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NBA, LeBron James, Steph Curry, Steve Kerr: tutti di nuovo contro Donald Trump

NBA

Mauro Bevacqua

La decisione del presidente USA di cancellare l'evento previsto alla Casa Bianca per celebrare i campioni NFL dei Philadelphia Eagles ha riacceso vecchie polemiche: "Crediamo in valori che lui non rappresenta", dice LeBron James, mentre Steve Kerr rincare la dose: "Vuole soltanto dividerci"

CLEVELAND, OHIO — Ci risiamo. Alla vigilia di gara-3 — ma in contemporanea alla notizia della decisione del presidente USA Donald Trump di cancellare l’evento programmato per ricevere o onorare alla Casa Bianca i campioni NFL dei Philadelphia Eagles — tutti i protagonisti delle finali NBA tornano nuovamente ad affrontare l’argomento Trump, un tema già caldo nel recente passato (ad esempio quando l’invito era stato revocato anche ai Golden State Warriors campioni NBA nel giugno 2017). “Un comportamento che non sorprende”, è l’identica reazione di LeBron James, Steph Curry e Steve Kerr, “ma quello che posso dire fin d’ora — azzarda il n°23 dei Cavs — è che sia che vinca Cleveland o che vinca Golden State a nessuna delle due squadre interesserà comunque un eventuale invito alla Casa Bianca”. “Innanzitutto spero di poter avere questo problema — conferma scaramantico Curry — perché vuol dire che avremo vinto altre due gare, ma penso di essere d’accordo con quanto detto da LeBron. Dopo il titolo dell’anno scorso ci siamo comportati in un certo modo e il nostro atteggiamento sarebbe lo stesso anche in futuro”. Offeso dal fatto che solo “un ristretto numero di giocatori [degli Eagles] ha accettato l’invito alla Casa Bianca”, Trump ha deciso di cancellare l’evento cogliendo l’occasione per ricordare nuovamente come “restare negli spogliatoi durante l’esecuzione dell’inno nazionale dimostri la stessa mancanza di rispetto verso il Paese che lo scegliere di inginocchiarsi [il gesto reso famoso da Colin Kaepernick e poi adottato da altri giocatori NFL, ndr]”. “Il nostro Paese ci garantisce un sacco di libertà tra cui anche il diritto di alcuni giocatori, se non vogliono farlo, di non recarsi alla Casa Bianca”, rincara la dose James, “e gli Eagles hanno esattamente esercitato questo loro diritto”, gli fa eco Curry. Un invito che alcune squadre — ad esempio le Minnesota Lynx, campionesse WNBA — non hanno neppure avuto il piacere di ricevere. “Roba da ridere — taglia corto LeBron al riguardo — ma il classico caso purtroppo in cui si cerca di ridere per non piangere. Sappiamo tutti quanto lo sport sia importante nel nostro Paese, come strumento capace di unire le persone, intrattenerle e coinvolgerle — che sia una discussione come quelle che facciamo noi ogni giorno da questi podi durante le conferenze stampe o che si svolga invece agli angoli delle strade, nei bar o dal barbiere”.

LeBron: “Crediamo in valori che Trump non rappresenta”

Ed è questa, secondo LeBron James ma anche secondo l’allenatore degli Warriors Steve Kerr la colpa più grave di Trump, e del suo atteggiamento di scontro più volte ostentato e ribadito nelle sue uscite pubbliche: “Penso che il presidente abbia reso più volte palese che il suo intento sia quello di dividerci, tutti, soltanto per inseguire i suoi scopi politici”, attacca Kerr. “Ci sono tantissimi valori in cui noi tutti, come americani, crediamo ma che non vediamo rappresentati in lui — afferma LeBron James — ma temo che finché a occupare la Sala Ovale ci sarà lui le cose non cambieranno”. “Non vediamo l’ora che si possa tornare a celebrare come si è sempre fatto i successi sportivi di squadre, giocatori e cittadini americani che si rendono protagonisti di grandi imprese — conferma Kerr, prima di aggiungere a malincuore — ma ci vorranno ancora tre anni, suppongo…”, facendo un ovvio riferimento alla scadenza del mandato presidenziale e al termine per le prossime elezioni. Tanto la superstar dei Cavs che l’allenatore degli Warriors hanno poi parole specifiche di appoggio e ammirazione per gli Eagles, le ultime vittime nel mirino di Trump: “Credo sia importante che la loro impresa, il loro successo, la vittoria in un Superbowl non venga in nessun modo rovinata da un gesto del genere. L’aver vinto — arriva ad affermare James — è molto più importante che l’essere invitati alla Casa Bianca, soprattutto finché ci sarà lui ad abitarla”. “Ironico — il pensiero finale di coach Kerr — perché ho letto molte testimonianze del lavoro fatto da giocatori e allenatori degli Eagles all’interno della loro comunità: sono stati fantastici tanto in campo quanto fuori, cittadini esemplari, capaci di grandi gesti”.