro che attrezzato per un’evenienza del genere: Cousins infatti domina ogni singolo possesso della squadra quando il numero 23 non è sul parquet (37.6% di Usage), motore indispensabile di quelle fasi di gioco. Il quintetto che più ha giocato senza vedere entrambi in campo è quello composto da Nelson-Clark-Allen-Diallo-Moore, schierato per tre minuti totali sul parquet in tutta la stagione. Poi basta, tutti gli altri esperimenti sono durati meno di un minuto. Una situazione incidentale in attesa di una sostituzione magari; poi si è subito tornati alla normalità, con Cousins e Davis in campo. Insieme.