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NBA, i risultati della notte: Orlando batte Miami e sale all'ottavo posto a Est

NBA

I Magic vincono lo scontro diretto contro gli Heat e li scavalcano in classifica. Denver batte in volata Detroit grazie a Jamal Murray e aggancia Golden State in vetta a Ovest, vincono Raptors, Celtics e Lakers. Sfida a distanza tra rookie: tripla doppia di Doncic nel ko con Sacramento a cui risponde Young con 33 punti e 12 assist nel successo su New Orleans

CLIPPERS AI PLAYOFF, 25 PUNTI DI GALLINARI

ANTETOKOUNMPO BATTE HARDEN, BLEDSOE MVP

IL RITIRO DELLA MAGLIA N°1 DI BOSH A MIAMI

VIDEO. TUTTI GLI HIGHLIGHTS

Miami Heat-Orlando Magic 99-104

I Magic rovinano la festa a Chris Bosh, vincono il derby della Florida e si prendono di forza l’ottavo posto a Est. Merito di un Nikola Vucevic da 24 punti e 16 rimbalzi, a cui si aggiungono i 19 punti di Jonathan Isaac che permettono a Orlando di allungare a sei la striscia di vittorie (la più lunga mai messa assieme dai Magic negli ultimi otto anni) e soprattutto di prendersi l’ultimo posto utile per andare ai playoff proprio ai danni di Miami. “Ci stiamo facendo trovare pronti nel momento decisivo dell’anno, stiamo lottando per accedere alla post-season e mettere in fila due settimane di successi ci ha portato ad avere un vantaggio che adesso dobbiamo preservare”, commenta Vucevic, ben consapevole del fatto che il successo a Miami vale doppio: Orlando infatti si è così aggiudicata anche un miglior record negli scontri diretti – tre vittorie e una sola sconfitta contro gli Heat – rimettendo dunque il destino qualificazione nelle sue mani. Dall’altra parte c’è il rammarico di Miami, che avrebbe potuto mettere una seria ipoteca sui playoff con un successo e che adesso invece si ritrova a inseguire. Alla sirena finale sono 26 punti per Dion Waiters, a cui si aggiungono i 22 con sette canestri, sette rimbalzi e sette assist di Dwyane Wade in uscita dalla panchina. Il n°3 degli Heat ha provato in tutti i modi a regalare un successo al pubblico di casa, nella serata in cui è stata ritirata la maglia n°1 di Bosh: una celebrazione rimasta tale soltanto durante l’intervallo e non a fine gara.

Denver Nuggets-Detroit Pistons 95-92

A guardare il bicchiere mezzo pieno, i Nuggets hanno scoperto di poter disporre all’occorrenza di un realizzatore molto efficace nel finale di gara. Se si pone l’attenzione sugli aspetti negativi, c’è da dire che Denver non pensa di averne bisogno per battere in casa Detroit. Jamal Murray invece è stato costretto a fare gli straordinari, in un match da 33 punti totali di cui sei arrivati nell’ultimo minuto di gioco – fondamentali per acciuffare le 50 vittorie stagionali e il primo posto in coabitazione con i Golden State Warriors. Sotto 66-39 all’intervallo lungo, i Pistons sembravano spacciati con 24 minuti d’anticipo, prima invece di risalire fino al -1 grazie alla tripla di Reggie Jackson a 11 secondi dalla sirena. Murray mette due liberi per il +3, mentre la tripla finale di Blake Griffin balla su ferro e tabellone senza trovare il fondo della retina. Per Detroit è la quarta sconfitta nelle ultime cinque gare, nonostante i 29 punti e 15 rimbalzi dell’ex Clippers: non un grande biglietto da visita per chi deve ancora conquistare l’accesso ai playoff.

Toronto Raptors-Chicago Bulls 112-103

Vittoria facile e grande gestione di energie e forze da parte dei Raptors nel comodo successo casalingo contro Chicago, che strada facendo perdono Lauri Markkanen e con lui ogni speranza di rimontare lo svantaggio accumulato nei primi due quarti. Il giovane talento finlandese chiude con 2/10 al tiro, dieci punti e nove rimbalzi la prima metà di gara, per poi restare negli spogliatoi a causa di un affaticamento che non gli ha permesso di tornare sul parquet. Dall’altra parte invece coach Nurse applica una certosina rotazione del roster, distribuendo i minuti in maniera impeccabile: Kawhi Leonard, il giocatore più utilizzato del quintetto, resta in campo per 22 minuti, mentre sono ben 11 quelli a cui ne vengono concessi almeno 15. Alla sirena finale il miglior realizzatore è Norman Powell con i suoi 20 punti, 8/10 al tiro e 4/5 dall’arco. I Raptors restano così esattamente a metà, nel limbo tra il primo posto dei Bucks (distante quattro gare) e il terzo dei Sixers (anche loro lontani quattro gare e mezza in classifica).

