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NBA Draft 2018: alla scoperta di Michael Porter Jr., il grande mistero del Draft

NBA

Il giocatore di Missouri ha un talento innegabile, ma le condizioni della sua schiena preoccupano e non poco: dopo aver giocato solo 53 minuti in tutta la stagione, negli ultimi giorni ha dovuto cancellare dei provini con le squadre per un problema all'anca. Ciò nonostante, le franchigie in cima al Draft potrebbero comunque scommettere su di lui: scopriamo perché

Avvicinandoci alla notte del Draft, il più grande mistero della parte alta della Lottery è legato al nome di Michael Porter Jr. – e questo era vero ancora prima delle preoccupanti notizie emerse negli ultimi giorni. Come riportato da diversi media statunitensi, il prodotto di Missouri ha cancellato l’allenamento privato previsto per oggi a Chicago davanti ai Sacramento Kings, ai Phoenix Suns e ai New York Knicks per problemi legati all’anca sinistra a e a dolori muscolari. ESPN ha addirittura scritto che Porter Jr. non riusciva neanche ad alzarsi dal letto tanto era il dolore, ma sottoponendosi a una risonanza magnetica non è stato riscontrato nulla di rilevante. Ciò nonostante, il suo agente Mark Bartelstein ha deciso di chiarire la situazione permettendo alle squadre interessate di visitare Porter con i propri allenatori e i propri medici per 15-20 minuti, una decisione quasi senza precedenti nelle settimane di avvicinamento al Draft. Un ulteriore tentativo di rassicurare le squadre interessate dopo che il camp di Porter aveva permesso ai Chicago Bulls di visitarlo e di condividere le informazioni ottenute sulla sua integrità con le altre squadre, valutazioni che hanno portato a una certa dose di ottimismo sulle sue condizioni fisiche attuali e in futuro. Detto questo, di sicuro saltare un workout a meno di una settimana dal Draft per motivi fisici è la peggior notizia possibile per un prospetto sul quale già aleggiano da più di un anno dei dubbi sulla tenuta della sua schiena, che gli ha fatto saltare quasi l’intera stagione di college a Missouri.

Storia personale: talento speciale, ma fragile

Per parlare di Michael Porter Jr. non si può che passare dal suo tormentato anno di college, che comincia già prima delle sue difficoltà con la schiena. Dopo essere uscito dal liceo come uno dei prospetti più interessanti di tutti gli Stati Uniti – forte di un ultimo anno di high school passato agli ordini nientemeno che di Brandon Roy, allenatore di Nathan Hall nell’area di Seattle –, Porter si era inizialmente “promesso” all’università di Washington dove suo padre Michael Porter Sr. lavorava come assistente alle dipendenze di coach Lorenzo Romar. L’addio di quest’ultimo e il passaggio di suo padre all’università di Missouri ha però portato Porter Jr. e suo fratello minore Jontay (anche lui interessante in ottica NBA, ma dal prossimo anno) nello stato natio, dove però l’esordio è stato semplicemente da incubo.

Dopo neanche due minuti di gioco con la maglia dei Tigers, infatti, Porter Jr. si è procurato un grave infortunio alla schiena che ha richiesto la riparazione chirurgica del terzo e del quarto disco intervertebrale, con una diagnosi iniziale che vedeva già finita la sua stagione agonistica. Porter Jr. è poi però riuscito a tornare all’inizio di marzo giocando tre partite a livello del torneo della SEC e al primo turno del Torneo NCAA, uscendo dalla panchina per motivi precauzionali e solo per 53 minuti complessivi. Una scelta che si può leggere in due modi: da una parte Porter Jr. ha voluto dimostrare di essere ritornato in pieno dalla sua operazione, cosa che ha sicuramente incoraggiato le squadre NBA; dall’altra ha mostrato un giocatore comprensibilmente lontano da quello ammirato prima della sua carriera al college, sul quale comunque esistono abbastanza informazioni per farsi un’idea del talento in questione.

Punti forti: mezzi atletici, capacità realizzative, istinti e potenziale

Osservando Michael Porter Jr. per qualche minuto non si può che venir rapiti dal suo profilo fisico, tecnico e atletico. Il prodotto di Missouri è un realizzatore di quasi 2.11 che con il pallone in mano possiede la fluidità di un’ala e il tiro di una guardia, mostrando un punto di rilascio molto alto e un tocco raffinato sia nelle conclusioni piedi per terra che in quelle dal palleggio, forse il punto forte del suo repertorio offensivo. Giocatori del genere, semplicemente, non passano molto spesso e pongono immediati problemi di accoppiamento: come si può fermare un 2.11 in grado di partire in palleggio coast-to-coast con velocità e capacità di conduzione in campo aperto? Porter Jr. ha però buone cose anche nell’attacco a metà campo mostrando un certo senso per i tagli lontano dalla palla (se ha spazio per saltare con due piedi è in grado di giocare sopra il ferro per gli alley-oop) e nel posizionarsi fuori dall’arco per tirare da tre, specialmente in situazioni di pick and pop. Soprattutto, Porter Jr. ha il talento per poter essere un realizzatore a tutto tondo grazie alla capacità di tirare sulla testa di chiunque con grande fiducia nei suoi mezzi – una skill che comunque rimane rara anche nella NBA.

