"La nostra è una collaborazione, perché James è un campione, il mio compito è quello di metterlo nelle migliori condizioni possibili per fare bene", spiega il tecnico di Houston. Che non si fida di Minnesota: "Hanno due All-Star, non si battono da soli". E su Messina dice...
La serie contro Minnesota sembrava facilmente in controllo per gli Houston Rockets dopo le prime due partite (entrambe vinte) ma la sconfitta secca in gara-3, un sonoro 121-105, è stato un bagno d’umiltà per la miglior squadra NBA e anche per il suo allenatore, Mike D’Antoni, che nel dopo partita non ha nascosto la sua “delusione”. “Sono una buona squadra e hanno giocato meglio di noi. Faremo gli adattamenti necessari, capire come rimediare, a partire dal mettere in campo un’intensità maggiore. Se non ci riusciremo finiremo per perdere ancora, è semplice”. Parole che l’allenatore ex Milano e Treviso conferma anche ai microfoni di Sky Sport prima di gara-4, la seconda al Target Center, contro dei Timberwolves ringalluzziti dalla vittoria nell’ultima uscita e determinati a provare il pareggio nella serie: “Dobbiamo giocare come abbiamo giocato tutto l’anno, con lo spirito e con la testa giusta. Ma non sarà facile – avverte D’Antoni – Minnesota ha due All-Star, è una squadra che di sicuro non si batte da sola. Dobbiamo batterli noi, dobbiamo essere più bravi e vincere”. Per farlo Houston avrà bisogno ancora una volta del miglior James Harden possibile: straripante in gara-1 (44 punti), insolitamente sottotono nella seconda vittoria dei Rockets (un pessimo 2/18 al tiro per soli 12 punti), in gara-3 non sono bastati neppure i suoi 29, conditi da 7 assist e 7 rimbalzi. Il principale candidato al premio di MVP 2017-18 D’Antoni lo descrive così: “Un grandissimo talento: non è che siccome io sono l’allenatore e lui il giocatore allora lui fa le cose che gli dico di fare. Noi lavoriamo assieme, la nostra è una collaborazione: spesso le nostre idee di pallacanestro coincidono ma io non faccio altro che cercare di metterlo nelle migliori condizioni possibili per far bene, perché James è un vero campione, basta fargli arrivare il pallone nelle giuste posizioni e al resto ci pensa lui”.
Italiani o quasi: Ettore Messina e Mike D’Antoni
L’occasione di fare due chiacchiere con un (mezzo) italiano come D’Antoni (“Io sono italiano, ho la carta d’identità italiana, volete vederla?”, scherza) è anche l’occasione per sentire la sua opinione su un collega che rappresenta con orgoglio il tricolore sulle panchine NBA, quell’Ettore Messina reduce dalla sua prima vittoria di playoff in gara-4 contro gli Warriors. Sulle sue chance di sedersi presto da capo-allenatore su una panchina NBA (Charlotte lo intervisterà presto per l’incarico, così come fare con David Fizdale) le idee di D’Antoni sono chiare: “Ci sono soltanto trenta squadre nella lega, non è facile, ci vuole un po’ di fortuna e una squadra che creda in lui”, dice. Perché la competizione è agguerrita “e ci sono tantissimi buoni allenatori, ma sono certo che se qualcuno si affiderà a Ettore lui sarà capace di fare un buonissimo lavoro. Però lo ripeto: non è certo facile”. E lui – che insieme ai successi di Phoenix, ha alle spalle anche i fallimenti di New York e Los Angeles (sponda Lakers) – sa bene quello di cui parla.
[Intervista di Riccardo Pratesi]