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NBA: Clippers, troppi ko: che succede? Colpa degli infortuni (e non solo)

NBA

Stefano Salerno

La squadra di coach Doc Rivers è reduce da 10 sconfitte nelle ultime 11 partite, incapace di vincere nei finali combattuti e con la rotazione ridotta all’osso dagli infortuni. Ma è davvero colpa soltanto delle assenze?

“Questa è la prima volta che non posso essere felice come coach”. Doc Rivers toglie la maschera e soprattutto non può più pensare di volgere lo sguardo da un’altra parte dopo aver incassato la decima sconfitta nelle ultime undici gare. I Clippers infatti sono sprofondati al 13° posto della Western Conference, meglio soltanto di Kings e Mavericks e già in parte staccati dalle prime della classe; quelle franchigie a cui i losangelini puntano a restare attaccati il prossimo aprile, quelle con cui darsi battaglia durante i playoff. Utopia al momento, visto che diventa complicato anche soltanto interrompere una striscia di sconfitte nel lungo giro di trasferte che stanno affrontando. I Clippers devono ancora disputare tre gare lontano dallo Staples Center, dopo averne giocate cinque delle ultime sei in giro per gli USA: il momento peggiore per ritrovarsi sempre in viaggio, senza possibilità di allenarsi e soprattutto di trovare delle soluzioni alla piaga principale che sta affliggendo il roster di coach Rivers; gli infortuni. “Dobbiamo riuscire a tamponare la situazione”, prosegue l’ex allenatore dei Celtics. “È evidente che quando due squadre lottano sul parquet, quella che riesce a stare più unita ha sempre la meglio; in questo caso loro sono stati più bravi. Sono disposto a non tenere in conto una sconfitta, qualora la squadra riesca a giocare bene. Ma questa volta non è stato così”. Sia Clippers che Hornets inoltre venivano da un back-to-back, quindi neanche l’ipotesi stanchezza può essere usata come scusante; quella contro Charlotte è una sconfitta che brucia, andata di traverso a molti: “Io mi sentivo coinvolto in campo, partecipe assieme ai compagni, ma se coach Rivers ha sottolineato questi aspetti vuol dire che dobbiamo trovare il modo di cambiare: le immagini non mentono”, racconta DeAndre Jordan, uno dei giocatori finiti sul banco degli imputati. “Se le cose stanno così, lo vedremo nelle sessioni video durante gli allenamenti: l’importante alla fine sarà trovare in un modo o nell’altro la strada per tornare a vincere con continuità”.

Numeri non da 26° posto, e il quintetto titolare…

Già, ma come? A leggere i dati le considerazioni sono contrastanti. Nonostante le difficoltà infatti, i Clippers sono il 10° attacco NBA e al 18° posto in quanto a Defensive Rating. Mediocri insomma, ma non disastrosi come il quintultimo peggior record della Lega lascia immaginare. Il 16° Net Rating a livello NBA (-0.3) è di gran lunga migliore ad esempio del 28° posto raccolto dai Phoenix Suns (-8.6), in piena altalena di risultati e di rendimento in questo turbolento primo mese di regular season. A guardare la resa dei quintetti che hanno giocato più di 20 minuti, lo scenario è abbastanza chiaro (e scontato): con i titolari Teodosic-Beverley-Gallinari-Griffin-Jordan schierati per 25 minuti sul parquet (in sole due partite, le prime contro Lakers e Suns, non proprio avversari ostici) il Net Rating era mostruoso; un +43.4 che faceva sognare i tifosi e dimenticare gli addii delle settimane precedenti. Il playmaker serbo è poi stato fermato da un problema alla pianta del piede, ma il palliativo Austin Rivers aveva garantito un minimo di continuità: con lui al posto dell’ex CSKA Mosca, il quintetto in 147 minuti (il più utilizzato in questo avvio) stava viaggiando con un invidiabile +8.3 di Net Rating, prima che alzassero bandiera bianca anche Beverley e Gallinari. I tre nuovi titolari dei Clippers fuori dopo neanche tre settimane e i losangelini costretti a lottare con i reduci della passata stagione, privati però di Chris Paul, J.J. Redick e Jamal Crawford. Un disastro (nessun altro quintetto infatti riesce a chiudere con un Net Rating positivo a questo punto della stagione), in cui a sprofondare sono stati di conseguenza anche DeAndre Jordan e Blake Griffin; i due giocatori chiamati a tirare fuori dalla palude una squadra che non può più permettersi il lusso di continuare ad annaspare.

I problemi ci sono: isolamenti, mancanza di leadership, panchina corta

I difetti strutturali che in molti denunciavano la scorsa estate stanno già venendo fuori, messi a nudo in maniera ancora più evidente dalle rotazioni forzate: soltanto il 51% dei canestri messi a segno sono stati assistiti ad esempio, in un attacco che, come prevedibile, vive di isolamenti e del talento individuale dei vari Griffin e Williams (oltre che quello dei tanti fermi in infermeria). Giocatori capaci di costruirsi un buon tiro in ogni situazione, ma che non possono bastare nella gestione di cento possessi ogni gara. A questo poi si aggiungono le parole del numero 32, che coglie in pieno un’altra criticità di questo primo mese: “Giochiamo a basket da abbastanza tempo per renderci conto del fatto che una stagione è fatta di alti e bassi, tutte cose che possono accadere. Adesso stiamo toccando il fondo, siamo al tappeto, ma se uno va a guardare al modo in cui abbiamo perso, ci si rende conto del fatto che in tutte le sconfitte – tranne due- eravamo in partita a tre minuti dal termine. Ci sono delle piccole cose da curare che sono quelle che decidono il risultato di una partita”. Un difetto non da poco per una squadra che punta a vincere tante partite, riconducibile anche alla mancanza di leadership di un gruppo che senza Chris Paul deve passare sulle spalle di altri. Griffin contro i Blazers ha segnato un canestro da tre decisivo sulla sirena, ma è poi spesso venuto meno quando più contava. Nelle ultime 11 partite, il lungo dei Clippers sta viaggiando con meno di tre punti segnati nel quarto periodo, tirando con il 24% dal campo e il 9% dall’arco (1/11 totale). Una mancanza pesante che, sommata a una panchina al solito corta (non solo a causa degli infortuni), ha portato i Clippers a perdere tante gare nel finale. La buona notizia delle ultime ore invece è il probabile ritorno in campo di Beverley nella prossima sfida contro i Knicks, dopo le cinque gare saltate (e altrettante sconfitte incassate) a causa del ginocchio destro dolorante. Le cose però erano già iniziate ad andare male anche con lui sul parquet. Per cambiare rotta dunque bisognare non solo allungare la rotazione, ma dimostrare di aver imparato la lezione.