32 punti di Irving e 20-9-8 di Horford regalano ai Celtics il successo sui Bucks, a cui non bastano i 40 punti di Antetokounmpo. Booker ne segna 46 nella vittoria dei Suns a Philadelphia. Cleveland conquista il 12° successo in fila contro Chicago grazie ai 24 punti dell’ex di giornata Dwyane Wade
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Boston Celtics-Milwaukee Bucks 111-100
I Boston Celtics non hanno alcuna intenzione di arrestare la loro corsa. La squadra di coach Stevens, da sempre votata alla protezione del ferro (migliore in tutta la NBA con 99.1 di Def Rating), sembra aver finalmente trovato anche la giusta chimica in attacco. Merito del duo Irving-Horford, trascinanti con 32 punti il primo e con una simil-tripla doppia da 20-9-8 il secondo: “Stiamo soltanto utilizzando tutto il nostro potenziale – racconta il numero 11 -; io riesco a sfruttare al meglio le sue qualità, funzionali per farmi rendere al meglio. E lui utilizza il mio gioco per alzare le sue performance. Quando facciamo questo tipo di lavoro, tutto il resto del gruppo ne beneficia avendo a disposizione dei grandi tiri”. A guardare i numeri non si può che dare ragione a Irving: per i Celtics questa è la quinta gara consecutiva con almeno il 50% al tiro dal campo (il 55% totale con il 45% dall’arco, per la precisione); la striscia più lunga dal 2010 a oggi. “Sento che il gruppo sta trovando il giusto ritmo e io assieme ai miei compagni”, aggiunge Horford, consapevole di quanto sia diventato importante il suo contributo. Nelle 18 partite sopra i 100 punti segnati, Boston ha un record di 16-2, di cui i Bucks sono soltanto l’ultima vittima, nonostante la super prestazione di Antetokounmpo: “Contro di loro non puoi mai mollare, continuano a competere ad alto livello dall’inizio alla fine”, racconta il talento greco a fine partita. Per lui 40 punti alla sirena, 16 dei quali arrivati nel terzo quarto, nell’estremo tentativo di riportare in partita Milwaukee. Ma contro questi Celtics non bastano neanche quelli.
Philadelphia 76ers-Phoenix Suns 101-115
È l’unico giocatore in attività che può vantare una partita da 70 punti in carriera, a soli 21 anni e un motivo evidentemente ci sarà. Devin Booker, dopo la miglior prestazione realizzativa della sua stagione messa a referto al TD Garden (sì, sempre lo stesso dello scorso anno), ritocca a rialzo le sue cifre nella gara vinta dai Suns contro i peggiori 76ers di questi primi 50 giorni. Dopo il 2/11 al tiro raccolto da Booker nel primo quarto, sembrava un grande affare per la squadra dell’Arizona essere in parità nel punteggio con i padroni di casa. Da lì in poi ci ha pensato però il numero 1: 25 degli ultimi 32 punti di Phoenix portano la sua firma, 31 nel secondo tempo e 46 totali. Un clinic offensivo che ha permesso ai Suns di restare sempre in vantaggio dopo il parziale del secondo quarto: “So bene che ci sono tante cose su cui devo lavorare ancora molto: cambiare l’inerzia dei risultati raccolti da questa squadra, iniziare a vincere e soprattutto puntare ai playoff a fine stagione”. Dall’altra parte, diverse sono le attenuanti per Philadelphia; una su tutte, la condizione di Ben Simmons, influenzato in una serata per lui da 20 punti, 8 rimbalzi, 7 assist e 6 recuperi. “Mi sento come se fossi finito contro un muro – racconta -; quando stamattina mi sono svegliato non pensavo di essere in grado di scendere in campo”. Meglio di lui alla voce punti soltanto Joel Embiid: “Gli abbiamo concesso la possibilità di prendere ritmo e l’abbiamo pagata cara”, racconta il numero 21 dei Sixers. Uno dei tanti giovani promettenti, da una parte e dall’altra.