Nella metà campo difensiva ha le sue difficoltà (come vedremo poi), ma ha anche le misure e i mezzi atletici per poter diventare un giocatore in grado di inserirsi nella nuova strategia di cambiare su tutti i blocchi dall’1 al 4, di particolare importanza quando si gioca ai playoff. In difesa Porter Jr. ha mostrato anche una certa capacità di leggere il gioco anticipando le intenzioni degli avversari, ma soprattutto può coprire ampie porzioni di campo grazie alla mobilità e alle misure del suo corpo lunghissimo (anche se l’apertura alare lascia a desiderare: solo 3 centimetri più della sua altezza). Con il giusto lavoro di sviluppo su di lui può rivelarsi quantomeno un difensore adeguato al contesto e non un punto debole da attaccare per gli attaccanti avversari – o almeno questo è ciò che si spera.

Punti deboli: durezza mentale, efficienza offensive, salute e resistenza fisica

Al netto del suo talento innegabile, ci sono molti aspetti del profilo di Porter Jr. che possono giustamente suonare come dei campanelli d’allarme per le squadre interessate. Innanzitutto, per quanto sia avanzato a livello di skill il prodotto di Missouri soffre di quella che The Ringer definisce “la sindrome di Andrew Wiggins”: deve dimostrare di poter avere impatto in campo al di là della capacità di mettere punti a referto. La selezione di tiro lascia tantissimo a desiderare, accontentandosi di conclusioni dalla media distanza facilmente contestabili dalla difesa, anche perché a questo punto del suo sviluppo fa fatica a creare separazione con i difensori avversari – e le cose sono destinate a peggiorare davanti agli atleti perimetrali della NBA dove il suo vantaggio di centimetri può essere facilmente limitato, così come al ferro può essere facilmente contestato dai lunghi per via della scarsa apertura alare. Porter Jr. per certi versi sembra un anacronismo nella NBA moderna: pur essendo altissimo, nel suo cuore rimane un giocatore di isolamenti che tiene molto fermo il pallone e prende la maggior parte delle sue difficili conclusioni dalla media distanza. Inoltre, per poter essere una superstar offensiva deve dimostrare di poter essere anche un playmaker per i compagni (con cui il rapporto non è stato idilliaco al college) oltre che un tiratore – cosa che spesso non si è vista, pur lanciando qualche segnale incoraggiante ai FIBA Americas Under 18 viaggiando a una media di quasi 4 assist per 36 minuti.

I dubbi sul suo fisico poi si trasferiscono anche in campo: Porter Jr. ha la tendenza a “giocare alto” senza piegarsi sulle ginocchia né in difesa (dove viene puntato e battuto dal palleggio troppo facilmente, oltre a non essere reattivo nei cambi di direzione e nei closeout) né in attacco (dove non possiede l’esplosività per battere gli avversari specialmente quando non ha spazio per caricare il salto). La fisicità e la durezza mentale lasciano molto a desiderare: Porter Jr. evita i contatti ed ha poca forza nelle gambe venendo spostato facilmente dagli avversari vicino al canestro, ma oltre a questi problemi (dovuti anche alla schiena?) a livello di mentalità non è certamente un giocatore tenace o duro, come si vede anche dallo scarso impegno difensivo (dove non veniva tenuto responsabile dei suoi errori al liceo con la scusa del carico che doveva sostenere in attacco) o dalla presenza a rimbalzo che va e viene (il che rende difficile pensare a uno sviluppo come 5 per quintetti piccoli e da corsa).

Fit e comparison: potenziale immenso e immense possibilità che non scenda neanche in campo

Oltre a tutti questi difetti tecnici e mentali, bisogna sempre ricordare i suoi preoccupanti problemi alla schiena che sono tornati a far notizia in questi giorni: per un giocatore che deve sostenere uno sviluppo fisico importante per avere successo al livello successivo, aggiungendo chili di massa muscolare per poter giocare stabilmente da 4, avere una schiena reduce da un’operazione chirurgica e soli 53 minuti di college alle spalle è una bella red flag – tanto che viene da chiedersi se potrà reggere il peso di una stagione da 82 partite in cui spesso gli verrà chiesto di mettere punti a tabellone da prima o seconda opzione offensiva.

Ciò nonostante, le squadre in cima alla Lottery sembrano essere estremamente intrigate dal suo profilo, anche perché nei primi workout privati ha tirato estremamente bene da posizioni e situazioni differenti e il talento è effettivamente innegabile. Nei giorni precedenti ai suoi provini cancellati si era addirittura detto che i Sacramento Kings fossero intenzionati a prenderlo alla 2, ma che anche Memphis e Dallas ci stavano seriamente pensando e, se scendesse fino alla 7, di sicuro non verrebbe passato di Chicago Bulls. Per tutti questi motivi Porter Jr. va considerato come la variabile impazzita di questo Draft, il giocatore in grado di intrigare le dirigenze a tal punto da far saltare tutte le previsioni – oppure crollare a picco sotto il peso delle preoccupazioni sulla sua condizione fisica.

In generale, Michael Porter Jr. è un prospetto dal potenziale altissimo ma anche dalle ampie possibilità di non avere mai successo in NBA, sia per motivi tecnici che per motivi fisici. Per questo trovare un paragone con i giocatori attuali è un bel dilemma: se tutte le cose si allineassero per il verso giusto, non è improprio definirlo come un Paul George o un Jayson Tatum più alto (del quale, un anno fa, si scrivevano le stesse cose in termini di selezione di tiro e durezza mentale, poi ampiamente sconfessate dal suo primo anno ai Boston Celtics); nel caso peggiore, invece, il rischio che non possa neanche essere schierato per ampi tratti della sua carriera è purtroppo tutt’altro che remoto. Cercare di prevedere il risultato medio tra i due estremi è la cosa più difficile per qualsiasi dirigenza, ma nel caso di Michael Porter Jr. è anche la più importante in assoluto – perché il delta di possibilità è veramente ampissimo, e proprio per questo risulta come il più grande mistero della classe del Draft 2018.