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NBA, Jimmy Butler a Chicago, Blake Griffin contro i Clippers: pronti per la prima volta da ex

NBA

Nella notte le due nuove superstar di Minnesota e Detrot scendono in campo per la prima volta contro il loro passato, con i Timberwolves in visita a Chicago e i Pistons chiamati a sfidare i nuovi Clippers

Il primo ritorno di Jimmy Butler a Chicago

Jimmy Butler cerca di non pensarci. E cerca di fare tutto quello che può perché ci pensino il meno possibile anche gli altri. “Voglio solo giocare come so fare e lasciare il posto dove la mia carriera NBA è iniziata con una vittoria. Tutti vogliono sentirmi dire quanto sono felice di essere di nuovo a Chicago – e tutto quel genere di dichiarazioni – ma se devo dire la verità son felice che anche Taj [Gibson] sia nelle mie stesse condizioni”. Come a dire: mal comune, mezzo gaudio. Jimmy Butler non è un tipo facile, questo si sa, e le luci dei riflettori non sempre lo mettono a proprio agio. Il suo primo ritorno a Chicago, però, inevitabilmente lo proietta in primo piano, perché dopo sei stagioni in maglia Bulls, lo scontro contro il suo passato ha ovviamente un grande fascino. Cerca di alleggerirgli la pressione il suo allenatore, un altro che a Chicago conoscono bene, Tom Thibodeau, ripetendo senza sosta gli incredibili risultati ottenuti grazie a Butler da quando ha scelto di raggiungerlo nel Minnesota. “Non mi sfugge quello che ha fatto per noi: ci ha cambiato completamente, ci ha trasformati. E non era facile passare da dove eravamo noi a dove siamo oggi. Come squadra siamo solo stati fortunati a poter mettere le mani su un giocatore del genere, nel pieno della sua carriera, ma quello che lui ha fatto non è certo frutto di fortuna. Mi impressiona il modo in cui si allena, come si prepara per ogni partita, l’intensità con cui gioca su entrambi i lati del campo, il suo modo di essere altruista tanto in attacco quanto in difesa. È il miglior tipo di leadership che puoi chiedere a un tuo giocatore”. Con lui in squadra, i Timberwolves tornano ad assaggiare i piani alti della Western Conference (al momento quarti dietro al trio Warriors-Rockets-Spurs), con legittime ambizioni non soltanto di partecipare ai playoff ma anche di farlo da protagonisti, risultato non da poco se si conta che l’ultima apparizione alla postseason data 2003. Quando Butler aveva 14 anni e nessuno poteva neppure immaginare che – dopo il liceo nel suo Texas, un’esperienza al community college e poi la carriera a Marquette – si sarebbe tramutato in uno dei giocatori più completi della NBA, che a metà febbraio a Los Angeles festeggerà la sua quarta apparizione all’All-Star Game. A Chicago, dove lo hanno visto sbocciare e maturare, temono il momento di doverlo affrontare per la prima volta da avversario, e John Paxson, vice presidente responsabile delle basketball operations dei Bulls, non fa niente per nasconderlo: “È una cosa che abbiamo imparato avendo qui Jimmy con noi per tanti anni: è un ragazzo alla costante ricerca di motivazioni, da sempre, da tutta la sua vita. È motivato dal fatto di essere sempre stato sottovalutato. Averlo in squadra con noi è stato stupendo: abbiamo solo tantissimo rispetto per uno come Jimmy”. 

La prima volta di  Blake Griffin contro i Clippers

Al momento sono tutti contenti, tanto a Detroit quanto a Los Angeles. Nel Michigan (dopo 8 sconfitte in fila) hanno vinto le ultime cinque, comprese le quattro disputate con Blake Griffin come nuovo fulcro della propria squadra; in California le partite dal suo addio sono state soltanto due ma sono arrivate altrettante vittorie. Ora, però, qualcuno deve conoscere la prima sconfitta: sarà Griffin o sarà la sua ex squadra? “Quello che so è che Blake farà passare dei brutti quarti d’ora a qualcuno di noi – dice Lou Williams, col sorriso – spero solo di non essere io la sua vittima. Scherzi a parte, sono felice di non dover vivere immediatamente il suo primo ritorno da ex a L.A.: meglio che sia a Detroit, togliamoci di dosso questa sfida. Sarà divertente”. Williams è uno che sa di cosa sta parlando: “Sono stato a Philadelphia per sette anni e ovviamente giocare contro i Sixers la prima volta è stato diverso. Certo il mio ritorno non era avvenuto una settimana soltanto dopo la cessione: con Blake non c’è quasi stato il tempo di pensare al momento di questa sfida speciale”. Speciale perché solo la scorsa estate, con il rinnovo per 171 milioni di dollari per i prossimi cinque anni, il futuro di Griffin sembrava legato quasi a vita ai Clippers. La NBA è un business, si sente però ripetere spesso, e l’avvento di Jerry West nella dirigenza biancorossoblu ha cambiato in fretta gli orizzonti della franchigia. Dopo neppure metà stagione, L.A. ha dato addio a uno dei personaggi fondanti di Lob City, ceduto in cambio di Avery Bradley, Tobias Harris, Boban Marjanovic e scelte in quel di Detroit. “È diventato subito il nostro punto di riferimento, il nostro go-to-guy – racconta Reggie Bullock – perché Blake è questo tipo di giocatore, uno capace di rendere le gare più semplici. Può andare a canestro di prepotenza contro qualsiasi avversario: basta fargli arrivare palla nelle zone dove desidera ricevere e lui esegue sempre la giocata giusta”. Lo testimoniano le ottime cifre nelle quattro gare fin qui disputate in maglia Pistons: i 21.3 punti, 7.8 rimbalzi e 6.3 assist di media parlano di un contributo a 360 gradi, di un giocatore totale, di una minaccia offensiva e difensiva che non si può sottovalutare. “Sarà strano affrontarlo da avversario – ammette coach Mike Woodson, sulla panchina di L.A. al fianco di Doc Rivers – perché Blake è un professionista che  ha fatto un sacco di cose importanti per questa franchigia. Ma questa è la vita: lui oggi è a Detroit, felice nella sua nuova situazione, e noi siamo contenti dei nuovi giocatori che abbiamo ricevuto in cambio. Ora dobbiamo continuare a migliorare”. E a vincere, inseguendo i playoff. E battendo anche il proprio passato per poterci riuscire.