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NBA, Kareem Abdul-Jabbar incorona LeBron James: "È un eroe dei nostri tempi"

NBA

In un lungo articolo per Newsweek, il cinque volte campione NBA ha elogiato il 23 dei Los Angeles Lakers per la sua carriera in campo e il suo impegno sociale al di fuori di esso. "Il suo modo di comportarsi ispira le persone a migliorare". Non gli è stata risparmiata però qualche critica, specie sul dibattito su chi sia il migliore di sempre

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Ogni volta che parla o scrive Kareem Abdul-Jabbar, conviene prestare attenzione — perché le opinioni che esprime sono sempre approfondite, pensate e interessanti. Per questo il suo articolo apparso sulla copertina di Newsweek è di particolare interesse, anche perché l’argomento è nientemeno che LeBron James. Già dal titolo si può intuire il senso del discorso di Jabbar: “LeBron James è più grande del dibattito ‘The GOAT’, è un eroe dei nostri tempi”. Un incoronazione in piena regola per un giocatore che nel pezzo viene definito come “l’eroe di pallacanestro più prominente di questa generazione”, che si è guadagnato lo status di icona “in anni e anni in cui ha macinato vittorie su base giornaliera” e che, nonostante la grande concorrenza di gente più giovane di lui come Steph Curry e Kevin Durant, “per ora viene considerato da molti come il migliore nella NBA”. Eppure, nonostante un pezzo che vuole essere di celebrazione di un personaggio generazionale come James, non manca qualche reprimenda da parte di Jabbar, che non manca di sottolineare come LeBron negli ultimi anni si sia interessato fin troppo a quella che sarà la sua “eredità” e, soprattutto, per la sua presa di posizione dichiarandosi come il più grande di sempre

Kareem: "Il suo modo di allenarsi ispira la gente"

Nel suo lungo articolo Jabbar elogia James come atleta e come giocatore di basket, sottolineando in particolare la sua assurda continuità di rendimento: “James lo scorso anno ha avuto cifre del tutto simili a quelle del suo ultimo premio di MVP nel 2013. Per un giocatore sotto i 30 anni non sarebbe così notevole, ma per un 28enne in confronto a un 34enne, non è solo impressionante, ma proprio stimolante. E ispirare le altre persone è il tratto chiave di un eroe culturale. L’atletismo di LeBron motiva i giovani a raggiungere i più alti livelli di preparazione fisica. Anzi, solamente leggere della sua incredibile routine di allenamento mi fa venire voglia di mettermi giù e fare 50 piegamenti sulle braccia”. Jabbar ha scritto di ammirare particolarmente il modo in cui James si prende cura del proprio corpo e di come abbia voglia di continuare nonostante “sia abbastanza ricco da potersi ritirare in qualsiasi momento”. “Al di là dei suoi formidabili avversari in campo, sta affrontando un’epica battaglia contro il tempo. Una lotta che tutti affrontiamo prima o poi, e che tutti siamo destinati a perdere. Ma non possiamo fare altro che tifare per un atleta che si batte con tale grazia e determinazione. E che si rifiuta di invecchiare lasciandosi andare. Vedere un 34enne di oltre 120 chili muoversi con quell’agilità, resistenza e stile dà una marcia in più a tutti noi”.

L'elogio per il ruolo politico e sociale di King James

Ma se queste frasi vi sembrano lusinghiere, aspettate di sentire cosa ha da dire sul suo ruolo come personaggio pubblico. “Il successo per un atleta non è abbastanza. Per essere un eroe culturale, quella persona deve impersonificare e promuovere alcuni dei valori cardine della nostra cultura. LeBron lo ha fatto con il suo lavoro politico e sociale, specialmente in supporto dell’uguaglianza razziale. E oltre a parlare, ha intrapreso azioni positive che hanno migliorato la comunità e il paese”. Il riferimento è alla sua I Promise School inaugurata la scorsa estate, ma anche alla sua presa di posizione contro le ingiustizie e contro le politiche del presidente Donald Trump, che gli hanno procurato le critiche della giornalista Laura Ingraham, che lo invitava a "stare zitto e palleggiare". Un episodio che Kareem di sicuro non ha dimenticato: “Questa sciocchezza secondo la quale noi non possiamo parlare di politica è lo stesso ritornello che io e altri atleti abbiamo sentito per tutta la nostra vita dai conservatori, che usano la più bassa forma di logica fallace e gli attacchi alla persona per distogliere l’attenzione dal messaggio. La strana idea che c’è in giro è che un uomo nero cresciuto in America non abbia idea di cosa sia l’ingiustizia razziale solo perché gioca a basket”. 

