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NBA Finals: Kendrick Perkins lo provoca e Steph Curry esplode nel 4° periodo

NBA

Duro confronto sul finire del terzo quarto tra il n°30 degli Warriors e il veterano dei Cavaliers. Una sfida a cui Curry ha voluto rispondere sul parquet, travolgendo Cleveland con un quarto periodo da cinque triple e record nelle Finals NBA

A fine quarto periodo la domanda che in molti nello spogliatoio Cavaliers si ponevano è: perché? Perché sfidare un campione competitivo e chiaramente eccitato dal testa a testa (e dal testosterone in eccesso) come Steph Curry? Una vera e propria bomba incendiaria sul morale e sull’umore dei 20mila spettatori della Oracle Arena ogni volta che alza la mano per tentare la conclusione da lontano, a suo modo chirurgico anche in una serata in cui il tiro non voleva saperne di entrare con continuità nei primi tre quarti. Poi, proprio sulla sirena della terza frazione, Golden State recupera una palla importante grazie a Jordan Bell (che riscatta un fallo stupido, dimostrando grandi doti di apprendimento), ma non riesce a costruire di meglio che un air-ball di Curry, tentato di fronte la panchina dei Cavaliers. Steph perde in parte l’equilibrio nel provare la conclusione e frana sui piedoni di Kendrick Perkins (vestito di tutto punto con il completo regalato da LeBron James), che non perde occasione per gettarsi nella mischia. La mobilità è ridotta, ma non appena si ritrova in piedi la sua massa è maestosa rispetto alla stazza di Curry. Il veterano dei Cavs fa la voce grossa e scoppia subito il parapiglia, prontamente sedato da James che allontana l’MVP avversario chiedendogli gentilmente di allontanarsi. Schermaglie di poco conto, anzi “Molto rumore per nulla”, come sottolineato dallo stesso Curry in conferenza stampa. “Bel film”, risponde Klay Thompson, prontamente superato dal compagno con un “Grandissimo film”. A parte il siparietto davanti ai microfoni, quella è la scintilla che accende il quarto periodo di Curry; uno dei migliori della sua carriera ai playoff, il più emblematico alle Finals NBA. Da lì in poi infatti è un assolo che va via via in crescendo nella serata del n°30, che non sbaglia mai da lontano e riesce in giocate di livello sublime. È un tiro al bersaglio in cui Steph vede una vasca da bagno al posto del canestro, tanto che sulla sirena dei 24 secondi perde il controllo della palla, raccoglie in fretta e furia il palleggio e lascia andare via un tiro che soltanto lui nella storia della NBA può mandare a segno. È un chiaro segnale della tempesta perfetta che sta per abbattersi sui Cavaliers, che crollano sotto i colpi di un Curry da 33 punti e nove triple (necessarie per superare James per numero di canestri da lontano in carriera ai playoff); mai nessuno ne aveva segnate così tante in una singola gara di finale NBA. In fondo è bastato poco: un piede pestato, qualche parola di troppo e un guanto di sfida prontamente raccolto. Contro Golden State e un campione del genere ("Il miglior tiratore della storia della Terra", secondo il suo coach) basta e avanza questo, per incassare un pugno in pieno volto. E tornare a casa sotto 2-0 nella serie.