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NBA, le parole di "Dr. J", i record strappati a Kobe Bryant e Larry Bird: la consacrazione di Jayson Tatum

NBA

Le prestazioni nei playoff del rookie dei Celtics scomodano paragoni eccellenti e generano raffiche di complimenti da grandi superstar del passato. E pensare che proprio con i 76ers Boston ha orchestrato la trade pre-Draft per mettere le mani sul giocatore di Duke

Il suo avversario nella serie di semifinale di conference Ben Simmons rimane con ogni probabilità il favorito numero uno al premio di rookie dell’anno NBA 2017-18, ma Jayson Tatum - dopo le prime due gare della serie contro Philadelphia – è senza dubbio la matricola sulla bocca di tutti. A partire da “oracoli” eccellenti, perché quando a tessere le tue lodi è un certo Julius Erving e quando le tue imprese in campo scomodano paragoni statistici con Larry Bird e Kobe Bryant significa che l’inizio di carriera del prodotto di Duke University difficilmente poteva essere migliore. Dopo un primo turno contro Milwaukee chiuso con oltre 15 punti e 5 rimbalzi di media – con escursioni a 21, 22 e 20 punti rispettivamente in gara-4, 6 e 7 – il n°0 dei Celtics ha ulteriormente alzato il suo livello di gioco nelle prime due partite di semifinale di conference contro Philadelphia: dopo i 28 punti con 8/16 al tiro di gara-1, ne sono arrivati altri 21, conditi dai liberi decisivi messi a segno nel finale, nella gara che ha dato a Boston il 2-0 nella serie sui Sixers. Una squadra che avrebbe benissimo potuto essere nel destino di Tatum, visto che al Draft 2017 Boston – titolare della prima scelta assoluta – scelse di scambiare il proprio pick con quello di Philadelphia (titolare della n°3) ricevendone in cambio anche una prima scelta futura. Alla n°1 i 76ers finirono per scegliere Markelle Fultz mentre i Celtics – dopo aver visto i Lakers puntare sul prodotto locale Lonzo Ball alla n°2 – misero le mani su Tatum, “che sarebbe stato la nostra scelta anche se avessimo chiamato alla n°1 assoluta”, confesso a Draft effettuato il gm dei biancoverdi Danny Ainge. Oggi quella scelta sembra aver dato pienamente ragione ai Celtics, e il primo a riconoscerlo è una leggenda del passato come Julius Erving, che proprio ai Sixers ha legato il suo nome da giocatore: “Con ogni probabilità Tatum avrebbe dovuto essere la prima chiamata assoluta”, l’ammissione di “Dr. J”. “È vero, molto dipende molto dal fit del giocatore nel sistema, ma finora è stato meraviglioso. Quando riesci a pescare un giocatore che sa innalzare il livello del suo gioco quando arrivano i playoff, allora vuol dire che hai in mano qualcuno di speciale, perché di solito i ragazzi che arrivano dal college non sono subito pronti a eccellere a un livello superiore. Pochi ce la fanno, e lui è tra questi”, l’opinione del “Dottore”.

Le lodi di coach Stevens

Un’opinione condivisa da sempre dall’uomo chiamato ad allenare nella NBA lo stesso Tatum, coach Brad Stevens. “Ci è piaciuto fin dal primo momento – raccontava al tempo del Draft, lo scorso giugno – perché pensiamo possa giocare in una varietà di posizioni, insieme a compagni diversi, e in questa lega che sta andando sempre di più verso una pallacanestro senza ruoli questa è una caratteristica davvero preziosa. Anni fa mi ero lamentato del fatto che avessimo pochi giocatori in grado di giocare ruoli diversi, diciamo dal 2 al 4, atleti capaci di palleggiare, passare e tirare. Jayson è uno di questi, e in più è un ottimo ragazzo”, le parole di stima in tempi non sospetti di Stevens. La capacità di adattarsi alle circostanze è stata poi chiave nella giovane carriera dell’ex Duke, che per via dell’infortunio di Gordon Hayward dopo solo cinque minuti della prima partita stagionale e in seguito al forfait dai playoff anche di Kyrie Irving si è ritrovato investito del ruolo di titolare prima e di leader poi. “Me la godo – la sua reazione – perché ho sempre sognato di poter giocare momenti importanti in un ruolo importante. Certo, è arrivato tutto molto prima di quanto pensassi – ammette – ma voglio provare a tutti che appartengo a questo livello di pallacanestro”.

Un record per superare Larry Bird e Kobe Bryant

Di dubbi, dopo la prestazione da vero leader (con tanto di liberi della staffa realizzata con glaciale freddezza) ne sono rimasti pochi: nelle ultime quattro gare di playoff, Tatum ha sempre segnato almeno 20 punti, un’impresa che statisticamente associa il suo nome a quello di due leggende assolute. In maglia Celtics, infatti, solo Larry Bird era stato capace di segnare 20 o più punti in quattro gare di fila nei playoff, mentre realizzando questa impresa alla tenera età di 20 anni e 61 giorni, il rookie n°0 dei Celtics ha superato niente meno che Kobe Bryant (20 anni, 272 giorni) come il più giovane giocatore di sempre a riuscirci (Bryant ne segnò almeno 20 in quattro gare consecutive nella postseason 1999). Un'ottima compagnia per avanzare la propria candidatura al premio di matricola dell'anno - o almeno per far rimpiangere ai Sixers lo scambio e la scelta all'ultimo Draft.