Kareem parla per esperienza personale, visto che sin dagli anni ’60 e ’70 è stato uno degli sportivi più attivi sul piano politico insieme ad altri grandi come Muhammad Ali, Jim Brown, Tommie Smith e John Carlos. “Io stesso sono stato un giornalista e uno scrittore più a lungo di quanto abbia giocato a pallacanestro, eppure ogni volta che esprimo un’opinione, alcune persone si lamentano che io non possa averne perché sono stato un’atleta in passato. Ma LeBron nel suo essere così eloquente e stimato sta aiutando a eliminare questo stereotipo: oggi molti più atleti parlano rispetto ai miei tempi. Ma vengono puniti per il loro utilizzo di un diritto costituzionale, e le cose per cui protestavamo 50 anni fa succedono ancora. Per gli atleti neri di oggi sarebbe facile mollare il colpo esasperati, ma gente come LeBron, Colin Kaepernick, Andrew Hawkins, Serena e Venus Williams ed Eric Reid continuano a battersi per la giustizia”.

La "ramanzina" di Kareem a LeBron

L’articolo, comunque, non è privo di critiche per alcune uscite pubbliche di James, specialmente per quanto riguarda la sua eredità cestistica. Jabbar infatti ha scritto di non aver apprezzato uno scambio molto acceso tra LeBron e Charles Barkley, nato — secondo Jabbar — dal fatto che il secondo non avesse incluso il primo tra i primi cinque giocatori di tutti i tempi. “Capisco che un atleta che gioca per l’amore della pallacanestro, l’adorazione dei tifosi o anche solo i soldi. Ma arrabbiarsi per la ‘legacy’ mi sembra poco lungimirante. Io ho realizzato molti record quando giocavo, ma non ho mai giocato per realizzarli. Non mi interessava creare un’eredità come giocatore quanto mi importava averne una come compagno di squadra, attivista sociale e membro della comunità. LeBron fa tutte queste cose, e per questo il fatto che si preoccupi di quella sportiva mi sembra insignificante. La sua ‘legacy’ è già assicurata: continuerà a battere record, forse anche il mio per maggior numero di punti segnati. E quando lo farà, sarò lì ad applaudirlo, perché ogni volta che un record viene spezzato, significa che l’umanità ha spinto un po’ più in là i limiti di cui è capace”.
Infine, un’ultima stoccata da parte del numero 33 dei Los Angeles Lakers: “La domanda su chi sia il GOAT, il Greatest Of All Time, gira per i media come una malattia sessualmente trasmissibile. Un mese fa James si è auto-proclamato il migliore di sempre. È un po’ deludente sentire mentre si inserisce in questo gioco immaginario, che è un po’ come dire: qual è il superpotere migliore, volare o l’invisibilità?”. Kareem chiude con quella che è la sua idea personale: “La mia risposta ogni volta che me lo chiedono è sempre la stessa: il gioco è cambiato troppo nel corso degli anni per pensare che non ci siano mille variabili in questo discorso. Perciò LeBron mi dispiace: non puoi essere il GOAT, perché è una creatura mitologica. È come chiedere: quanto è grande il corno di un unicorno? Detto questo, LeBron James è l’eroe che questa generazione ha portato alla ribalta: è un posto che si è guadagnato, e tutti siamo migliori per il fatto che lui lo occupa”.