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NBA, Michael Jordan compie 55 anni: celebriamo il suo "double-nickel birthday"

NBA

Negli Stati Uniti si chiama “nickel” la moneta da 5 centesimi e così la gara del 28 marzo 1995 (la quinta dal suo ritorno in campo dopo la pausa sui diamanti dal baseball) con i 55 punti inflitti ai New York Knicks è passata alla storia come “the double-nickel game”. Oggi che 55 sono le candeline spente sulla torta, celebriamo MJ ricordando quella storica gara

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Solo nove giorni prima, l’ormai celebre 19 marzo 1995, il famoso fax agli uffici della NBA: “I’m back”, sono tornato, e in calce un autografo prestigioso. Quello di Michael Jeffrey Jordan, che annunciava così il suo ritorno nella lega, dopo quasi due anni lontano dai parquet, impegnato in un’improbabile carriera nel baseball. Al secondo esordio della sua carriera – contro i Pacers, chiuso con 19 punti – fecero seguito prestazioni da 27, 21 e 32 punti ma le percentuali faticavano ancora a essere da Michael Jordan: solo 37/94 al tiro nelle prime quattro uscite, sotto il 40%, un dato non all’altezza del più grande giocatore di sempre, che dimostrava così di essere umano e di soffrire anche lui la ruggine accumulatasi su una macchina da pallacanestro una volta perfetta. Poi, alla quinta gara dal suo ritorno, la trasferta a New York City e la sfida contro i rivali di sempre, i Knicks, sul parquet più prestigioso del mondo, quello del Madison Square Garden. Il tutto esaurito non fa certo notizia, ci sono 19.763 spettatori a vedere l’ex n°23 diventato n°45, tanto amato quanto (sportivamente) odiato dal pubblico della Grande Mela, Spike Lee in testa. “Questa partita dal punto di vista della fiducia nelle mie doti è molto importante per me”, avvisava MJ nel prepartita. “Nelle prime quattro gare ho fatto fatica, oggi devo attaccare il canestro”. Facile da dire  ma non certo da fare, contro una delle difese più dure e rocciose di tutta la NBA, quella allenata da Pat Riley con Jeff Van Gundy come primo assistente (principalmente difensivo). Il piano partita – racconterà poi l’attuale commentatore tv – non voleva discostarsi dalla solita filosofia difensiva dei Knicks: “Coperture singole il più possibile e raddoppi solo nei secondi conclusivi dell’azione, cercando di mandarlo il più possibile a sinistra e anche allontanarlo dal post basso, spingendolo sul perimetro”. Incaricati del compito fior di agonisti e difensori, da John Starks ad Anthony Mason, da Derek Harper a Charles Oakley. Tutto inutile. 

Ieri 55 punti, oggi 55 anni

Il n°45 dei Bulls per la prima volta dal suo ritorno assomiglia sinistramente al 23 che tutti ricordano: coi Bulls sotto di 6 all’intervallo, è lui a guidare un break di 12-2 nel quarto quarto e poi a prendere in mano le sorti dell’incontro nel finale. Suo il jumper del 111-109 e poi (dopo due liberi di Starks per l’ennesima parità) suo l’assist decisivo per mandare a schiacciare Bill Wennington a 3.1 secondi dalla sirena, per il 113-111 finale. Per MJ era solo il secondo assist della serata, che viene ricordata però per la sua esplosione offensiva: segna 21 dei 38 tiri dal campo (compreso tre triple) e 10 degli 11 liberi tentati, per chiudere a quota 55. Viene ribattezzato “the double-nickel game” (5+5, essendo il nickel la monetina da 5 centesimi di dollaro) e nelle parole di Phil Jackson “è stata l’incoronazione ufficiale del suo ritorno a monarca della lega. Uno spettacolo pazzesco, che mi ha lasciato a bocca aperta”. D’accordo anche il suo collega e avversario Jeff Van Gundy: “Una delle partite più incredibili di cui sia mai stato testimone, perché segnare 55 punti allora – quando il gioco era molto più fisico e le regole difensive permettevano molti più contatti – è come segnarne 75 oggi, con le regole attuali”. Era un Michael Jordan 32enne quello capace di segnare 55 punti (per solo la terza volta in carriera, lo aveva fatto contro i Cavs il 1 maggio 1988 e poi in finale NBA contro i Suns nel 1993), cifra che oggi – nel 2018 – racconta invece l’età di un uomo che nel frattempo si è ritirato dalla pallacanestro una seconda volta, è tornato ancora in campo (con la maglia degli Washington Wizards) per poi abbandonare definitivamente oltre i 40 anni e fare il suo ingresso trionfale nella Hall of Fame mentre oggi continua a vivere una vita a stretto contatto col mondo NBA nel suo ruolo di proprietario degli Charlotte Hornets. Perché che lega sarebbe senza Michael Jordan? Auguri al più grande: buon compleanno MJ!