Il n°23 dei Lakers ha sottolineato il suo disappunto dopo la dolorosa sconfitta contro New Orleans che allontana ancora di più i playoff: "Non siamo abituati, abbiamo paura di giocare sotto pressione. E io non sono un giocatore abituato a perdere, non lo sarò mai"
HOUSTON VINCE IN CASA GOLDEN STATE SENZA HARDEN
ANTHONY DAVIS NON C'È, I LAKERS NEANCHE: LEBRON KO A NEW ORLEANS
“In quanti si rendono conto della posta in gioco se non hanno mai disputato nella loro carriera una partita di playoff?”. Un quesito semplice e provocatorio quello posto da LeBron James, infastidito al termine della sfida contro i Pelicans. “Sto recitando la parte dell’avvocato del diavolo, capite cosa intendo? È sempre complicato parlare di queste cose, bisogna restare in bilico su una linea sottilissima perché certe volte ti sembra di non essere incisivo, di non riuscire a motivare abbastanza i tuoi compagni. Altre invece la paura è quella di risultare sgradevole con dei commenti eccessivi. Quindi il segreto è imparare a essere tranquilli nelle situazioni di disagio. Alle volte sembra che abbiamo paura di ritrovarci in difficoltà o di essere costretti a uscire fuori dalla nostra comfort zone, di non avere quel senso di urgenza e lasciare in spogliatoio i timori prima di scendere sul parquet. Voglio dire: quante partite abbiamo ancora da giocare? Ventitré? Affrontiamole al meglio e vediamo cosa accede”. Parole necessarie al termine di una sconfitta bruciante, in una serata che all’apparenza poteva essere molto positiva per i Lakers: impegnati nel testa a testa con i Kings per accaparrarsi il ruolo di prima inseguitrice alle spalle di Clippers e Spurs, i losangelini dovevano affrontare un avversario abbordabile come i Pelicans, a differenza di Sacramento chiamata a battere i Thunder a domicilio. Buddy Hield e compagni però sono riusciti ad approfittare della modesta serata al tiro di Paul George e dalla stanchezza accumulata nei due overtime da OKC per vincere in volata una sfida decisiva. I Lakers invece sono crollati oltre i 20 punti di svantaggio nella ripresa contro un avversario che ha tenuto in panchina il suo miglior giocatore [Anthony Davis ha riposato, evitando ulteriore tensione in una sfida di per sé già molto particolare] e ben otto partire al di sotto del 50% di vittorie. Una gara da vincere a tutti i costi contro una squadra senza obiettivi, diventata la sconfitta che potrebbe segnare l’inizio anticipato della fine della stagione.
L’esperienza playoff e il precedente con i Cavaliers
A livello di esperienza ai playoff, LeBron sapeva bene a cosa stesse andando incontro. Reduce da otto finali NBA consecutive, il n°23 dei Lakers ha collezionato 13 apparizioni consecutive ai playoff dopo aver mancato l’appuntamento con la post-season nelle prime due stagioni ai Cavaliers. Il tutto per un totale di 239 presenze in carriera: mettendo insieme gli altri 13 componenti del roster (tra cui Rajon Rondo, Lance Stephenson, JaVale McGee e altri giocatori con diversi anni NBA alle spalle) si arriva a 289 totali. Sei di questi – Kyle Kuzma, Brandon Ingram, Lonzo Ball, Josh Hart, Moe Wagner e Alex Caruso – non ne hanno mai giocata una. “Negli ultimi anni tutti si sono abituati a delle sconfitte che invece io non sono abituato a subire. Non sono dei fallimenti frequenti nella mia carriera. Non mi sentirò mai a mio agio quando perdo. Per quello, uscire sconfitto nella prima sfida della stagione a Houston in casa genera in me lo stesso fastidio di incassare un ko alla 59^ partita della regular season contro New Orleans. È semplicemente il modo in cui sono fatto, questo è quello che sono”. Un messaggio simile a quello che James fu costretto a lanciare per scuotere i suoi nuovi compagni all’inizio della sua seconda esperienza in maglia Cavs, puntando il dito contro “le cattive abitudini” e l’attitudine a incassare le sconfitte da parte dei giovani Kyrie Irving e Dion Waiters nel 2015. Quel campanello dall’allarme in Ohio però suonò a novembre, non a fine febbraio. Il tempo potrebbe già essere scaduto questa volta.
La difesa che non funziona e il calendario in salita
Interrompere la striscia più lunga della storia dei Lakers senza playoff diventa dunque una delle imprese più complicate della carriera del n°23: “Sapevo bene che sarebbe stata una sfida molto complicata, soprattutto per l’esperienza pregressa di un roster alle prime armi. Conoscevo i rischi e il compito che avrei dovuto svolgere, ma continuo a pensare che potremmo giocare decisamente meglio di così. E nel momento in cui ci stavamo riuscendo purtroppo è arrivato il mio infortunio e quello di Lonzo Ball che hanno rallentato la nostra crescita”. A fare acqua da tutte le parti in questa fase è la difesa, che contro New Orleans ha incassato per la nona gara consecutiva in trasferta almeno 115 punti: peggior striscia nella storia della franchigia ed ennesimo record negativo aggiornato. Il vero problema adesso è il calendario che i Lakers saranno costretti ad affrontare nelle prossime settimane: ai gialloviola tocca vedersela ancora due volte contro Milwaukee e una con Golden State, Toronto, Boston e Denver. Nessuno scontro diretto con gli Spurs e ben due derby con i Clippers – cruciali per recuperare terreno sulla squadra di Danilo Gallinari. Di mezzo però ci sono anche i già citati Kings, da affrontare il 25 marzo in quello che sarà il passaggio cruciale dell’ultimo mese di stagione dei Lakers. Sacramento ha un calendario decisamente più facile e nelle prossime settimane sembra sempre più la squadra su cui dover fare la corsa per prendersi l'ottavo posto. A livello d'esperienza anche nella capitale californiana non sono messi meglio dei gialloviola: i Kings infatti mancano dai playoff da 13 anni. Da quando LeBron in sostanza ha iniziato a dominare, in una sfida incrociata in cui Sacramento spera per una volta di recitare i panni della squadra vincente. James permettendo.