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NBA, una panchina per Ettore Messina: "Per andarmene via dagli Spurs serve l'occasione giusta"

NBA

L'assistente allenatore dei San Antonio Spurs traccia un bilancio della stagione finora e tocca argomenti come Manu Ginobili, lo sviluppo dei giovani, la difesa élite dei texani senza Kawhi Leonard e il suo futuro in NBA.

Un bilancio della stagione dei San Antonio Spurs fino a questo momento.

“A livello di record direi che siamo contenti: in trasferta forse non è quello abituale per gli Spurs e dobbiamo cominciare a vincere di più, ma in casa abbiamo difeso il fattore campo. Onestamente non siamo così contenti del fatto di essere stati abbastanza discontinui, ma ci sono ragioni importanti per le quali è successo, soprattutto la discontinuità nel roster: in molte partite sono scesi in campo giocatori che poi non hanno giocato quella successiva, abbiamo avuto infortuni grossi e meno grossi. La discontinuità è stata un problema non da poco anche nella qualità del gioco espresso in alcune partite che abbiamo perso e che invece avremmo potuto vincere. È un tema che dobbiamo risolvere da qui alla fine della stagione”.

Parlavamo con Manu Ginobili del fatto che vent’anni fa arrivava a Reggio Calabria, e vent’anni dopo è ancora qui: l’hai allenato e visto per anni, qual è il suo segreto?

“Il talento e le qualità caratteriali sono fuori dall’ordinario per positività, serietà, determinazione e senso della squadra, sono le ragioni principali. In più c’è un livello di preparazione estremamente curato: Manu è molto attento dal punto di vista dell’alimentazione, del giusto riposo, dell’allenamento, è quello che si suol definire un ‘professionista esemplare’. Ed essendo la persona che è, siamo tutti molto contenti di vederlo ancora giocare a un livello molto alto e immaginare che quando lascerà lo farà ancora da giocatore determinante”.

Il futuro degli Spurs, da Kyle Anderson a Dejounte Murray: come mai i giovani fanno sempre bene? Che lavoro fate su di loro?

“C’è un insieme di ragioni. Da un lato Popovich è una persona che non li butta nel fuoco in maniera sconsiderata e, al di là della sua elevata qualità di aspettative, è una persona che sa perdonare l’errore e dare una seconda opportunità al giocatore che non ha fatto bene. Soprattutto però quanto fatto con Chip Engelland e di Will Hardy, i nostri due allenatori di sviluppo che seguono i giocatori dal punto di vista individuale, è un lavoro pesante che poi si vede in campo”.

In una pallacanestro che sta andando verso lo small ball, San Antonio presenta due lunghi come LaMarcus Aldridge e Pau Gasol e nonostante ciò è la seconda difesa NBA. Come mai?

“Mi verrebbe da dire che usiamo le strategie giuste, ma non è così semplice. Direi che è sorprendente il fatto che siamo la seconda miglior difesa della lega senza aver praticamente mai giocato con Kawhi Leonard, che è il nostro miglior difensore. C’entra soprattutto l’aspetto caratteriale: coach Pop riesce a far giocare la sua squadra con impegno nella metà campo difensiva ogni giorno che c’è allenamento e ogni giorno che c’è una partita. In questa lega ogni tanto ti capita di incontrare una squadra che si presenta un po’ rilassata, o perché stanca o perché ha appena fatto una buona partita, e non ha quell’approccio difensivo che viceversa noi cerchiamo di riprodurre in tutte le partite”.

Il tuo futuro: hai un contratto fino al 2019, ma in estate arrivano i rumors e le sirene di qualche panchina NBA. Se dovesse arrivare la chiamata giusta, che situazione ti piacerebbe trovare?

“Penso che la gente sarà anche stufa di sentire la risposta a questa domanda… Affinché le cose possano cambiare in meglio rispetto a una situazione che sono già fortunato a vivere, bisogna che i rumors diventino sirene, cioè interessi concreti. Dovessero verificarsi queste due cose, ne parlerò con coach Pop e con R.C. Buford e mi farò consigliare da loro”.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza in Nazionale?

“Un bellissimo ricordo sul piano umano, per la capacità di un gruppo di stringersi e farsi ancora più coeso nelle difficoltà, portando tutti i giorni un impegno fuori dall’ordinario. Un’esperienza molto, molto positiva: siamo riusciti ad arrivare ai quarti di finale di Eurobasket, che a un certo punto dopo l’infortunio di Danilo Gallinari poteva sembrare un risultato quasi impossibile. Sono stato molto contento dal punto di vista tecnico, ma ancora di più da quello di vista umano”.

Chi gioca la miglior pallacanestro in NBA? Chi ti piace guardare?

“Mi piace molto guardare Golden State perché, contrariamente a quello che molti possono immaginare, ha limitato tantissimo l’uso del pick and roll e ha riportato in auge il gioco senza palla, con le uscite dai blocchi e le azioni in cui la palla al pivot e vengono giocate delle uscite per i tiratori, con passaggi dal post basso per trovare tiri da tre punti esattamente nella zona di campo opposta. Poi mi piace vedere come usano i cambi difensivi e come li attaccano: è banale dirlo, ma in questo momento sono ancora un passo avanti a tutti gli altri. Mi diverte molto vedere Boston, perché è una squadra ‘di sistema’ come gli Spurs, in cui si vede l’impronta forte dell’allenatore pur con grande spazio al talento individuale dei giocatori”.

Infine, ultima domanda: dove possono arrivare questi Spurs?

“Speriamo che non siano questi Spurs a giocarsi i playoff, ma degli Spurs in salute con tutte le tessere del mosaico nel posto giusto. Ci sarà bisogno anche di un pizzico di fortuna, dipenderà molto dagli accoppiamenti che ci saranno ai playoff: sicuramente uscire dall’Ovest è sempre più complicato, per questo la cosa più importante è presentarsi in salute e da lì giocare partita per partita”.

[Intervista di Zeno Pisani video di Sheyla Ornelas]