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NBA, la verità di Kyrie Irving: "Cleveland non mi voleva più, loro hanno cercato di scambiarmi"

NBA

Dopo il silenzio degli scorsi mesi, la point guard dei Celtics è tornata su quanto successo quest'estate raccontando la sua verità: "Lasciare Cleveland era inevitabile, sono stati loro a cercare di scambiarmi". La trade avrebbe portato Irving a Phoenix e Paul George a Cleveland insieme a Eric Bledsoe, che ha lo stesso agente di LeBron James...

Si è parlato così tanto dello scambio che quest’estate ha cambiato le traiettorie di Cleveland Cavaliers e Boston Celtics che, in mezzo a tutto il rumore, è andata persa una delle voci principali: quella di Kyrie Irving. Non è un caso allora che la prima intervista lunga della point guard dei Celtics sia arrivata alla vigilia del secondo incontro tra le due squadre della sua carriera, che stanotte alle 2 si affrontano in diretta su Sky Sport 2. “[Lasciare Cleveland] era inevitabile, lo potevo sentire” ha detto Irving a Jackie MacMullan di ESPN. Quello che non si sapeva, però, è che sono stati i Cavs a cercare di scambiarlo a giugno, ben prima della richiesta di scambio che finora era stata preso come punto 0 dello scambio che lo ha portato a Boston. “Loro non mi volevano più” ha detto chiaramente Irving, facendo riferimento alle trattative di uno scambio a tre che avrebbe portato – secondo quanto riportato da fonti interne alle squadre – Irving e Channing Frye a Phoenix, Paul George e Eric Bledsoe a Cleveland e presumibilmente la scelta numero 4 al Draft a Indiana. Lo scambio è poi saltato perché i Suns non volevano privarsi della possibilità di scegliere Josh Jackson, ma una volta scoperto cosa voleva fare la dirigenza, Irving ha deciso che il suo tempo a Cleveland era finita. “Non sentivo il bisogno di dire niente perché sapevo la verità e lo stesso sapevano loro. Per questo non aveva importanza quello che avrebbero detto gli altri” ha commentato Irving, che però ha sottolineato come i termini del suo addio fossero stati “distorti” dal modo in cui è stata raccontata la vicenda, in particolare dopo la sua richiesta di scambio riportata direttamente al proprietario Dan Gilbert. “Pensavo che ci sarebbe stato un patto di segretezza da parte di tutti. Non voglio puntare il dito contro nessuno anche se so che succederà lo stesso, ma il modo in cui tutto è successo è stato deludente. È stato doloroso vedere come è stato comunicato all’esterno. È diventata una storia sulla quale tutti avevano la loro opinione su cosa avrei dovuto fare e perché. Si diceva qualsiasi cosa su di me, come ad esempio che ero egoista. Va bene, ma non è la realtà: è solo rumore”. 

Il ruolo di LeBron James e Dan Gilbert nella richiesta di Kyrie

A dare particolarmente fastidio al gruppo di Irving c’è il nome di Eric Bledsoe, visto che è uno dei giocatori più in vista dell’agente Rich Paul, ovverosia quello di LeBron James di cui è anche amico d’infanzia e socio in affari. Il possibile passaggio dell’attuale point guard dei Milwaukee Bucks ai Cavs in cambio di Irving – rumor che per la verità girava già da anni – ha portato Irving a credere che fosse stato James a orchestrare la trade, un'accusa rispedita al mittente dal Re ("Non ha assolutamente alcun senso"). Anche le squadre e altre fonti non hanno confermato questa versione, sostenendo che fosse stato l’ex GM dei Cavs David Griffin – molto legato a Irving e al corrente del “mal di pancia” della sua point guard, che era scontento già da un po’ di tempo – a iniziare le trattative con Phoenix e Indiana (tanto è vero che a lungo Cleveland ha cercato di cedere anche Kevin Love pur di arrivare a Paul George includendo anche Denver). Una volta scoperto della trade e con l’addio di Griffin, Kyrie insieme al suo agente Jeff Wechsler si è seduto attorno a un tavolo con il proprietario Dan Gilbert il 9 luglio a Cleveland, chiedendogli ripetutamente quale sarebbe stato il futuro di James ai Cavs. Gilbert, in risposta, ha chiesto una lista di destinazioni preferite in caso di scambio, tra le quali comparivano San Antonio, New York e Minnesota ma non Boston. È stato lo stesso Gilbert, secondo quanto riportato, a interessarsi alla scelta di Brooklyn al Draft 2018 in mano ai Celtics: una volta appreso che quella scelta era raggiungibile, il proprietario è andato da James per ricevere rassicurazioni sulla sua permanenza oltre il 2018, ma senza ricevere alcun impegno da parte del Re. “C’è un luogo comune da sfatare su tutto quello che è successo” ha continuato Irving. “Io sono stato scambiato a Boston, non ho avuto alcuna voce in capitolo sulla mia destinazione. Non c’è stata alcuna conversazione sulle opportunità a nostra disposizione, nessuno è venuto a fare recruiting con me”. Irving infatti è sotto contratto ancora per due stagioni, per quanto certamente i Celtics sono una destinazione più gradita rispetto ai Suns o un’altra squadra senza ambizioni di titolo.

L’ultimo anno da separato in casa e il presente da rivale

Il pezzo della MacMullan analizza a lungo anche l’ultimo anno di Irving ai Cavs, durante il quale diverse volte la point guard si è sentita disconnessa rispetto al resto dei compagni, svuotata di energie e di voglia di continuare in una squadra che non sentiva sua. “L’anno scorso Ky non era felice come in passato” ha dichiarato un ex compagno che parla ancora regolarmente con Irving. “Non era distruttivo, solo un po’ disconnesso rispetto agli altri”. “La felicità va e viene in NBA” ha detto invece il veterano Channing Frye, “Kyrie aveva ogni diritto di fare ciò che voleva”. “Giocare con LeBron ha i suoi pregi, ma comporta anche delle responsabilità: a me era chiarissimo che avevamo bisogno l’uno dell’altro” ha semplicemente commentato Irving sul suo rapporto col compagno, che spesso si riferiva a lui solo come “il ragazzino” o “il mio fratellino”, una cosa che faceva inalberare Kyrie dato che la prendeva come una sottile mancanza di rispetto. “Sinceramente non so se mi considerava suo uguale oppure no, ma non mi interessa davvero: non è una cosa su cui perderò il sonno” ha detto cercando di dribblare le domande sul suo rapporto con James, definito dall’esterno come “non particolarmente stretto ma nemmeno apertamente in contrapposizione”. Di sicuro però l’animo competitivo di Irving lo aveva portato a immaginarsi come rivale di James e non come suo compagno, e forse anche per questo ha spinto per allontanarsi dai Cavs, compiendo il percorso inverso del detto “se non puoi batterli unisciti a loro”: Irving, per battere James, ha dovuto staccarsi da lui. “Le sfide sono ciò che ci rende più umani” ha detto la point guard dei Celtics. “Combattere la paura di fallire, mostrare al mondo che sei il migliore, che ti sei preparato per vivere quei momenti in cui si decide tutto… queste sono le cose che più mi interessano”. Già da stanotte, allora, avrà la possibilità di farlo contro la sua ex squadra – e c’è da scommettere che le motivazioni saranno altissime.