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NBA, coach Kerr si fa da parte: a dirigere il timeout ci pensano Iguodala, West e Curry

NBA

L’allenatore degli Warriors, convinto di dover dare una scossa per motivare i suoi ragazzi, decide di lasciare nelle loro mani la gestione dei timeout: "È la loro squadra e sono loro a determinare le nostre fortune. Avevano bisogno di nuovi stimoli, si erano scocciati di ascoltare soltanto la mia voce"

Essere diventato l’allenatore più veloce nella storia dello sport americano ad aver vinto 250 partite non è un traguardo conquistato per caso. Steve Kerr infatti non solo ha ereditato una squadra piena zeppa di talento, ma ha più volte dimostrato di saper innovare il modo in cui gestire la sua squadra. E nella vittoria agevole ottenuta contro i Suns ha voluto sperimentare una nuova forma di persuasione nei confronti dei suoi ragazzi. Sia alla sessione di tiro mattutina che durante i timeout a dettare la linea sono stati i giocatori, non lui. Kerr infatti è rimasto a osservare i vari Andre Iguodala, Draymond Green (infortunato, ma felice di calarsi nei panni dell’allenatore), David West e Steph Curry motivare il gruppo e chiamare i giochi. Spesso i giocatori prendono la parola durante una porzione dei timeout, ma è davvero insolito vedere un capo allenatore eclissarsi e lasciare libero sfogo al suo roster. “È la loro squadra ed è la prima cosa di cui devo tenere conto – racconta a fine partita -. Non è la mia squadra, non è quella di Bob [Myers, il GM degli Warriors], non è di Joe [Lacob, il proprietario della franchigia]… mmm va bé, magari a Joe è meglio non dirlo. Da allenatore devo guidarli, prendere le decisioni giuste, ma non posso pensare di controllare il gruppo. Sono loro a determinare il nostro destino e mi sono reso conto del fatto che nell’ultimo mese non siamo stati concentrati a dovere. La comunicazione tra loro ha funzionato alla grande stasera e sono venute fuori anche discrete giocate”. Kerr insomma deve provarle tutte per tenere sulla corda un gruppo apparso troppo svagato e in parte appagato da una lunga serie di successi che sembrano scontati e facilmente raggiungibili. E così alla sessione di tiro mattutina è stato Andre Iguodala a dare indicazioni ai compagni, mentre JaVale McGee era l’uomo che analizzava le giocate al pc e prepara i contenuti multimediali: “Il miglior addetto alle sessioni video che abbiamo in tutto lo staff”, ha raccontato sorridente il coach (almeno sulla carta) degli Warriors.

La polemica dei Suns: "Lo fa perché ha quattro All-Star in squadra. Altrimenti..."

Una scelta legata al momento vissuto dagli Warriors e non di certo un affronto nei confronti di un avversario battuto lo stesso con estrema facilità: “Devo sempre trovare una chiave per allenare e motivare i miei ragazzi. Ne ho parlato anche con Jay Triano [l’allenatore di Phoenix], non c’era alcuna intenzione di mancare di rispetto nei loro confronti. Il mio obiettivo è quello di motivare i miei ragazzi, erano stanchi di ascoltare sempre e solo la mia voce. Gli ultimi tre anni sono stati un lungo viaggio. Abbiamo pensato che questa potesse essere l’occasione per inventarci qualcosa di nuovo e fare qualcosa di diverso dal solito. La risposta che i ragazzi hanno dato in campo è stata eccellente. Penso che se riusciamo a restare concentrati diventa dura per chiunque batterci e stasera abbiamo mantenuto l’attenzione a lungo. Hanno dovuto fare affidamento l’uno su l’altro e non stare a sentire la mia voce – e tutto quell’insieme di suoni come se fossero Charlie Brown che sta lì ad ascoltare la maestra, i genitori e tutto il resto. Avevano bisogno di sentire una voce diversa”. Nessuna illazione però riguardo una possibile seconda lettura delle sue parole, che non alludono in alcun modo alla fine del suo rapporto con gli Warriors. Anzi, Kerr non ha alcuna intenzione di mollare la presa: “Era qualcosa di cui sentivano la necessità in questo momento, ma non portiamo avanti discorsi inutili. Amo stare su questa panchina e ho tutta l’intenzione di restare a lungo agli Warriors. Sono felice di allenare questa squadra”. Non tutti però l’hanno presa bene in casa Suns, come sottolineato da Jared Dudley a fine gara: “Una scelta del genere dimostra un’enorme mancanza di rispetto e forse noi in questo momento non meritiamo che gli altri ci rendano merito in qualche modo. Quando continui a incassare sconfitte con 40 punti di scarto, nessuno ti prenderà mai sul serio. Ma dobbiamo essere prima di tutto noi a far sì che le cose cambino”. Coach Triano invece preferisce non mettere altra benzina sul fuoco: “Ho notato che la qualità delle giocate fosse superiore rispetto al solito”, commenta con il sorriso. “Nah, non ho alcun tipo di problema con la scelta fatta da Steve durante la gara”. A dire la sua è anche Devin Booker, ancora indisponibile ma sempre al seguito della squadra: "Si può fare una doppia lettura di questa scelta: c'è chi dirà che allora chiunque potrebbe allenare un gruppo così forte e chi invece crede che sia un buon metodo per coinvolgere tutti. Personalmente, apprezzo molto la scelta. Sono sicuro che in molti diranno che è stato un affronto ai Suns, ma penso che sia soltanto un modo particolare per mantenere un rapporto stretto con i suoi giocatori. Detto questo, se non avesse avuto quattro All-Star in squadra, non credo si sarebbe concesso questa libertà".

Green vuole l’alley-oop, mentre Curry perde troppo tempo

Alla fine dunque i giocatori diventano protagonisti anche fuori dal parquet. Iguodala è il primo a dettare la linea, prendendo pennarello e cartellina dalle mani di Kerr e motivando i compagni durante un primo quarto rimasto almeno per qualche minuto in equilibrio. Arriva poi il turno di Green che, vestito in borghese visto il problema al dito, si cala con piacere nei panni del coach. Il numero 23 di Golden State chiede ai suoi compagni di giocare un alley-oop per Omri Casspi, uno dei protagonisti della sfida chiusa con 19 punti e 10 rimbalzi dal suo sostituto: “Se Draymond dovesse chiedere in futuro alla sua squadra una giocata del genere vestendo i panni dell'allenatore, verrebbe licenziato in tronco all’istante”, scherza l’israeliano che ha beneficiato sul parquet dei consigli dei compagni. “Non l’ho ascoltato, gli ho lasciato campo libero”, commenta Kerr quando qualcuno gli chiede un parere su Green. Poi è toccato a West disegnare un paio di giochi ben riusciti con cui Golden State ha dato il via alla fuga nel secondo quarto: “Vorrei allenare i ragazzi, quello sì”, commenta all’intervallo, senza approfondire però troppo il discorso. Chi invece giudica la sua performance insufficiente è Steph Curry, attardatosi in panchina a dare indicazioni e punito dagli arbitri per delay of the game (perdita di tempo, in sostanza). “No, non sono granché come allenatore in effetti”, chiosa il migliore realizzatore in casa Warriors con i suoi 22 punti a referto. Per imparare c'è sempre tempo, soprattutto se coach Kerr continuerà a lasciare così tanto spazio al suo gruppo. Fino a quando funziona...