Sconfitta pesante per i Lakers, battuti nonostante i 27 punti e 12 assist di James e che si allontanano pericolosamente dalla zona playoff. I Pelicans tengono a riposo Davis, che osserva dalla panchina i suoi (possibili) futuri compagni e prende nota
HOUSTON BATTE GOLDEN STATE SENZA JAMES HARDEN
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New Orleans Pelicans-Los Angeles Lakers 128-115
I Lakers i fischi se li sono meritati tutti. Non solo da parte di un pubblico convinto che nella rottura tra Anthony Davis e i Pelicans ci sia lo zampino di LeBron James. No, ma anche quelli di chi era arrivato nella città della Louisiana con la maglia gialloviola, convinto di godersi una vittoria in grado di dare continuità ai risultati che si è trasformata invece in una cocente sconfitta. New Orleans infatti lascia il n°23 in panchina per tutta la gara, ma nonostante questo spazza via i Lakers dal parquet e domina a lungo una partita mai in discussione nell’ultima mezz’ora. A trascinare i Pelicans ci pensa Jrue Holiday, autore di 27 punti, sette assist e cinque triple, a cui si aggiungono i 24 dell’ex dal dente avvelenato Julius Randle: “Non è una questione personale – dice – visto che dall’altra parte ci sono molte persone, allenatori e compagni ai quali voglio bene. Ma vincere contro la squadra che ti ha scaricato è sempre molto divertente”. Difficile dargli torto, visto che l’ennesimo ko di questa regular season mette non poco i bastoni tra le ruote alla complicata rincorsa alla post-season dei gialloviola: “L’urgenza di riuscire a non sbagliare, di essere presenti a noi stessi, non deve accompagnare il nostro approccio soltanto nelle due ore prima della partita – racconta James, autore di 27 punti, 12 assist e sette rimbalzi del tutto inutili ai fini del risultato – quello che fa la differenza è l’approccio quotidiano, in palestra e nella preparazione giornaliera. Vinci le partite se riesci a essere il migliore prima di scendere in campo”. Un modo indiretto per dire “adesso non accetto più deviazioni, neanche in allenamento” a un gruppo che fa fatica a stargli dietro: Brandon Ingram chiude con 29 punti, ma è evidente che il problema per una squadra che tira con oltre il 54% dal campo complessivo non sia di certo l’attacco. La gestione del pallone (23 palle perse che hanno “regalato” 23 punti a New Orleans) e la difesa restano degli enormi punti deboli di un ingranaggio che non vuol saperne di funzionare.
Davis resta a guardare: “Lo avrei lasciato fuori contro qualsiasi avversario”
Tutti sognavano lo scontro tra Davis e i tanti giocatori coinvolti in una sua possibile trade nelle scorse settimane, con LeBron magari preoccupato di non fargli male in vista di un probabile futuro in maglia Lakers da preservare. Speculazioni a cui i Pelicans hanno preferito sottrarsi, consapevoli di non incorrere in nessun tipo di penalità visto che la sfida contro i gialloviola era la seconda di un back-to-back, in casa e non diretta TV nazionale. Insomma, in una situazione “normale”, la classica partita in cui far rifiatare la propria star. Peccato che questa scelta non sia passata inosservata, nonostante coach Gentry provi a spiegarsi in ogni modo: “Voler leggere tra le righe il fatto che Davis sia rimasto a riposo ‘perché giocavamo contro i Lakers’, vuol dire non aver capito come stanno le cose. Visto il calendario, sarebbe accaduto lo stesso anche se avessimo incontrato i Baltimore Claws [storica squadra di basket di metà anni 70 che fece una breve e perdente apparizione sui parquet della ABA, ndr] o qualsiasi tipo di avversario. Tutto chiaro adesso?”. E a chi sottolinea un gusto speciale e un po’ sadico nell’aver battuto i Lakers, Gentry replica stizzito: “Dannazione no, non c’è nulla di tutto questo. È una partita di regular season, una delle 82 che ogni stagione ci tocca affrontare. Non c’è nulla di speciale, anche perché tutto quello che succede fuori dal parquet non importa quando sei in campo”. Sarà, ma a guardare i sorrisetti dei suoi ragazzi a fine gara (prontamente colti dalle telecamere) non si direbbe.