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NBA, la maledizione è spezzata: Minnesota soffre ma torna ai playoff dopo 14 anni, Denver ko al supplementare

NBA

Non sono bastati 48 minuti per determinare chi dovesse avanzare ai playoff tra T’Wolves e Nuggets. Alla fine l’hanno spuntata i primi, trascinati da Jimmy Butler (31 punti) e Karl-Anthony Towns (26) nonostante i 35 di Nikola Jokic. Al primo turno la squadra di Tom Thibodeau affronterà gli Houston Rockets

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Se non sono bastate 81 partite per determinare chi meritasse di andare ai playoff tra Minnesota Timberwolves e Denver Nuggets, è in qualche modo coerente che neanche i canonici 48 minuti di una gara NBA potessero farlo. Alla fine, però, nell’ultimo minuto del supplementare sono stati i T’Wolves a regalare ai propri tifosi un momento storico, vincendo 112-106 e tornando ai playoff per la prima volta dal 2004, interrompendo la striscia di assenze dalla post-season più lunga in NBA. Un risultato arrivato al termine di una gara tesissima che ha rispecchiato l’andamento della stagione di Minnesota: un inizio balbettante (con gli ospiti sul +5 a metà primo quarto), una parte centrale di gara solida toccando il massimo vantaggio sul +10, e un finale drammatico, concedendo anche diverse occasioni agli avversari per vincere la gara e finendo per due volte in svantaggio nell’overtime. Un canestro di Jeff Teague (17 punti con 7 assist e il floater del definitivo sorpasso 1:18 dalla fine) insieme alla freddezza di Jimmy Butler (miglior marcatore con 31 punti e 10/13 ai liberi in ben 42 minuti di gioco) e Andrew Wiggins (18 con un 2/2 fondamentale per mettere due possessi di distanza tra le squadre con 14.6 secondi da giocare) alla fine hanno fatto la differenza, insieme a un Karl-Anthony Towns ovviamente in doppia doppia con 26 punti, 14 rimbalzi (uno cruciale nel supplementare) e 12/19 dal campo. Loro quattro sono stati gli unici a chiudere in doppia cifra, ma grosso merito va anche a Taj Gibson, che pur avendo una spalla in disordine ha stretto i denti giocando sul dolore e realizzando una giocata difensiva monumentale per impedire a Nikola Jokic di tentare il tiro della vittoria a pochi secondi dalla fine dei regolamentari, forzando di fatto il supplementare più importante nella storia recente della franchigia. Grazie allo sforzo di tutti i membri della squadra l’organizzazione ha potuto togliersi un’enorme scimmia dalla spalla, perché mancare i playoff all’ultimissima gara — per di più disputata in casa — a conclusione di una stagione passata a lungo attorno alla terza piazza a Ovest sarebbe stata una delusione gigantesca per tutto l’ambiente, rendendo inutile il miglioramento di 16 vittorie rispetto allo scorso anno. Per loro fortuna non è andata così, anche se ora arriva la parte difficile: nel weekend affronteranno gli Houston Rockets al primo turno dei playoff, volando in Texas per giocarsela contro la squadra con il miglior record della NBA. L’alternativa di essere già in vacanza, però, era decisamente peggiore.

Delusione Denver, non basta un super Jokic

Chi invece si trova già senza partite da disputare è Denver, a cui non è bastato un eccellente Nikola Jokic da 35 punti e 10 rimbalzi con 14/25 al tiro (ma 6 errori sugli 8 tiri tentati tra ultimo quarto e supplementari) per vincere la settima partita consecutiva e tornare ai playoff dopo cinque anni di assenza. Già solo il fatto di aver forzato il primo “spareggio” per andare ai playoff nell’ultima gara di regular season in oltre vent’anni — per di più con un calendario difficilissimo, vincendo le ultime sei contro squadre con record positivo — è un risultato incoraggiante per i ragazzi di coach Mike Malone, anche se in questo momento di sicuro non saranno di questo avviso. Purtroppo per loro non è bastato, pagando l’incapacità di produrre possessi difensivi di livello nel momento del bisogno, senza riuscire a mantenere il vantaggio toccato per due volte nel supplementare nonostante i 24 punti con 8 rimbalzi e 6 assist di Will Barton (5/10 da tre) e i 20+6+6 di Jamal Murray. Le 46 vittorie toccate dagli uomini di Mike Malone sono perfettamente in linea con le previsioni pre-stagionali nonostante gli infortuni che hanno tenuto Paul Millsap lontano dal campo per oltre tre mesi e i 25 giorni saltati da Gary Harris nel momento decisivo della stagione, tornando solamente per la volata finale ma in condizioni non perfette. Questi ultimi due hanno dato il loro contributo segnando 10 punti a testa nella gara di Minneapolis, mentre Wilson Chandler è diventato il primo giocatore dal 1993 a giocare 48 minuti senza segnare neanche un punto (0/3 dal campo ma con 9 rimbalzi). L’appuntamento con la post-season è così rimandato al prossimo anno, anche se chissà se ci sarà coach Mike Malone a guidarlo: il finale di stagione incoraggiante non cancella l’interezza di una stagione in cui non sono mancati momenti interlocutori (ad esempio aver lasciato in panchina Jokic e Murray in una cruciale sconfitta a Dallas) e un rapporto con lo spogliatoio che non sembra mai essere davvero solido. La dirigenza dei Nuggets avrà molto tempo a disposizione per fare le sue valutazioni, purtroppo per tutta Denver.