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NBA, la routine di Mike D'Antoni: cappuccino la mattina e la brusKetta al ristorante

NBA

Da oltre 40 anni la colazione di coach D'Antoni prevede il cappuccino da Starbucks ("quanto di più vicino ci sia negli USA a quello che fanno a Milano") e le parole crociate su USA Today; un'abitudine nata proprio durante gli anni trascorsi all'Olimpia Milano

“Non sono più un amante del caffè come una volta, ma non riesco a fare a meno di iniziare la mia giornata da Starbucks”. Per un uomo da molti definito come il più abitudinario del mondo, non è difficile credere che quella della colazione mattutina sia una vera e propria ossessione. Mike D’Antoni da oltre 40 anni si gode il suo rituale appena sveglio, non una consuetudine molto diffusa negli Stati Uniti, mentre da noi milioni di persone ogni mattina iniziano la giornata facendo colazione al bar. L’abitudine dell’allenatore degli Houston Rockets infatti risale proprio agli anni passati in Italia, da quel lontano 1977 in cui si trasferì a Milano per iniziare la sua lunga esperienza all’Olimpia, durante i quali viaggiava a una media di quattro cappuccini al giorno: “Tutti i locali in Italia fanno il cappuccino e non ordinavo nient’altro ogni volta che andavo al bar: sogno ogni mattina di svegliarmi con un cappuccino come quelli e una brioche con il ripieno all’albicocca… Oh. Mio. Dio!”. Un rituale sacro per D’Antoni, che di solito negli intervalli tra un morso e l’altro completa le parole crociate che trova sul fondo al giornale. “Non vedo l’ora di svegliarmi la mattina e di compiere il mio rituale. È un momento cruciale della mia giornata”. A darne conferma sono anche i suoi colleghi, a partire da coach Steve Clifford, attuale allenatore degli Hornets e assistente di D’Antoni nel Lakers del 2012/13: “Lo fa letteralmente ogni giorno; non era importante che si giocasse in casa, in trasferta o che ci fosse l’impegno imminente di un allenamento: se tu entravi nella sua stanza d’albergo – dovunque fossimo – lui era alla ricerca di uno Starbucks”. A conferma di questo arrivano anche le parole del fratello Dan: “Se non riesce per qualsiasi ragione a trovarne uno, a fare la sua colazione, preferisco sempre evitare di rivolgergli la parola per il resto del giorno”. Una costanza che ormai lo ha reso un grande conoscitore di tutti i punti vendita presenti nei pressi degli alberghi dove la sua squadra alloggia nei match in trasferta: “Utah è l’unica che mi manda in crisi; non ne trovo mai uno e questo mi rende paranoico già prima di partire”.

Milano, la nascita di Starbucks e le “BrusKette”

Milano è uno snodo cruciale non solo per la carriera del coach dei Rockets e per le sue abitudini culinarie da svolgere ogni mattina; è anche la citta dove Howard Shultz, inviato da Starbucks a fare un corso nella primavera del 1983, ha capito quanta potenzialità potesse esserci nella vendita del caffè al dettaglio in veri e propri bar. Locali che non facevano parte della cultura americana: “Lui era a Milano nello stesso periodo in cui io frequentavo i bar ogni giorno, ragionando su come potesse vendere una tazza di caffè a cinque dollari. Ero lì, seduto come lui, con il suo stesso cappuccino davanti, ma a me non è venuto mai nulla in mente”. Il risultato del lavoro di Shultz (che i tifosi NBA ricordano soprattutto per aver venduto i SuperSonics e averne indirettamente decretato la loro fine) è quanto di più vicino, a detta sua, ci sia dall’altra parte dell’oceano che ricorda il cappuccino che D’Antoni beveva in Italia: “Ogni volta che ritorno a Milano, corro subito in un bar a prenderne uno”. Il suo preferito è Skinny Flavored Latte (dimensione “Venti”, uno di quelli più grandi), un mix di latte, vaniglia e caffè espresso che a molti di noi farebbe storcere il muso se paragonato al cappuccino. Non l’unico “riflesso” di italianità che gli è rimasto, visto quanto raccontato da Jack McCallum: D’Antoni infatti si diverte al ristorante a ordinare sempre la bruschetta, non solo perché ne è goloso, ma soprattutto per il gusto di correggere ogni volta il cameriere che regolarmente sbaglia la pronuncia della seconda sillaba, dicendo "bruscietta" (con la "sc" morbida, come in sciare) invece che bruschetta (con la "sc" dura, come se fosse scritta con la “k”). “Bruschetta, non bruscietta”, il divertito refrain D'Antoniano. Sì, un vero e proprio paranoico, che non può rinunciare neanche alle sue parole crociate, in difficoltà adesso che Starbucks non compra più da un po’ USA Today, il suo giornale preferito: “Questa cosa non va bene per nulla; sono costretto ogni mattina ad andare a caccia di un giornale prima di andare a prendere il caffè”. E in caso la missione non vada a buon fine, tocca accontentarsi degli anagrammi da completare sull’iPad. Ogni santa mattina, come al solito.