I 43 punti contro gli Utah Jazz sono solo l'ultimo episodio di un dicembre da incorniciare per Paul George, al suo massimo in carriera in quasi tutte le voci statistiche. E con i Thunder al primo posto insieme a Nuggets e Warriors, la sua candidatura al premio di MVP sale di quotazioni
La partita sul campo degli Utah Jazz era ben segnata sul calendario di Paul George: “Lo dovevo a me stesso e a questa squadra. Non mi è piaciuto il modo in cui ho finito in questa arena l’ultima volta che sono stato qui. E ho continuato a pensarci arrivando qui”. Già, come era finita? Con l’eliminazione dei suoi Oklahoma City Thunder in gara-6 del primo turno di playoff, e con Paul George che finisce la sua prima stagione con un terribile 2/16 dal campo. Si pensava che quella potesse anche essere l’ultima partita di George con la maglia dei Thunder, vista la sua imminente free agency, e invece PG13 ha sorpreso tutti — non solo rifirmando subito con OKC, ma facendolo senza neanche ascoltare le proposte delle altre squadre, neanche quei Los Angeles Lakers che di lì a poco avrebbero messo sotto contratto LeBron James. Una scelta per certi versi controversa, ma evidentemente George sapeva quel che faceva e sentiva che il lavoro al fianco di Russell Westbrook non era ancora finito. E in questo mese di dicembre lo sta dimostrando alla grande.
Una stagione (e un mese) da MVP
La partita di stanotte è stato solo l’ultimo episodio di una stagione eccezionale da parte di Paul George, che ha trascinato i Thunder al primo posto (condiviso con Denver e Golden State) della Western Conference dopo una partenza da quattro sconfitte consecutive. Per riuscirci ha alzato ulteriormente il suo livello, toccando medie che non ha mai raggiunto in carriera: su base stagionale George sta ritoccando i suoi massimi per punti (26.1), canestri e tentativi dal campo (8.9/19.7), triple e tentativi (3.4 su 8.8), rimbalzi (8.1), assist (4.5), recuperi (2.2), stoppate (0.7) e plus-minus (+8.7), senza giocare più minuti o commettendo più palle perse rispetto al passato. Ancora meglio, nel mese di dicembre sembra aver innescato una marcia in più: nelle dieci gare disputate finora (di cui sette vinte) le medie di PG salgono a 31.4 punti, 9 rimbalzi e 4.8 assist con il 52.5% dal campo, il 45.3% da tre su 8.6 tentativi e l’84% ai liberi su 7.5 tentativi, con +12.1 di plus-minus. Cifre che solamente l’incredibile James Harden di questo scorcio di stagione riesce a migliorare, anche se il Barba da parte sua ha una sconfitta in più di squadra (quattro contro tre) e una posizione in classifica decisamente peggiore rispetto a George, che guarda quasi tutti dall’alto in basso nella conference.
La stagione difficile al tiro di Russell Westbrook
Cifre del genere ti introducono quasi automaticamente nella conversazione per il premio di MVP, alla quale George con le ultime prestazioni —tre volte sopra quota 40 di cui le ultime due consecutive, altre tre volte sopra quota 30 e solo due sotto i 20 — ha iscritto il suo nome al fianco di quelli di LeBron James, Steph Curry, Kawhi Leonard, Giannis Antetokounmpo, Joel Embiid, James Harden e Kevin Durant, almeno stando ai nostri colleghi americani di NBA.com. Nell’ultima partita di stanotte contro Utah ne ha dato un altro assaggio: George è stato decisivo nel parziale di 23-2 che ha ribaltato la sfida nel terzo quarto, frazione nella quale ha battuto da solo tutti gli avversari per 22-20. I suoi 43 punti a cui ha aggiunto 14 rimbalzi e 6 assist hanno sopperito a un Russell Westbrook da 8 punti e 6 palle perse con un tremendo 3/17 dal tiro, un trend che va avanti da quando l’MVP del 2017 è rientrato dall’infortunio alla caviglia. Nonostante Westbrook sia in ritmo per chiudere in tripla doppia di media per il terzo anno consecutivo (20.1 punti, 10.8 rimbalzi e 10.3 assist a partita), il numero 0 sta facendo enorme fatica con le percentuali, tirando male sia dal campo (42.3%, peggior dato dal 2009-10), che da tre (23.6% su quasi 5 tentativi) e incomprensibilmente anche ai liberi (61% scarso lui che in carriera ha oltre l’80%).
La difesa di Russ e la rivalità con gli Utah Jazz
Nonostante ciò, Westbrook è comunque riuscito a dare il suo contributo al record di 11-5 nelle ultime 16 gare avendo impatto in tanti aspetti diversi del gioco, ad esempio la giocata difensiva che ha mandato in lunetta Donovan Mitchell stanotte sul possesso decisivo della gara, salvando George che era stato battuto dal palleggio. Non a caso PG13 ha sottolineato i meriti del compagno definendola "la giocata chiave della partita" e difendendolo a spada tratta nel post gara: "L’attacco non determina un giocatore del calibro di Russ. A chi interessa se fa fatica e i tiri non gli entrano? Ha impatto sulla gara con mille giocate diverse, è un giocatore vincente: si butta sulle palle vaganti, va sopra il ferro, sfida i centri avversari quando va a schiacciare. Fa tutto per questa squadra. Il nostro ruolo è semplice: dobbiamo aiutarlo, rimboccarci le maniche e farci trovare pronti quando ha bisogno di noi". Lui di sicuro ha risposto presente, anche perché aveva un conto in sospeso con Joe Ingles e con il pubblico della Vivint Smart Home Arena sin dallo scorso anno, regalando loro diverse paroline mentre seppelliva i Jazz sotto 43 punti. "No, è solo questo edificio che mi ispira…" ha detto con un sorriso.