L’ex grande superstar della lega – da sempre un sostenitore delle forze dell’ordine, con ambizioni da sceriffo nel suo futuro – chiede una presenza più massiccia di poliziotti e agenti nelle scuole, senza mettere al primo posto un controllo più severo nella circolazione e vendita delle armi
Con la memoria della strage di Parkland alla Marjory Stoneman Douglas High School ancora fresca (e l’uccisione di 17 persone, tra cui 14 studenti, sempre al centro di mille polemiche negli Stati Uniti), le parole di Shaquille O’Neal sullo scottante tema del controllo delle armi fanno discutere. “La tragedia è qualcosa che mi ha colpito davvero da vicino, perché vivo in Florida, a Fort Lauderdale – spiega l’ex superstar NBA – tanto che ho immediatamente chiamato lo sceriffo locale appena ho sentito la notizia, per fargli sapere che aveva fatto un lavoro eccezionale”. Ma la sua posizione sulla possibile soluzione alle stragi che sempre più spesso hanno avuto come teatro proprio le scuole di tutta America – dal primo tragico esempio di Columbine, Colorado in poi – va fortemente controcorrente rispetto alle opinioni di altri protagonisti del mondo NBA (come ad esempio quelle sostenute dall’allenatore di Golden State Steve Kerr, che aveva puntato il dito contro le responsabilità dei politici e il loro essere subalterni alla lobby della National Rifle Association, uno delle più ricche nel finanziamento dei candidati alla presidenza USA). “Vietare le armi non servirebbe a nulla. Anzi, non si farebbe altro che alimentare un mercato nero che farebbe schizzare i prezzi alle stelle – e la gente che prima era disposta a pagare 2.000 dollari per una pistola ora finirebbe per pagarla 9.000. Ci sono già tantissime armi per le strade della nostra comunità, non è che vietandole la gente le riconsegnerebbe alle autorità”. La risposta al problema, per O’Neal, è un’altra – e punta nella direzione di un coinvolgimento sempre maggiore delle forze dell’ordine: “Il governo dovrebbe destinare più fondi ai programmi di protezione della legge. Con più soldi si potrebbero reclutare più agenti e quelli non in grado di poter andare in pattuglia per le strade li si potrebbe destinare alle scuole, di fronte agli ingressi, nei corridoi, nei cortili. Vorrei vedere sempre più polizia nelle scuole”. Da sempre un grande tifoso del corpo di polizia – nominato lui stesso, seppur in maniera non ufficiale, vice-sceriffo già nel 2016 e con l’intenzione, stavolta seria, di correre per la poltrona di sceriffo nel 2020 in una contea della Georgia – non è la prima volta che O’Neal mostra tutto il suo supporto verso le forze dell’ordine, atteggiamento con ogni probabilità figlio di un’educazione militare ricevuta dalla sua figura paterna, il sergente Phillip A. Harrison (che lo ha cresciuto tra il Texas e la Germania, in varie basi militari in giro per il mondo).
Da Steve Kerr a LeBron James, la NBA prende posizione
Una posizione davvero lontana da quella sostenuta da altri protagonisti dell’universo NBA. Da quella di coach Kerr, come detto, sferzante nella sua condanna verso i politici (“Possiamo fare qualcosa. Possiamo votare rappresentanti che abbiano il coraggio di proteggere davvero la vita delle persone”) e verso una circolazione troppo libera delle armi (“il vero pericolo sono tutti questi maniaci liberi di andare in giro armati di armi semi-automatiche con cui uccidono i nostri ragazzi”) a quella di diversi giocatori, a partire da LeBron James e Dwyane Wade. Anche per il primo il problema principale da affrontare è il controllo delle armi – “Com’è possibile che un ragazzo minorenne [Victor Cruz, l’autore della strage, aveva 19 anni, l’età adulta negli Stati Uniti è a quota 21, ndr] possa acquistare una pistola? Non può prendersi una birra al bar ma può mettere le mani su un AR-15? – mentre il secondo (recentemente tornato a giocare proprio in Florida) ha sottolineato l’importanza “che le voci dei ragazzi della Marjory Stoneman Douglas High School, che oggi chiedono maggior controllo sulle armi, siano sempre più forti e possano essere ascoltate”. Non dal suo ex compagno agli Heat, evidentemente: ma la diversità di opinioni è il punto di forza di qualsiasi democrazia che si rispetti.