Cleveland Cavaliers-Boston Celtics 106-116

No Kyrie Irving, no problem. Almeno quando si tratta di battere i Cleveland Cavaliers, sempre più terzultimi e felici di andare a caccia della prima scelta assoluta al prossimo Draft. Boston invece ha bisogno di vittorie e certezze per andare a caccia del fattore campo almeno al primo turno contro Indiana. A Cleveland ci hanno pensato Jayson Tatum e Marcus Smart, entrambi a quota 21 punti e decisivi nell’interrompere la striscia di quattro sconfitte consecutive che aveva reso nuovamente molto cupa l’aria attorno allo spogliatoio di Boston. Non un successo semplice, anzi: i Celtics hanno dovuto spremere le loro forze fino al quarto periodo, quando grazie a un parziale da 24-14 sono riusciti definitivamente a chiudere i conti. Dall’altra parte invece sono 24 i punti raccolti da un positivo Collin Sexton, a cui si aggiungono i 15 di Cedi Osman e i dieci di Kevin Love. Al n°0 dei Cavaliers mancavano 27 punti per arrivare a quota 12.000 totali in carriera: l’appuntamento è rimandato alla sfida contro gli Spurs.

L.A. Lakers-Washington Wizards 124-106

I Lakers tornano a vincere due partite in fila a due mesi e mezzo di distanza dall’ultima volta (16-18 gennaio, quando LeBron James era ancora fuori per infortunio) e sorridono amaro al termine di un match del quale resterà certamente uno degli highlights più spettacolari dell’anno. Lance Stephenson che dal palleggio fa letteralmente girare la testa e Jeff Green che intontito perde l’equilibrio, lasciando spazio a Born Ready per trovare il fondo della retina ed esultare a modo suo, con tutta la panchina pronta a festeggiare assieme a lui. In campo invece a pesare è soprattutto la prestazione del n°23 dei Lakers: non una novità, autore di 23 punti, 14 assist e sette rimbalzi, in un match chiuso da Kentavious Caldwell-Pope con 29 punti e da JaVale McGee con 20. Dall’altra parte si salva soltanto Bradley Beal, che continua a macinare gioco e canestri: per lui sono 32 punti con 10/19 al tiro. L’ennesimo acuto in una stagione da dimenticare per gli Wizards.

Dallas Mavericks-Sacramento Kings 121-125

I Kings tengono vivo un residuo di speranza (l’aritmetica ancora non li ha condannati) battendo a domicilio i Mavericks grazie ai 23 punti di De’Aaron Fox e alla tripla decisiva nell’ultimo minuto messa a segno da Buddy Hield – che chiude con 17, uno dei sei giocatori in doppia cifra alla sirena finale. Dall’altra parte a mettersi in evidenza è come al solito Luka Doncic, punzecchiato dai discorsi degli ultimi giorni di chi vorrebbe assegnare a Trae Young il premio di rookie dell’anno. Lo sloveno chiude così la settima tripla doppia stagionale – eguagliato il record raccolto da Magic Johnson nella prima stagione NBA – mettendo a referto 28 punti, 12 rimbalzi e 12 assist e pareggiando così il totale messo assieme da un giocatore con meno di 21 anni. Il fatto è che Doncic i 20 li ha compiuti un mese fa, avendo dunque a disposizione tutto il tempo per aggiornare anche quest’ennesimo record. Il tutto di fronte a Marvin Bagley III, scelto con la seconda chiamata dai Kings proprio al posto suo: per lui 14 punti e una vittoria dal sapore di magra consolazione.

New Orleans Pelicans-Atlanta Hawks 120-130

A rispondere a Doncic non poteva quindi che essere Trae Young, ispirato e trascinante nel post All-Star Game e decisivo anche nel successo contro New Orleans. Il rookie degli Hawks chiude con 33 punti e 12 assist, la 24esima doppia doppia di una stagione sempre più in crescendo che regala ad Atlanta la terza vittoria in fila. Cinque triple e 12/24 dal campo per Young (e una sola palla persa in 31 minuti di gioco), a conferma delle super medie che la point guard degli Hawks sta mantenendo nelle ultime settimane. Dall’altra parte Anthony Davis resta a riposo per problemi alla schiena, avvicinando sempre più il momento della “liberazione” dai Pelicans. Una parentesi complicata, a tratti paradossale, da concludere il prima possibile.