Chicago Bulls-Cleveland Cavaliers 91-113
Che avesse qualche conto in sospeso con i Bulls (e anche un po’ il dente avvelenato) era prevedibile dopo l’unica e travagliata stagione trascorsa a Chicago. Dwyane Wade però, al suo primo ritorno da avversario, ci ha tenuto a ricordare al pubblico dello United Center di che pasta è fatto. Se n’è andato senza essere rimpianto più di tanto dai tifosi dalla sua città natale e il numero 9 ha risposto con una delle sue migliori prestazioni in maglia Cavs: 24 punti (come i milioni di euro previsti dal suo contratto con Chicago a cui ha rinunciato), 9/13 dal campo, 6 rimbalzi e quinta gara consecutiva oltre quota 15; sintomo di come l’ex capitano degli Heat abbia definitivamente trovato la sua dimensione a Cleveland in uscita dalla panchina. Ancora alle prese con le tensioni del caso Mirotic-Portis e senza una base tecnica valida da opporre, i Bulls infatti hanno fatto da sparring partner in un match di cui tutti conoscevano il vincitore già prima di alzare la palla a due. Un successo mai in discussione, il 12° consecutivo raccolto dai Cavaliers che eguagliano così la striscia più lunga messa insieme da quando LeBron James è tornato in Ohio. Il miglior momento in maglia Cavs per Wade quindi, il solito straripante numero 23 (per lui 23 punti, 7 rimbalzi, 6 assist e +27 di plus/minus), a cui si aggiunge un Kevin Love da 24 punti e 13 rimbalzi (anche lui con grande efficacia al tiro, in una gara chiusa dai Cavs con il 52% dal campo): per il numero 0 è la terza partita in fila da almeno 20 e 10, la prima volta che riesce a mettere assieme una striscia del genere da quando è andato via da Minneapolis. Tra due giorni alla Quicken Loans Arena contro i Kings il compito dovrebbe essere non troppo complesso per i vice-campioni NBA: chiamati a battere Sacramento e ad aggiornare il record di franchigia di vittorie consecutive. Un risultato che nessuno avrebbe pronosticato soltanto un mese, ma James lo aveva ripetuto più volte: “Con la preseason più corta, le prime 10-15 partite serviranno a molti per entrare in condizione”. I Cavaliers le hanno davvero sfruttate al meglio.
Indiana Pacers-New York Knicks 115-97
Senza Kristaps Porzingis e Tim Hardaway Jr., per i New York Knicks qualsiasi partita diventa molto più complicata. Dopo il ko interno incassato poche ore fa contro gli Orlando Magic, la squadra di coach Hornacek viene travolta dai Pacers che sfiorano i 40 punti di vantaggio nel terzo quarto, prima di gestire con sapienza l’abbondante margine. Alla fine coach McMillan può permettersi un ampia rotazione di uomini, con Victor Oladipo che con i suoi 30 minuti è quello che resta più a lungo sul parquet. Sono sette alla sirena finale i giocatori in doppia cifra in casa Pacers (Lance Stephenson si ferma a quota nove, anche se una giocata dal palleggio contro il rookie Ntilikina meriterebbe almeno un punto aggiuntivo) che permettono a Indiana di salire al momentaneo settimo posto a Est, nel pieno della zona playoff. “Per la maggior parte del match siamo stati molto bravi a muovere il pallone, come dimostrano i 28 assist a referto. Tutti si sentono molto più coinvolti grazie a questo e di conseguenza aumenta anche la loro energia e il loro impegno”.
San Antonio Spurs-Detroit Pistons 96-93
Tornano in campo i titolari e con loro arriva anche il successo. Dopo il riposo che coach Popovich ha concesso a buona parte del suo quintetto nella sfida di ieri a Oklahoma City, gli Spurs ritrovano sul parquet LaMarcus Aldridge, Manu Ginobili e Rudy Gay e conquistano una preziosa vittoria contro una delle squadre più complicate da battere dell’intera NBA. I Pistons infatti vendono cara la pelle e perdono soltanto a causa di un paio di azioni controverse nel finale. A decidere il match sul 94-93 è un ingenuo fallo a rimbalzo di Tobias Harris su Aldridge (17 punti, 10 rimbalzi e 4 assist) che regala tre lunghezze di vantaggio ai texani. A Detroit resta un’ultima possibilità con i piedi oltre l’arco, ma la conclusione sempre del numero 34 viene stoppata da Rudy Gay. “Penso che questi ragazzi abbiano fatto un lavoro eccezionale, uscendo con un successo da un back-to-back complicato. Abbiamo piazzato tante giocate decisive, tutte realizzate da giocatori diversi: penso che i miei ragazzi abbiano fatto un lavoro magnifico”. Un Popovich al miele, soddisfatto per aver costretto i Pistons a tirare con meno del 42% dal campo, nonostante i 27 di Reggie Jackson e i cinque giocatori in doppia cifra. Detroit scivola così al quarto posto anche perché quando l’attacco degli Spurs trova la giusta sintonia, non ce n’è davvero per nessuno: i nero-argento sono 36-0 dal 2015 a oggi nelle partite con 29 o più assist a referto. “Good to great”, ormai abbiamo imparato a conoscerli.
