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NBA, New York Knicks in vendita? Il proprietario Dolan fissa il prezzo: più di 5 miliardi

NBA

In una lunga intervista con ESPN, il proprietario dei New York Knicks ha aperto per la prima volta alla cessione della franchigia: "Finora nessuno si è fatto avanti per davvero e io non voglio vendere, ma ho il dovere di ascoltare tutte le proposte". Il prezzo minimo sarebbe di 5 miliardi di dollari, ma si potrebbe anche arrivare a 6/7

Non capita spesso che il proprietario dei New York Knicks parli pubblicamente, perciò ogni volta che lo fa finisce per fare notizia – anche perché di cose da dire sulla franchigia ce ne sono parecchie. In una lunghissima intervista su ESPN il numero 1 di Madison Square Garden, l’azienda che detiene il controllo dei Knicks, dei Rangers di NHL, delle Liberty di WNBA e dell’arena più famosa del mondo che le dà il nome, ha aperto per la prima volta alla possibilità che il fiore all’occhiello dell’azienda, i New York Knicks, vengano venduti. Dolan ha candidamente messo in vendita la squadra di WNBA ammettendo di non riuscire a portare la gente a vederla, ma ha anche detto che ci sono state alcune conversazioni iniziali per vendere i Knicks. Dolan le ha definite come "feelers", un tentativo di sondare il terreno più che una vera e propria offerta, ma il limite minimo sotto al quale non si comincia neanche a discutere è stato fissato: 5 miliardi di dollari. "Si sentono un sacco di numeri in giro" ha detto Dolan. "Ma oltre a qualche tentativo sporadico, nessuno si è ancora fatto avanti. Quello però è solo il prezzo delle azioni: sono importanti solo se vuoi vendere o comprare". Come a dire: io vi ascolto, ma dovrete farvi avanti con offerte superiori a quella cifra.

Il prezzo dei Knicks: oltre tre volte quanto pagato per i Brooklyn Nets

Dolan durante l’intervista ha detto di "amare i Knicks e i Rangers", ma anche di "avere una responsabilità nei confronti degli azionisti", e che "uno nella mia posizione deve essere aperto e trasparente, perciò non potrei mai dire che non considererò la possibilità di vendere i Knicks. La mia famiglia ha la maggioranza delle azioni e quindi io, come azionista di maggioranza, ho l’ultima parola sulla vendita. E non voglio vendere. Ma come capo di un’azienda pubblica hai il dovere di impedire alle tue sensazioni personali di diventare più importanti dei soldi degli azionisti. Altrimenti nessuno investirà più su di te". Insomma, un bel giro di parole per far capire che i Knicks sono sul mercato, ma anche che non costeranno poco: lo scorso anno Forbes ha stimato il loro valore in 3.6 miliardi di dollari, il più alto di tutta la NBA, ma il prezzo finisce quasi per raddoppiare quando una franchigia viene effettivamente venduta. Per questo non è impensabile che, nell’eventualità in cui i Knicks vengano venduti, il prezzo si avvicini ai 6/7 miliardi di dollari, quasi tre volte la valutazione data da Joseph Tsai per acquisire i vicini di casa dei Brooklyn Nets (2.35 miliardi), che già rappresentava un record per la NBA. E nonostante sia un prezzo altissimo, c’è da scommettere che i miliardari in giro per il mondo avranno grande interesse a inserirsi in un business in espansione come quello della NBA, dal quale il 63enne Dolan vorrebbe defilarsi in fretta.

Dolan su Phil Jackson: "Il problema andava oltre il Triangolo"

Dolan – proprietario della squadra dal 1999, anno dell’ultimo viaggio alle Finals – negli ultimi anni ha avuto sempre meno influenza sulla squadra, lasciando che fossero Phil Jackson prima e Steve Mills e Scott Perry a gestire l’andamento della squadra. Nel corso dell’intervista Dolan ha anche parlato di quanto successo con "Coach Zen", assunto nel 2014 per prendere il controllo della franchigia ma salutato dopo tre anni di insuccessi. "Quando abbiamo portato qui Phil la grande domanda era: ‘Tu ne rimarrai fuori?’. Ho promesso di farlo e così ho fatto, rimanendone fuori" ha dichiarato il proprietario, che a suo dire ha lasciato il controllo della franchigia a Jackson defilandosi sullo sfondo. "È stato solo alla fine che ho dovuto prendere una decisione perché chiaramente non stava funzionando. E anche Phil lo sapeva. Forse sperava che io resistessi di più, ma non l’ho fatto. Il problema però andava oltre al Triangolo: era più una questione di filosofia, senza riuscire a fare in modo che il gruppo la accettasse. Penso che molta gente gli dicesse di 'sì', ma poi dietro le spalle pensassero 'Non è una grande idea', ed è entrato in conflitto con alcuni giocatori [Carmelo Anthony, ndr]. Ha cercato in tutti i modi di imporre il suo sistema, ma non ci è mai realmente riuscito".