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NBA, Houston Rockets: Gary Clark, il rookie che si è preso i minuti di Carmelo Anthony

NBA

A Houston si è liberato spazio in rotazione dopo l'addio prematuro del n°7 dei Rockets e il rookie "non scelto da nessuno" si è ritrovato così sul parquet per 20 minuti a partita. L'esperimento sta funzionando e nessuno ha intenzione di smettere di provarci

HARDEN-GORDON FANNO 90: 2° POSTO DIETRO KOBE (CHE FA PER DUE)

HARDEN SHOW (54 PUNTI), MA A VINCERE È WASHINGTON

Il 24esimo compleanno per Gary Clark è stato inevitabilmente diverso dagli altri. Non tanto e non solo per il ruolo che è riuscito a ritagliarsi nell’ultimo mese all’interno della rotazione dei Rockets, ma anche perché ad attenderlo lo scorso 16 novembre di fronte la palestra d’allenamento a Houston c’era un regalo molto particolare: una Mercedes GLE (prezzo di listino, dagli 80mila dollari in su), arrivata lì grazie all’intercessione di Chris Paul. “CP3 mi ha aiutato a prendere un’auto, ha parlato con chi di dovere e si è occupato lui di tutta la logistica. Sapeva che ne stavo cercando una e mi ha fatto una sorpresa, parlando direttamente con il mio agente. È stato un grande regalo. Non so come, quando e se dovrò pagarla, al momento mi hanno solo chiesto di continuare a restare concentrato sul gioco e sul campo”. Per ora le sue finanze restano precarie (385mila dollari sono assicurati dal suo two-way contract), ma visto il ruolo che si sta ritagliando sul parquet non è difficile immaginare che a breve i Rockets – scaduti i 45 giorni di utilizzo dell'accordo che gli permette di dividersi tra professionisti e G-League - saranno costretti a metterlo sotto contratto, firmandolo per il resto della stagione. Un’evenienza sulla quale avrebbero scommesso in pochissimi soltanto un mese fa: “Sono abituato ad ascoltare chiacchiere di questo genere tutto il tempo. In molti hanno pensato a lungo che non potessi giocare in NBA. Il discorso che mi sono sentito ripetere più volte è stato: “Il ragazzo è troppo piccolo, non è abbastanza lungo, non ha la forza fisica per reggere. Non può tirare in un contesto pieno di super atleti, per quello non è in grado di reggere in NBA”. Quelle sono le stesse persone che da qualche settimana ripetono: “Oh, il ragazzo è solido. Si è trovato nella giusta situazione nel momento ideale”. Ma io so che non dipende solo da quello”.

Dopo Anthony meglio affidarsi a un "normalizzatore"

Il giocatore uscito da Cincinnati e che non è stato scelto da nessuno all’ultimo Draft, ha trovato a Houston l’opportunità che stava aspettando da anni. Merito suo quello di averla saputa sfruttare: “Adesso tutti provano a darmi un minimo di credito, ma alla fine di tutto i miei amici e la mia famiglia mi hanno sempre coperto le spalle. Dentro di me poi ho sempre saputo che sarei stato in grado di conquistare i miei minuti in questa Lega”. Non fosse scoppiato il caso Carmelo Anthony, nessuno si sarebbe mai sognato di lasciarlo in campo così a lungo, ma Clark in questo claudicante avvio dei texani sembra funzionare. A guardare il Net Rating dopo queste 19 partite, il rookie n°6 è secondo soltanto a P.J. Tucker ed Eric Gordon (il suo è +1.4 di differenziale), ben al di sopra di tutti gli altri. Più di 17 minuti di media di utilizzo in 18 delle prime 19 gare, con i minuti lasciati vuoti da Anthony che sono stati riempiti da lui all'inizio in via provvisoria. Poi, con il passare dei match, la cosa ha preso sempre più consistenza. “Gary Clark è un giocatore fatto e finito – conferma coach D’Antoni – la sua capacità difensiva, quella di andare a rimbalzo, l’intelligenza, la qualità nel tirare. Ripeto, può tranquillamente restare in campo”. Un mantra ripetuto quasi per auto-convincersi del fatto che anche con lui le cose possono funzionare, dopo che per tre settimane tutto quello che poteva andare storto non ha esitato a farlo. “Abbiamo provato a far entrare un piolo quadrato in un buco rotondo”, il messaggio dell’allenatore dei Rockets dopo il polemico addio a Carmelo. Un po’ di normalità con Clark a questo punto non guasta.

