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NBA, l’assenza di Embiid è un problema per Miami (e non per Philadelphia)

NBA

Il lungo camerunense dei Sixers non ci sarà neanche in gara-2, ma questa non è una buona notizia soprattutto per gli Heat. Il quintetto piccolo di Philadelphia nel secondo tempo di gara-1 infatti ha fatto impazzire la difesa di Miami e messo fuori partita Whiteside

Joel Embiid ha superato tutti i test previsti dal protocollo NBA che scatta automaticamente ogni volta che un giocatore subisce una commozione celebrale. Problema risolto dunque, anche se il lungo camerunense resterà fuori anche in gara-2 (questa notte in diretta dalle 2 su Sky Sport 2 HD) per motivi precauzionali. L’operazione per mettere a posto la frattura all’osso orbitale dell’occhio è andata a buon fine, ma meglio non rischiare. Le cose sono andate bene nei primi 48 minuti, anche se Brett Brown ci tiene a sottolineare che il risultato positivo della sfida d’esordio della serie con gli Heat non ha influito sulla decisione: “È tutto fatto pensando alla salute e al miglior recupero di Embiid”, che dopo gara-2 parteciperà ad alcuni allenamenti con la squadra per reinserirsi definitivamente in gruppo. Dal canto suo il numero 21 dei Sixers non vede l’ora di fare il suo personale esordio ai playoff: “Se fosse una mia decisione, sarei già in campo. Ma non posso rientrare sul parquet senza che i medici diano l’ok. Tutto sta andando per il meglio nel percorso di riabilitazione, non ho limitazioni di alcun tipo in allenamento”. Un’assenza che aveva preoccupato non poco Philadelphia, lanciata verso i playoff e costretta dal 28 marzo a farne a meno. La squadra di Marco Belinelli - cogliendo di sorpresa gli osservatori - da quel giorno non ha più smesso di vincere, raccogliendo un record complessivo di 9-0 e sorprendendo Miami proprio a causa degli aggiustamenti che lo staff tecnico è stato obbligato ad apportare. In quintetto alla palla a due coach Brown aveva optato ancora una volta per Amir Johnson; centimetri necessari per far fronte a Whiteside in difesa, ma minaccia tutt’altro che efficace in attacco. Un’equazione a somma negativa per Philadelphia, che a fine primo tempo nonostante le percentuali più che convincenti al tiro era sotto di quattro punti (60-56). A inizio ripresa dunque bisognava dare la scossa, dando spazio sin da subito a Ersan Ilyasova al posto del veterano numero 5: “Non me la sono presa, so bene che i playoff sono come una partita a scacchi: devi fare una mossa e poi aspettare di capire se funziona o meno”.

Il quintetto piccolo dei Sixers travolge gli Heat e Whiteside

La scelta fatta da Philadelphia durante l’intervallo è stata quella giusta. Nel secondo tempo i Sixers hanno travolto gli Heat, migliorando la difesa sul perimetro e facendo molta più attenzione nella gestione del pallone. Miami ha chiuso la prima metà di gara tirando 7/14 dall’arco con Philadelphia che aveva perso 10 palloni in 24 minuti. Troppi per non cambiare, ma Brown ha tenuto nascosta la sua mossa fino all’ultimo. Era importante capire le intenzioni di Spoelstra, se avesse confermato o meno Whiteside in quintetto. Non appena è stata annunciata la presenza tra i titolari del lungo di Miami, Ilyasova si è visto proiettato sul parquet dal primo istante: “Non sapevamo cosa avesse intenzione di fare coach Brown. Era il suo asso nella manica, il coach ha fatto un lavoro straordinario”. Nella ripresa i Sixers hanno poi piazzato il parziale da 74-33, dando la scossa all’inizio approfittando delle difficoltà difensive di Whiteside. Il compito assegnatogli in emergenza da Spoelstra era quello di marcare Dario Saric, utilizzato da Philadelphia come bloccante in tutti e cinque i canestri Sixers a inizio ripresa. Whiteside infatti era reticente a uscire sui tiratori, incapace allo stesso tempo di seguire i tagli verso il ferro degli esterni che partivano ben al di fuori della linea da tre punti. Whiteside lontano dal ferro era inoltre un’autostrada spianata verso il canestro per Simmons. Una win-win situation, sfruttata al meglio da Philadelphia. Miami a quel punto è stata costretta a mettere in panchina il numero 21 (due punti e -16 di plus/minus in 12 minuti), giocando in anticipo la carta Kelly Olynyk che così bene aveva fatto nel primo tempo. La scelta Sixers di mettere in panchina Johnson però era funzionale anche in quest’ottica. Johnson infatti ha limitato molto meglio l’ex compagno di squadra ai Celtics, di cui conosce tendenze e capacità: “Mi aiuta molto il fatto che abbia giocato due anni con lui, so cosa preferisce fare in alcune situazioni. Sono riuscito più volte ad anticipare le sue mosse”. In questo contesto l’assenza di Embiid diventa dunque paradossale: fino a quando Philadelphia cavalcherà un quintetto piccolo non potrà esserci spazio sul parquet per Whiteside, che ritroverebbe minuti solo nel testa a testa con il camerunense. Se le cose dovessero continuare ad andare nel verso giusto per Philadelphia, i giorni di recupero di Embiid potrebbe aumentare. In fondo per giocare la prima partita in carriera ai playoff c'è sempre tempo, meglio non rischiare.