Ispirato da DeMar DeRozan, l'All-Star dei Cleveland Cavaliers ha raccontato il suo rapporto con la salute mentale e dell'attacco di panico subito durante una partita di inizio stagione. "Era come se il mio corpo mi stesse dicendo ‘Stai per morire’".
“Il 5 novembre, appena dopo l’intervallo contro gli Atlanta Hawks, ho avuto un attacco di panico”. Così si apre il pezzo scritto da Kevin Love su The Players’ Tribune, un racconto a cuore aperto di quanto successo all’inizio di questa stagione e del percorso personale che ha dovuto affrontare nei mesi successivi per affrontare i propri problemi di salute mentale. “È arrivato dal nulla, non ne avevo mai avuto uno” ha raccontato il lungo dei Cleveland Cavaliers. “Non sapevo nemmeno se fossero veri. Ma lo è stato – come una mano rotta o una caviglia slogata. Da quel giorno, il mio modo di pensare sul tema della salute mentale è cambiato totalmente”. La crisi è arrivata nel corso del terzo quarto, ma già dall’inizio della gara – complice anche una situazione familiare stressante e il record negativo della squadra – aveva sentito che qualcosa non stava funzionando come al solito, affaticandosi molto in fretta e sbagliando quattro dei primi cinque tiri tentati per soli 4 punti in 15 minuti. Subito dopo l’intervallo i sintomi si sono fatti insostenibili, facendo fatica a riprendere fiato pur essendo passati solamente tre minuti dalla ripresa del gioco e accusando forti giramenti di testa, “come se il mio cervello stesse cercando di arrampicarsi fuori dal mio cranio”. Con la bocca impastata come se fosse piena di gesso, Love ha capito di non essere nemmeno in grado di rientrare in campo, correndo negli spogliatoi da una stanza all’altra cercando di far smettere di battere il suo cuore. “Era come se il mio corpo mi stesse dicendo ‘Stai per morire’. Sono finito sul pavimento della sala pesi, disteso schiena per terra, cercando di buttare dentro aria nel mio corpo”. Un membro dei Cavs lo ha poi accompagnato in ospedale per dei controlli, ma senza che ne uscisse nulla di preoccupante. Sollevato almeno per il lato fisico, Love è passato a chiedersi: “Ma cosa diavolo è successo?”.
Il percorso di terapia contro il "machismo"
La ricerca di una risposta a questa domanda ha portato Love a cercare aiuto da un terapista che vede un paio di volte al mese, una cosa che non avrebbe mai neanche considerato in passato perché considerata “poco da uomini”. “So per esperienza che crescendo capisci in fretta come deve comportarsi un ragazzo, come bisogna ‘essere uomini’. È come un copione: ‘Sii forte. Non parlare dei tuoi sentimenti. Devi farcela da solo’. Per 29 anni ho vissuto così: questi valori di ‘mascolinità’ e durezza sono così normali che sono semplicemente ovunque… e invisibili allo stesso tempo. Ci circondano come l’aria o l’acqua. Per certi versi sono come la depressione o l’ansia. Per questo per 29 anni ho pensato che la salute mentale fosse il problema di qualcun altro. Certo, sapevo che alcune persone avevano beneficiato del fatto di aver chiesto aiuto aprendosi agli altri. Ma non ho mai pensato che fosse così anche per me. Ho sempre pensato che fosse una forma di debolezza che poteva far deragliare il mio successo nello sport facendomi sembrare strano o diverso”.
L'ispirazione di DeRozan e l'esempio per gli altri
Love ha sentito la necessità di condividere la sua esperienza – fortunatamente senza conseguenze in campo, visto che due giorni dopo ne ha segnati 32 contro i Milwaukee Bucks – anche a seguito delle parole utilizzate da DeMar DeRozan, che giusto qualche settimane fa aveva raccontato il suo rapporto con la depressione. “Ho giocato contro DeMar per anni, ma non avrei mai detto che avesse problemi di quel tiro. Ti fa davvero pensare come tutti noi andiamo in giro portandoci dentro esperienze e problemi di ogni tipo pensando che siamo gli unici a doverli sopportare. La verità è che probabilmente abbiamo più cose in comune con i nostri amici, colleghi e vicini di quelli che ci immaginiamo. Non sto dicendo che tutti devono condividere i loro segreti, ma che dobbiamo arrivare a creare un ambiente migliore all’interno del quale parlare della salute mentale. Che è una cosa invisibile, ma che ci tocca tutti prima o poi. È parte della nostra vita. Come ha detto DeMar: ‘Non puoi mai sapere cosa sta affrontando una persona dentro di sé’”. Un pensiero ripreso proprio nel titolo del suo pezzo: “Everyone is going through something that we can’t see”, tutti stanno affrontando qualcosa che noi non vediamo. Con grande coraggio, Kevin Love ha voluto che tutto il mondo lo vedesse e lo seguisse nel suo percorso, in attesa di poterlo riammirare in campo dopo le settimane di recupero dalla rottura della mano che lo hanno tenuto fuori dai giochi dallo scorso 30 gennaio.