Un uomo squadra, l'esatto opposto rispetto a Carmelo

Anthony in fondo era un grande realizzatore che voleva in mano il pallone, preferendo il gioco in isolamento e dimenticandosi di difendere. Non esattamente il sostituto ideale dopo le partenze estive di Trevor Ariza e Luc Mbah a Moute. Clark invece assomiglia molto di più a loro, uno specialista a protezione del ferro in grado all’occorrenza di segnare da lontano (nonostante il 29.5% dall’arco raccolto finora). “È davanti gli occhi di tutti, dalla sua capacità di stoppare tiri a quella di correre in contropiede e volare a rimbalzo d’attacco – sottolinea James Harden, un’investitura impensabile soltanto qualche settimana fa – il modo in cui gioca e la sua predisposizione fanno la differenza. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno”. Il suo è uno dei migliori rating difensivi di una squadra che non fa della protezione del ferro il suo fiore all’occhiello. “Provo soltanto a tenere chiunque il più lontano possibile dal canestro”, anche contro avversari ben più corazzati di lui come Steven Adams (la sua stoppata sul neozelandese è diventata in poco tempo una delle GIF più utilizzate dai tifosi Rockets). Un giocatore al servizio degli altri: “Quando si tratta di vincere, non mi interessa fare altro che quello che serve alla squadra. Non voglio sempre segnare, non mi preoccuperò mai di quanti punti ho messo a segno. Ma mi troverete sempre impegnato a caccia di una palla rubata, di un rimbalzo, di una stoppata, in pressione su un avversario che sta per tirare. Tutto ciò che mi preoccupa è vincere”. Sì, l'antitesi rispetto a Carmelo Anthony (l’avevamo già detto?).

Manca "solo" continuità nel tiro dalla lunga distanza

Dopo essere stato votato come miglior difensore dell’anno in due dei quattro anni che ha trascorso al college, nessuno ha pensato di chiamare il suo nome lo scorso giugno. Colpa dell’età avanzata (24 anni non sono pochi per un giocatore senza esperienza tra i professionisti) e degli infortuni alle caviglie che ne hanno rallentato un paio di annate: “So bene quale fosse l’idea che è passata nella testa di molti. Ma appena è finito il Draft ho subito iniziato a pensare a quali fossero gli aspetti su cui lavorare per fargli rimangiare quella scelta. Fino a quando il mio cuore continuerà a battere, spingerò sempre al massimo provando a migliorarmi”. Motivazioni che dovranno dargli l'opportunità di trovare continuità al tiro e compiere così l’ultimo passo per diventare cruciale nel gioco dei Rockets, come confermato anche da Harden: “È già molto solido su entrambi i lati del campo, sempre pronto a prendersi un tiro quando serve. Nelle prime due partite era chiaramente molto nervoso ogni volta che toccava il pallone, ma poi gli ho detto che esitare sarebbe stato il più grave errore che poteva commettere. Adesso è sotto gli occhi di tutti la sua capacità di credere in quello che fa”. Stando alle analytics tanto care a Daryl Morey, Clark appare come il perfetto sostituto di Ariza; almeno quella è stata la ragione che ha spinto i Rockets a invitarlo alla Summer League dopo aver scelto altro con la chiamata n°46 al Draft. “Ci mette il cuore, e questo per ora basta”, chiosa coach D’Antoni. “Attraverserà sicuramente i suoi momenti difficili, come tutti i rookie. Sarà un continuo sali-scendi di emozioni per lui, ma merita fiducia”. Chi lo avrebbe mai detto, quattro settimane fa?