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NBA, Dwyane Wade: la pace con Riley, il ritorno a Miami: "Siamo da playoff, non ho dubbi"

NBA

A margine dei mille movimenti in entrata e in uscita da Cleveland, c’è anche l’addio di Dwyane Wade che restituisce l’eroe de tre titoli NBA degli Heat alla città di Miami. Una delle “feel good stories” della trade deadline NBA, che nasce dalla pace siglata recentemente tra il giocatore e Pat Riley

“Call me 911”, legge il testo dell’SMS che arriva sullo smartphone di Dwyane Wade, mentre il n°9 dei Cleveland Cavs è in strada per andare in palestra e raggiungere i suoi compagni per l’allenamento quotidiano. Il codice 911 negli Stati Uniti è quello per le emergenze, e così facendo il nuovo agente di Wade – Leon Rose, scelto dopo la morte dello storico partner d’affari del giocatore, Henry Thomas – vuole mettere subito in chiaro l’urgenza e l’importanza della news da comunicare al proprio assistito. Cleveland e Miami si sono appena accordati per il ritorno di D-Wade in Florida, dove in maglia Heat ha costruito la sua leggenda e vinto tre titoli NBA, il primo di sempre nel 2006 e poi ancora nel 2011 e nel 2012 in coppia con LeBron James. Ora – dopo esperienze a Chicago (il luogo dov’è nato) e Cleveland (proprio al fianco dell’amico LeBron) – ecco il ritorno agli inizi, per concludere la carriera dopo tutto è iniziato. Un ritorno in una città che ha sempre amato, in uno spogliatoio che sembra casa, da vecchi amici (su tutti l’eterno Udonis Haslem) e vecchi nemici con cui però è riuscito in qualche modo a far pace (Pat Riley). “È stato un giorno triste quello in cui Dwyane ha lasciato Miami – dice il plenipotenziario di casa Heat – è un giorno felicissimo oggi che ritorna”. Eppure per riavvicinare i due c’è voluta una tragedia, la morte dell’ex agente del giocatore Henry Thomas e un semplice abbraccio, quello che i due si sono scambiati solo un mese fa in occasione del suo funerale. “Quell’abbraccio è stato vero, non avevo bisogno d’altro, non avevamo bisogno d’altro. Ho lasciato il funerale sentendomi meglio, pur senza scambiare una singola parola su tutto quello  che è stato il passato”, le parole di Wade. Passato? Quale passato, sembra dire dal canto suo Riley: “Chi mi conosce sa come la penso: i guerrieri non vivono nel passato ma solo nel presente. La vita è adesso e davanti c’è solo il futuro”. Un presente e un futuro che ora riabbracciano il grande atleta che qualcuno considera il più popolare di sempre in South Florida (davanti perfino al leggendario quarterback dei Miami Dolphins Dan Marino), scelto nel 2003 da Marquette e ora tornato per dare le ultime pennellate a un quadro che prima o poi verrà appeso sui muri della Hall of Fame di Springfield. “Qui tutti sono pro-Wade: lo è Micky Arison, lo è Erik Spoelstra, e ovviamente lo sono anch’io”, assicura Riley. 

Parla Riley: “I guerrieri non vivono nel passato, la vita è nel presente”

Proprio il n°1 di casa Heat spiega i motivi tecnici dietro la scelta di riportare in South Florida Wade (in cambio di una seconda scelta spedita a Cleveland): “Ovviamente non è l’MVP delle finali NBA del 2006, lo sappiamo bene, ma è una sorta di facsmile di quel giocatore”, spiega Riley. “Dai nostri ranking interni ancora oggi è il 12° giocatore two-way [considerati tanto l’attacco che la difesa] di tutta la lega, il 15°/16° nelle analisi specifiche sul plus/minus. Sa ancora giocare, andare al ferro, guadagnarsi liberi, in situazioni particolari è un buon difensore. E quando le gare vanno verso i minuti finali, c’è qualcosa di Dwyane che rimane speciale”. Se a Miami porta la sua più bassa media punti di carriera (solo 11.2 a sera) è anche vero che il dato è fortemente condizionato dal ruolo accettato ai Cavs, in uscita dalla panchina. Dovrebbe continuare a essere una riserva anche a Miami, lasciando il posto in quintetto a Josh Richardson (che Spoelstra più volte ha paragonato proprio a Wade), ma Wade sta comunque tirando il 45.5% dal campo (meglio di Dragic, per dire) e da tre punti sfiora il 33%, percentuale non eccelsa in termini assoluti ma la migliore della sua carriera. “L’idea di aver bisogno di un rinforzo l’abbiamo sentita con sempre più urgenza dopo l’infortunio a Dion Waiters”, racconta ancora Riley, e se per gli Heat quella con Wade è stata un’associazione mentale fin troppo facile da fare, lo stesso vale anche viceversa: “Ho sempre sentito che un giorno sarebbe successo, l’ho sempre sperato. Non sapevo quando, però, non mi immaginavo subito”. 

Heat-Lifer

Il legame mai spezzato tra Wade e Miami trova conferma in mille altri dettagli. La casa mai venduta, i due figli e un nipote iscritti a scuola, il 16° compleanno del figlio Zaire festeggiato lì, l’amore mai nascosto per South Beach della moglie Gabrielle Union. Ora che il ritorno è in realtà, l’ex n°3 degli Heat ha già dato un’occhiata al calendario futuro della sua nuova (vecchia) squadra, scoprendo che la gara interna di venerdì sera contro Milwaukee è l’unica interna fino al 24 febbraio. E di aspettare così tanto per riabbracciare la sua “Heat Nation” Wade non ne ha minimamente intenzione: “Mi sono mancati così tanti – dice – e sono sicuro di essergli mancato anch’io”. Non potrebbe essere altrimenti, per un giocatore che già oggi nel libro dei record degli Heat è al primo posto per punti e partite disputate, assist e recuperi, tiri presi e tiri segnati. Arriva in soccorso di una squadra in difficoltà, che ha perso le ultime cinque gare disputate: “Siamo da playoff. Non ho dubbi”, dice Wade, che suona la carica da vero leader. Ora tocca a lui, e agli Heat, dimostrarlo.