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NBA, da Derrick Rose a Fred VanVleet, tutte le altre firme del primo giorno di free agency

NBA

A farla da padrone sono stati i grandi nomi - da Chris Paul a Kevin Durant, da Paul George a DeAndre Jordan - ma all'ombra di queste firme tutta una serie di giocatori importanti ha deciso il proprio futuro nelle prime 24 ore di free agency

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Derrick Rose, Minnesota Timberwolves

L’ex MVP NBA (nel 2011 in maglia Bulls, il più giovane MVP di sempre, allenato in panchina da coach Thibodeau) continua la sua avventura nel Minnesota. L’accordo è per un solo anno, a 2.393.000 dollari e si spiega principalmente con due motivazioni: la prima riguarda proprio l’attuale allenatore e presidente delle basketball operations dei T’Wolves, lo stesso Thibodeau in panchina a Chicago (“Ci è piaciuto il modo in cui si è inserito nel nostro gruppo – le sue parole – e pensiamo abbia giocato molto bene nei playoff, da sempre una sua carattestica. Il nostro obiettivo è quello di avere in squadra più giocatori forti possibile”); la seconda si trova nelle parole dello stesso allenatore, e rimandano proprio al rendimento di Rose nei playoff: dopo aver disputato solo 9 partite in stagione regolare con i T’Wolves, con 5.8 punti in 12.4 minuti di media, nelle 5 gare di postseason contro i Rockets Rose ha chiuso con 14.2 punti e 2.6 assist di media in quasi 24 minuti. Abbastanza da fargli guadagnare un rinnovo annuale.

Ersan Ilyasova, Milwaukee Bucks

Bentornato Ersan! A Milwaukee lo conoscono bene, lo hanno scelto nel 2005 con la n°36 e lo hanno avuto in squadra per i primi 7 anni della sua carriera NBA (intervallati ad apparizioni in Europa). Ora il ritorno, che sancisce anche una seconda reunion, quella con coach Mike Budenholzer, che ha allenato Ilyasova prima nella stagione 2016-17 e poi ancora all’inizio della scorsa annata, sempre ad Atlanta (prima che il giocatore turco venisse ceduto per la seconda parte della stagione e i playoff a Philadelphia). Il nuovo contratto è triennale (con il terzo anno però non garantito) per un totale di 21 milioni di dollari. La firma dell’ala 31enne getta più di un dubbio sulla volontà della dirigenza dei Bucks di confermare a roster anche Jabari Parker, per cui la squadra può pareggiare ogni offerta che riceve ma che, così facendo, finirebbe per aumentare ancora la luxury tax che già si è condannata a pagare, visto che con il contratto dato a Ilyasova Milwaukee raggiunge un monte salari vicinissimo ai 130 milioni, quando è fissata a 123.733.000 la soglia della tassa di lusso.

Rudy Gay, San Antonio Spurs

In nero-argento ancora per un anno, ma con un aumento di stipendio. Con la rinuncia annunciata settimana scorsa al suo ultimo anno di contratto (che lo avrebbe pagato 8.8 milioni di dollari), Rudy Gay è tornato temporaneamente sul mercato per non far altro che rinegoziare al rialzo il suo accordo con gli Spurs. Missione compiuta: il contratto annuale spuntato alla franchigia texana lo pagherà 10 milioni di dollari, con un guadagno di 1.2 milioni: “Dopo la scorsa stagione non è stato difficile scegliere di tornare con questo gruppo e lottare per il titolo”. In 57 partite con gli Spurs Gay ha tenuto medie di 11.5 punti e 5.1 rimbalzi, sufficienti a convincere R.C. Buford e Gregg Popovich a volerlo ancora in squadra e concedergli anche un leggero aumento. 

Aaron Baynes, Boston Celtics

“Sono rimasto dove avrei voluto restare”, ha scritto su Twitter il lungo dei Celtics. “La scorsa stagione non ha fatto altro che aggiungere benzina al fuoco: sanguino verde, banner 18”, il messaggio con cui il centro australiano professa fedeltà alla magia di Boston, e lancia l’inseguimento al titolo n°18 nella storia della franchigia. La firma sull’1+1 (primo anno garantito, secondo opzione in mano al giocatore) porta nelle tasche di Baynes 11 milioni di dollari, guadagnati soprattutto per il suo contributo difensivo (i Celtics hanno avuto la miglior difesa NBA) ma anche per gli incroci tattici che con lui in campo hanno permesso ad Al Horford di giocare da 4. Baynes, conosciuto per le sue doti di muscolare, dopo aver segnato un totale di 4 canestri da tre nelle sue prime sei stagioni NBA, ha chiuso con 11/19 dall’arco nei playoff, dimostrando di poter ancora migliorare e aggiungere nuove dimensioni al suo gioco. “Baynes ci ha dato tutto quello che avremmo potuto chiedergli e anche di più – le parole di coach Brad Stevens – comportandosi da vero leader in un gruppo giovane come il nostro”.

