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NBA, LeBron James, re senza corona e senza fiducia: “Non ho più parole…”

NBA

Tyronn Lue e Isaiah Thomas hanno idee diverse sul perché della crisi, ma ancora più allarmante appare la totale mancanza di fiducia di LeBron James verso la dirigenza. Le firme (tutte altrove) di Butler, Paul, Anthony, George e ora anche Griffin alla base dell'indignazione del "Re"

Dopo aver incassato la quarta sconfitta con 24 o più punti di scarto del 2018, la pazienza in casa Cavs sembra definitivamente terminata. “Non ci abbiamo neanche provato”, afferma senza giri di parole coach Lue, nel tentativo di descrivere il ko interno contro gli Houston Rockets, 88-120, il 12° nelle ultime 18 gare. “Molli, deboli, senza fisicità, senza voglia di lottare. Così non va, il nostro approccio mentale deve cambiare. Dobbiamo fare le cose con più convinzione, metterci più sforzo”, le parole dell’allenatore dei vice-campioni NBA in carica, addirittura a rischio licenziamento secondo quanto riportato da alcune fonti: “Il nostro allenatore non si tocca”, hanno smentito categoricamente alcuni dirigenti dei Cavs restati anonimi, ma solo il fatto che l’argomento venga pubblicamente discusso racconta della gravità della situazione. Lo sbando che sembra regnare a Cleveland è evidente anche nelle differenti interpretazioni al periodo di crisi: se Lue continua a sottolineare la necessità di un maggiore impegno, diversa è l’opinione di Isaiah Thomas. “Giocar duro non basta, non risolve le cose. Il punto è che non giochiamo assieme, né in attacco — dove ci affidiamo a troppi uno-contro-uno — né in difesa, dove ognuno di noi viene lasciato da solo a difendere sul proprio avversario e manca completamente la fiducia nell’aiuto da parte di un compagno. E se in una squadra un giocatore non può contare sui propri compagni, se manca la fiducia reciproca…”.  

Le doti da ventriloquo di LeBron James

Come sempre accade in casa Cavs, però, per cercare di avvicinarsi al cuore della questione occorre virare verso Akron, verso il titolare della canotta n°23. Le sue parole — e più ancora quelle di chi lo conosce bene (a cui spesso ha affidato anche in passato un ruolo di portavoce ovviamente non ufficiale) — allargano i confini del problema e mettono la crisi dei Cavs dentro una prospettiva ben più ampia. Di certo c’è che LeBron James è stufo di perdere e fare figuracce del genere in tv nazionale (0-8 il record nelle ultime apparizione e uno scarto medio di 18 punti). “Dovrebbero toglierci dalla programmazione sui network nazionali da qui a fine stagione. Ogni volta che siamo in tv e tutto il Paese ci può vedere ci prendono a calci nel sedere. Non ho parole per descrivere quello che ci sta succedendo…”, afferma, quasi sconsolato. Se poi, davanti alle telecamere, James recita la solita parte del soldato a disposizione della causa (“Cosa fare per cambiare non è una domanda da fare a me. Io so solo che faccio la mia parte, arrivo in palestra prima di tutti e me ne vado per ultimo, ogni giorno. Questo è quello che posso controllare, il resto non spetta a me”), le parole di Brian Windhorst, giornalista di ESPN da sempre considerato un po’ il ventriloquo della superstar dei Cavs raccontano di una realtà assai diversa. A quattro giorni dalla trading deadline e a pochi mesi da un contratto che va in scadenza, James sarebbe fortemente infastidito dall’aver visto i migliori free agent disponibili sul mercato scegliere qualsiasi destinazione tranne Cleveland. Dal termine delle scorse finali si sono infatti mossi sul mercato Jimmy Butler, Paul, Paul George, Carmelo Anthony e Blake Griffin ma né il GM Koby Altman né il proprietario Dan Gilbert sono riusciti a convincere nessuno di loro a giocare al fianco di LeBron James. E a queste condizioni il soggiorno del Re nel suo regno potrebbe anche finire in fretta.