Il Barba chiude con 28 punti e 11 assist nel successo in trasferta dei Rockets a San Antonio: Houston raccoglie così il miglior record nella storia della franchigia dopo 50 partite (37-13). Agli Spurs, ancora senza l'infortunato Kawhi Leonard, non bastano i 22 punti di Danny Green e i 16 di LaMarcus Aldridge
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San Antonio Spurs-Houston Rockets 91-102
Quest’anno è tutto profondamente diverso. Dal maggio 2017 sembra passata un’eternità a San Antonio, a cui il derby texano contro Houston è risultato indigesto per la seconda volta in questa regular season. I Rockets infatti più di ogni altra squadra mettono in mostra una carenza dei nero-argento tanto amara quanto evidente: agli Spurs manca Kawhi Leonard. Lo staff medico parla ancora di problema al quadricipite che non si riesce a risolvere. Lui resta seduto in fondo alla panchina, a guardare con lo sguardo fisso i compagni, senza indossare ancora neanche la tuta. Nel frattempo sul parquet a dettar legge ci pensa l’MVP di queste prima 50 partite di regular season, ripresosi dalla sbronza da 60 punti in tripla doppia contro Orlando e ritornato per la prima volta sul luogo del delitto. Già, James Harden infatti proprio all’AT&T Center in gara-5 nella semifinale 2017 ha toccato il punto più basso della passata stagione: impalpabile in una partita da vincere a tutti i costi, il Barba fu umiliato dagli Spurs, restando segnato dalla stoppata da dietro in recupero piazzata dal vecchietto e malizioso Manu Ginobili. Quest’anno però la musica è cambiato, non solo perché a suonare nel suo gruppo è arrivato un giocatore d’eccezione come Chris Paul, ma anche perché il livello del gioco di Harden, se possibile, è salito ancora di più: alla sirena sono 28 punti, 11 assist e una presenza decisa e decisiva nella sfida. “Stiamo facendo dei grandi passi in avanti, soprattutto in difesa – commenta -, grazie agli stop difensivi, siamo sicuri poi di poter piazzare un parziale in ogni momento”. L’emblema della gara del Barba è a tutti gli effetti una vendetta. Anzi, una liberazione. Houston sul +12 a meno di quattro minuti dal termine subisce un parziale da 5-0. Timeout e tocca doverla vincere di nuovo. Palla a Harden che prima piazza una tripla dal palleggio (5/12 dall’arco) e poco dopo si ritrova sulla stessa dannata mattonella di nove mesi fa. Stavolta però Ginobili è di fronte a lui. Il Barba ci ragiona su, attira a sé l’argentino e lo punisce segnandogli in faccia la tripla e prendendosi anche il libero supplementare. “Game, set and match”, direbbe Flavio Tranquillo in telecronaca. I cattivi ricordi, meglio lasciarseli alle spalle.
Houston da record: mai fatto meglio dopo 50 gare
Non solo Harden in una partita in cui Houston ha fatto gara di testa per oltre tre quarti. Sono sei i giocatori in doppia cifra alla sirena, vista anche la ridottissima rotazione a disposizione di D’Antoni a causa delle assenze di Eric Gordon e Trevor Ariza causa infortunio. Clint Capela chiude con 14 punti e 13 rimbalzi (la 25^ doppia doppia in stagione, le stesse che aveva raccolto in totale nei tre anni precedenti), a cui si sommano i 15 punti di un Gerald Green che sta cavalcando con enorme piacere il ritmo che i Rockets danno alla partita (anche stanotte 3/11 dall’arco, per intenderci). Un successo che permette a Houston di eguagliare il miglior record nella storia della franchigia dopo 50 partite: 37-13, che nel 1993-94 coincise poi con la vittoria del titolo NBA. Dall’altra parte invece per una volta non è LaMarcus Aldridge il miglior realizzatore (16 e otto rimbalzi), ma un Danny Green da 22 punti, sei rimbalzi e tre triple. Da sottolineare poi la nona gara in doppia cifra alla voce rimbalzi di Dejounte Murray: mai nessuna point guard nella storia degli Spurs ne aveva avute così tante in una singola stagione. Lui in campo e Tony Parker (spompo) in uscita dalla panchina, assieme a Bryn Forbes (il migliore a gara in corso) e a una rotazione resa sempre più lunga da coach Popovich. “Alla fine a fare la differenza sono stati dei tiri realizzati da un paio di campioni. Chris [Paul] ci ha distrutto dal midrange nel momento peggiore con tre-quattro canestri pesantissimi, mentre James [Harden] ha segnato un paio di triple che solo lui può mettere. È il classico esempio in cui il talento fa la differenza”.