Ed Davis e Joe Harris, Brooklyn Nets

Il doppio colpo dei Nets nelle prime 24 ore di free agency vede una conferma e un nuovo arrivo: se la priorità estiva a Brooklyn era quella di convincere Joe Harris a restare in squadra, un contratto biennale da 16 milioni di dollari complessivi è riuscito nell’intento. Quasi 11 punti a partita sfiorando il 42% da tre punti, Harris ha sfruttato al meglio la sua seconda annata in maglia Nets per rilanciare le proprie quotazioni sul mercato: i Pacers sembravano interessati alla guardia e così Brooklyn ha dovuto in pratica investire tutte le risorse a disposizione (un massimo di 8.8 milioni di dollari annui) per vederlo tornare in squadra a ottobre. Ai Portland Trail Blazers invece i Nets strappano Ed Davis, con un contratto annuale di 4.4 milioni di dollari: porta esperienza, centimetri e chili in una frontline che deve lanciare il giovane Jarrett Allen (di cui Davis diventa automaticamente chioccia e mentore) ma che troppo spesso è andata sotto contro i lunghi avversari durante l’ultima stagione. Poco più di 5 punti di media ma 7.4 rimbalzi, il contributo di Davis era considerato comunque prezioso all’interno dello spogliatoio dei Blazers, come dimostrato dai tweet dei due leader dello spogliatoio a Portland, Damian Lillard (un cuore spezzato) e C.J. McCollum ("Abbiamo perso un giocatore vero"). 

Fred VanVleet, Toronto Raptors

Una stagione che lo ha visto chiudere al terzo posto (dietro a Lou Williams ed Eric Gordon) nella classifica de premio di sesto uomo dell’anno è valsa a Fred VanVleet il rinnovo – biennale, per un totale di 18 milioni di dollari – con i Toronto Raptors, un aumento sicuramente considerevole rispetto al milione e trecento mila dollari con cui era a libri la passata stagione. Se le sue semplici cifre – 8.6 punti a sera con 3.2 assist – possono non impressionare, il ruolo della point guard 24enne è stato spesso fondamentale tanto nel guidare la second unit (la migliore della NBA) dei canadesi quanto nel dare preziosi minuti di riposo sia a Kyle Lowry che a DeMar DeRozan.

Doug McDermott, Indiana Pacers

Un ultimo campionato trascorso indossando due maglie, quella dei Knicks all’inizio, quella dei Mavs nella seconda parte, e cifre che lo hanno visto chiudere vicino agli 8 punti a sera, con 2.5 rimbalzi in poco più di 20 minuti di campo. La sua forza è ovviamente il tiro da fuori – oltre il 40% in carriera – ed è per quello che lo hanno cercato e voluto i Pacers: sfumato il primo obiettivo (Will Barton, che ha scelto di rinnovare con Denver) nell’Indiana hanno però dovuto forse strapagarlo: non sono pochi infatti i 22 milioni di dollari destinati al tiratore ex Creighton per i prossimi tre anni.

Omri Casspi, Memphis Grizzlies

Nonostante il taglio subìto da parte di Golden State prima degli ultimi playoff, Omri Casspi riceverà comunque il suo anello, guadagnato con le 53 apparizioni in maglia Warriors che lo hanno visto produrre meno di 6 punti a sera ma con un interessante 45.5% dall’arco. Da campione NBA approda a Memphis, la sua settima squadra NBA in 10 anni, con un contratto annuale i cui termini economici non sono stati comunicati.

Gerald Green, Houston Rockets

Rinnovato al massimo contrattuale Chris Paul ma incassato l’addio di Trevor Ariza, gli Houston Rockets sono riusciti a blindare un altro giocatore importante della loro rotazione, quel Gerald Green arrivato in squadra solo a fine dicembre ma capace di ritagliarsi un ruolo importante, soprattutto offensivamente, nella corsa della squadra texana verso la finale di conference. Oltre 12 punti di media con quasi il 37% al tiro da tre punti hanno permesso a Green di meritarsi un rinnovo annuale per 2.4 milioni di dollari, al minimo salariale cioè per un veterano della sua esperienza (a ottobre inizierà la sua 12^ stagione NBA).

Nik Stauskas, Portland Trail Blazers

A rinforzare una panchina che ha perso Ed Davis e che potrebbe veder partire anche Pat Connaughton e Shabazz Napier (entrambi unrestricted free agent) ecco arrivare in Oregon dai Brooklyn Nets l’ex tiratore di Michigan University che in NBA ha sempre fatto fatica a ritrovare la mano magica esibita ai tempi del college. Per lui a Portland una nuova opportunità, grazie a un accordo annuale per il minimo salariale, attorno al milione e seicentomila dollari. Selezionato al Draft 2014 con la n°8 da Sacramento, Stauskas ha avuto la sua miglior stagione in maglia Sixers nel 2016-17 prima di disputare 35 gare in maglia Nets la passata stagione.

Glenn Robinson III, Detroit Pistons

Il momento di massima popolarità durante la sua carriera NBA (4 stagioni, la prima trascorsa tra Minnesota e Philadelphia, le ultime tre a Indiana) è arrivato all’All-Star Saturday disputato nel 2017 a New Orleans, dove si è aggiudicato la gara delle schiacciate. Un infortunio ai legamenti della sua caviglia sinistra lo ha messo fuori uso per gran parte dell’ultima stagione in maglia Pacers, limitata a 23 apparizioni chiuse appena sopra i 4 punti a partita. Detroit investe sul suo talento con un contratto biennale che però vede la squadra detenere un’opzione per il secondo anno: 8.3 milioni di dollari l’investimento complessivo della franchigia del Michigan, stato dove Robinson III ha recitato da star al college con la maglia dei Wolverines.