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NBA, Joakim Noah confessa: “A New York mi divertivo troppo a fare festa”

NBA

Il lungo francese ha raccontato in un’intervista le ragioni del fallimento della sua avventura con i Knicks: “Sono una persona che ama fare serata, non ero pronto per una città viva come New York. A Chicago ero più giovane e riuscivo a recuperare più in fretta”

MIAMI BATTE MEMPHIS A DOMICILIO

Lasciata la pessima (e remunerativa) parentesi dei Knicks alle spalle, Joakim Noah sembra aver ritrovato un minimo di slancio in quel di Memphis, comprimario che regge con dignità i suoi 15 minuti d’utilizzo sul parquet. Un’esperienza che ormai fa parte del passato e di cui poter fare un’analisi onesta, senza peli sulla lingua, come accaduto durante l’intervista rilasciata al “The Chris Vernon Show”. “Cosa è andato storto con i Knicks?”, gli hanno chiesto, ottenendo una risposta fin troppo onesta e dettagliata: “Non credo sia stata solo “una” cosa a essere andata storta, ce ne sono state un bel po’ che non sono andate per il verso giusto. Non sono qui per puntare il dito contro qualcuno o dire di chi è stata la colpa. Semplicemente, la situazione non ha funzionato. Posso guardarmi indietro e dire con convinzione che pensavo di essere pronto per affrontare una città come New York City, ma non era così. Ed è qualcosa con cui a livello cestistico ho dovuto convivere a lungo”. Colpa della pressione, dell’essere tornato a casa? “Non è stato solo quello. Mi ricordo che dopo la mia prima gara in maglia Knicks ci saranno state non meno di 60 persone che sono venute a casa mia. Mi piace troppo far serata, mi piace troppo fare festa per stare in una città come New York”, racconta senza riuscire a trattenere una risata. “Memphis invece è perfetta per me”. E a Chicago com’era la situazione? “Anche lì ero lo stesso tipo di persona, con quell’atteggiamento, ma ero più giovane e quindi riuscivo a recuperare molto più velocemente, capisci? A quell’età non lo senti”. Un discorso particolare (per non dire altro) per un professionista, per uno che non troppi anni prima era arrivato quarto nella corsa al premio di MVP della stagione. Un All-Star per cui spendere decine di milioni di dollari e che invece si è lasciato trascinare dalla movida newyorchese.

Non solo colpa degli infortuni, quindi

Chissà cosa avranno pensato in casa Knicks ascoltando quelle dichiarazioni, mentre Noah continuava a raccontare nel dettaglio: “A New York tutto è precipitato troppo in fretta: sono passato dall’essere in campo 30-35 a partita con i Bulls al fermarmi a causa degli infortuni. Poi è arrivato il maxi-contratto con i Knicks e tutto quello che ci siamo detti. Mi sono ritrovato fuori dalla rotazione, fino a quando non mi hanno cacciato del tutto. È stata una spirale folle e non ero neanche sicuro di poter avere una nuova opportunità per tornare in campo”. Noah invece è riuscito a strappare un contratto da veterano da 1.73 milioni di dollari ai Grizzlies, con cui in cinque partite ha giocato 16 minuti di media raccogliendo sei punti e quattro rimbalzi di media. Alla sua età non è più costretto a ricoprire il ruolo di leader della squadra e magari, lontano dalle distrazioni, potrà in parte riabilitare il suo nome senza cadere più in tentazione: “Non voglio ritrovarmi fuori di nuovo, non deve succedermi quello che ho già vissuto a New York”. Meglio non dirlo ai Knicks, felici il giusto di aver letto parole del genere.