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NBA, Russell Westbrook, Melo Anthony e Spike Lee nel documentario che racconta il mito delle Air Jordan 1

NBA

Presentato all'ultimo Tribeca Film Festival a New York, l'opera di Dexton Deboree analizza come il primo modello di scarpe indossate da Michael Jordan abbiano finito per assumere un significato che trascende lo sport per influenzare la cultura popolare dei nostri giorni

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La telecamera parte dal viso di un giovanissimo Michael Jordan. Scende lungo tutto il suo corpo e arriva ai piedi. Nel frattempo una voce fuori campo recita: “Il 15 ottobre Nike ha creato una nuova, rivoluzionaria scarpa da basket. Il 15 ottobre la NBA l’ha dichiarata fuori legge”. Le scarpe ai piedi del giovane Jordan vengono coperte da due bande nere. Ma la voce fuori campo tranquillizza: “Fortunatamente la NBA non può impedirvi di indossarla. Air Jordan. Da Nike”. Nasce così – con questo spot del 1985 creato da Chiat/Day (la stressa agenzia responsabile solo un anno prima del leggendario spot per il lancio del primo Mac della Apple, “1984”, ispirato al capolavoro di George Orwell) – il mito delle Air Jordan, le scarpe che oggi diventano soggetto di un documentario – Unbanned: The Legend of AJ1 – firmato da Dexton Deboree e presentato in anteprima all’ultimo Tribeca Film Festival di New York. Il famoso divieto imposto dalla lega – che minacciò multe a Jordan e ai Bulls per ogni partita disputata dal n°23 con le nuove scarpe ai piedi – nasce dall’allora dress code NBA, che imponeva che le scarpe fossero unicamente bianche o nere per tutti, un segno di unità all’interno di ogni squadra, senza permettere a nessun singolo giocatore di spiccare con trovate o colori originali. Le Air Jordan 1, invece, erano rosse e nere, e per questo furono da subito sulla bocca di tutti, imponendosi come una rottura rivoluzionaria con il passato. Oggi che da quelle prime scarpe è addirittura originato un brand (Jordan Brand) che nato sotto l’ombrello Nike è il terzo per fatturato negli Stati Uniti dietro alla casa madre e al colosso europeo adidas, Deboree ha scelto di tornare alle origini e scoprire i segreti di un paio di scarpe “che ho scoperto essere molto di più che semplice scarpe ma avere un proprio spirito, un proprio destino”, dice il regista. “Sono diventato ossessionato dalla convinzione che queste scarpe abbiano un significato molto più profondo di quanto si possa pensare, altrimenti non si spiegherebbe quel culto religioso che trascende generi, razze, età e paesi sviluppatosi negli anni”. Per Deboree le Air Jordan sono diventate “simbolo di un significato che connette le persone in un modo così profondo da assumere a uno status quasi sacro”.

Tutti d’accordo, da Spike Lee a Chuck D: le AJ1 sono un fenomeno culturale

Non è l’unico a pensarla così, perché milioni di ragazzini in tutto il mondo hanno decretato negli anni il successo di ogni modello di scarpe indossato da MJ – con fenomeni che vanno dalle file interminabili nei negozi all’uscita delle nuove release fino agli episodi di cronaca nera di ragazzi assaliti e derubati delle proprie scarpe – e perché oggi (grazie anche alla spinta di marketing dell’azienda di Beaverton e ai successi in campo dei Bulls di MJ) le Air Jordan sono considerate un fenomeno di costume che ha cambiato il mondo del basket, influenzato una rivoluzione sociale accompagnando l’affermazione globale della cultura hip-hop e dato il via a quella realtà conosciuta come sneaker culture, che ha generato tra appassionati e collezionisti un mercato di milioni e milioni di dollari. A fornire la propria testimonianza nel documentario realizzato da Deboree (e prodotto da Los York Entertainment) ci sono grandi nomi del mondo NBA – a partire da Jordan stesso, per arrivare a due testimonial eccellenti di Jordan Brand come Russell Westbrook e Carmelo Anthony – ma anche personaggi di primo piano provenienti da universi paralleli a quello sportivo, come quelli dell’industria musicale (Chuck D, DJ Khaled) e cinematografica (Spike Lee, che ha firmato in prima persona il celebre spot “It’s gotta be the shoes” con MJ, e l’attore feticcio di Ryan Coogler Michael B. Jordan, visto in Fruivale Station, Creed e Black Panther, dopo essersi fatto un nome nella leggendaria serie tv The Wire). In novanta minuti che uniscono testimonianze dirette a filmati d’archivio, il mito delle AJ1 – e con sé anche quello del n°23 di Chicago – viene celebrato come mai prima, in un momento storico in cui in realtà ci si chiede da più parti se il proprio impatto sulla cultura popolare sia arrivato oggi al capolinea: “Come possiamo continuare a mantener il brand Jordan rivelante tra i consumatori di oggi?”, si chiede Larry Miller, presidente di Jordan Brand. “Più i ricordi di Michael in campo si allontanano dalla memoria di tutti, più questa impresa è difficile”, ammette. Ma documentari come Unbanned – The Legend of AJ1 aiutano a non dimenticare.