Charlotte Hornets-Orlando Magic 104-94
Un Kemba Walker fresco e riposato basta e avanza a Charlotte per avere la meglio contro i Magic, già sazi dopo il successo al Madison Square Garden di 24 ore prima. La point guard degli Hornets chiude con 29 punti e 7 assist in una partita che gli regala il 200° ventello in carriera; il primo a vestire la maglia della franchigia del North Carolina a riuscirci. Assieme a lui anche Dwight Howard raggiunge lo storico traguardo di salire al 19° posto ogni epoca per rimbalzi catturati, grazie ai nove messi a referto questa notte, in una partita in cui i padroni di casa hanno fatto il vuoto nel quarto periodo. Se ne parlate con coach Vogel però, vi dirà che è tutta colpa dei tiri liberi. Quaranta quelli tentati da Charlotte, contro i 14 concessi ai Magic: “È impossibile non essere frustrati di fronte a una serie di chiamate arbitrali del genere”, racconta stizzito a fine partita.
Memphis Grizzlies-Minnesota Timberwolves 95-92
Dallo scorso 7 novembre non è trascorso neanche un mese, ma all’interno della regular season NBA quattro settimane possono sembrare un’eternità. Lo sanno bene i Memphis Grizzlies, tornati al successo dopo ben 11 sconfitte consecutive. Oggi, come a inizio del mese scorso, Marc Gasol e compagni sono usciti dal parquet con le braccia al cielo, ma le similitudini finisco qui. Coach Bickerstaff (una delle tantissime novità) sorride soddisfatto del suo primo successo alla quida della squadra del Tennessee: “Avevamo quasi dimenticato quale fosse il sapore della vittoria, perché quando vuoi così fortemente una cosa, spesso ti fai sopraffare dalle emozioni. Ogni sconfitta ha caricato le nostre spalle di un peso sempre più pesante. Adesso dobbiamo buttarlo tutto giù”. Per riuscirci ci sono voluto i 21 punti, 7 rimbalzi e 5 assist di Marc Gasol, uniti alla simil-tripla doppia di JaMychal Green (14-8-9), entrambi abili a sfruttare le carenze difensive dei T’wolves: “La nostra difesa nel primo tempo è stata inguardabile – sottolinea coach Thibodeau, che a queste cose bada eccome -; nel secondo tempo siamo andati leggermente meglio, ma non abbiamo conquistato nessuna palla vagante nel finale. Non abbiamo lottato e questo ha fatto la differenza”.
Utah Jazz-Washington Wizards 116-69
Che scoppola. Difficile trovare altre parole per definire la sconfitta che gli Utah Jazz hanno inflitto agli Washington Wizards, arrivati palesemente con il fiato corto a Salt Lake City nonostante i tre giorni di riposo. Gli Utah Jazz dall’altra parte invece mettono la ciliegina sulla torta a quello che si è rivelato essere il loro momento migliore di questo inizio: sesta vittoria consecutiva e un successo storico per proporzioni. Un -47 incassato dagli Wizards, soltanto in parte spiegabile con l’assenza di John Wall. I capitolini infatti segnato 69 punti totali, tirando con il 28.8% dal campo e il 20% con i piedi oltre l’arco: tutti e tre sono minimi stagionali. Dall’altra parte invece è la fiera del canestro: 27 di Burks, 21 di Mitchell e così il rientro in quintetto di Rudy Gobert passa quasi in secondo piano. “A livello difensivo credo sia la miglior partita che abbiamo mai giocato da quando sono arrivato ai Jazz”. Dopo il 33-6 di parziale a cavallo tra primo e secondo quarto, la partita era già finita; una delusione a livello caratteriale per coach Brooks. “Loro hanno iniziato a prenderci a pugni, e continuavano a colpire, a colpire, a colpire. In maniera inspiegabile però, noi non abbiamo mai restituito il colpo. Mai. Questa è la prima volta da quando sono a Washington che non abbiamo combattuto”.
Dallas Mavericks-Denver Nuggets 122-105
Vincere due partita di fila per i Dallas Mavericks di questa stagione è una cosa tutt’altro che scontata; portarne a casa quattro delle ultime sei poi sembra quasi il segnale che le cose stanno finalmente andando al loro posto. Merito della coppia Harrison Barnes-Dennis Smith Jr., che combina così per 42 punti totali. A ruota loro sono altri quattro i giocatori tra le fila dei texani in doppia cifra, in un partita da 57% dal campo per i Mavericks. La difesa dei Nuggets però, ci mette del suo, in una serata senza Jokic ancora infortunato e in cui non è bastata la coppia Murray-Harris. I Nuggets perdono così ancora leggermente quota, ritornando a contatto con Timberwolves e Blazers in quel groviglio a Ovest che va dal quarto posto in giù. Adesso bisognerà ricominciare a sporcarsi le mani e vincere a tutti i costi le prossime sfide.