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NBA, Wade e il suo secondo esordio con gli Heat: "È come se non fossi mai andato via"

NBA

Dopo meno di due anni il capitano degli Heat è tornato a indossare la sua maglia numero 3, riportando Miami al successo dopo cinque sconfitte in fila anche grazie a un paio di sue giocate: "Conosco tutti, mi sento già parte della squadra"

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A Miami era un bel po’ che non si vedeva così tanta gente all’arena, stranamente piena rispetto alle abitudini della città della Florida ben prima della palla a due. Tutti con gli smartphone in mano, incantati a osservare il nuovo numero 3, il colpo arrivato a poche decine di minuti dalla chiusura del mercato: capitan Wade è tornato in città, per davvero. Dopo un anno e mezzo di esilio forzato (e non dai grandi risultati, visto quanto successo a Chicago e Cleveland), il protagonista di tutti i successi degli Heat degli ultimi 15 anni è ritornato a indossare la sua divisa (andata a ruba in meno di 24 ore). “Credo che ci sarà un grande ambiente ad accogliermi, sarà una grande festa”, aveva raccontato prima della partita, consapevole di non aver mai rotto il forte legame con la città e con i tifosi. E sono bastati poco più di sei minuti per rivederlo sul parquet. Dopo cinque sconfitte in fila e sotto 9-0 nel punteggio a inizio gara, tutto il pubblico dell’American Airlines Arena ha iniziato a intonare: “We want Wade”. Detto, fatto. Con tanto di boato tra i due tiri liberi tentati da Tyler Johnson che ha rallentato la sua esecuzione in segno di rispetto. Non solo riconoscenza, ma anche impatto immediato sulla sfida. Wade regala subito un paio di alley-oop, in una partita in cui inevitabilmente è sembrato imballato e impreciso al tiro. La giocata del campione però sapevano tutti che ci sarebbe stata: 85-81 Miami, meno di 40 secondi al termine. Josh Richardson in penetrazione perde un pallone sanguinoso, scippato da Eric Bledsoe pronto a partire in contropiede. La point guard dei Bucks vuole andare ad appoggiare al tabellone due punti veloci, ma non ha fatto i conti con Wade che stoppa senza problemi il suo tiro, spedendo il pallone in prima fila e sigillando il successo degli Heat. Proprio come se non se ne fosse mai andato.

Spoelstra: "Ho detto a Pat Riley 'Diamine, prediamolo!'"

Un fulmine a ciel sereno anche per coach Spoelstra, che assieme a Wade ha raccolto tanti successi e vinto tantissime battaglie. “Sapevo solo di poter prendere Luke Babbit (rimasto a riposo nella sfida contro Milwaukee, ndr)”, racconta l’allenatore degli Heat, commentando quanto successo negli ultimi convulsi giorni di mercato con Pat Riley. “Quando a poche ore dalla chiusura degli scambi mi ha detto di Wade, la mia risposta è stata ‘Cosa? Dwyane chi?’. Stavamo per entrare in palestra a lavorare con tutta la squadra. Mi sono sentito rispondere: ‘Lo scoprirai soltanto alla fine dell’allenamento’. Prima che Riley andasse via, gli ho detto: ‘Diamine, facciamolo. Prendiamolo subito’. Ma era qualcosa che difficilmente qualcuno di noi avrebbe potuto prevedere anche solo due settimane fa. Succedono sempre delle cose incredibili in questa lega e il tempismo in questo caso è stato perfetto. È surreale con quanta rapidità sia tornato tutto come prima”. La stessa sensazione provata anche dal diretto interessato una volta sbarcato a Miami: “Sono felicissimo per tantissime ragioni; la principale è quella di poter riabbracciare i tifosi che mi hanno fatto crescere per tutta la mia carriera e che sono cresciuti assieme a me. Sono contento anche dei miei compagni, che così bene stanno facendo in questa stagione. Soltanto l’idea di indossare di nuovo questa maglia mi esalta; la speranza è quella di non giocare troppo male”. È stato accolto da tutti, soprattutto da quelli che meno di due anni fa erano già in squadra e che ricordano bene quale fosse stato il suo contributo. “Sento di conoscerli già tutti, e con una parte di loro è così. Sento già di far parte di questa squadra. Aver parlato spesso con loro in questi mesi, averli incontrati durante l’off-season qui a Miami, aver trascorso molto tempo insieme prima del mio ritorno: davvero sento di non essermene mai andato”.