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NBA, Manu Night: Duncan, Parker e tanta Argentina per il ritiro della sua maglia

NBA

Gli ultimi biglietti disponibili sul mercato secondario non costano meno di 500 dollari: con lui ci saranno sei compagni della Generacion Dorada argentina e tutti i grandi dei San Antonio Spurs, da Tim Duncan fino a Tony Parker, in prestito dagli Hornets

Il biglietto che tutti cercano. No, non per merito degli avversari, LeBron James non c’è più e i Cleveland Cavaliers sono una delle peggiori squadre della lega. San Antonio-Cleveland è la partita che in Texas tutti vogliono vedere perché a fine gara salirà al cielo dell’AT&T Center la maglia n°20 di Manu Ginobili, che diventa così il nono giocatore nella storia degli Spurs a ricevere questo onore (con tre di loro – David Robinson, Tim Duncan e Bruce Bowen – ci ha giocato, gli altri 5 sono Sean Elliott, Geore Gervin, Avery Johnson, Johnny Moore e James Silas). Se fino a oggi il biglietto più caro a San Antonio è stato quello per poter vedere da vicino i campioni in carica di Golden State (316 dollari la media sul mercato secondario, 306 per ammirare da vicino LeBron James in maglia Lakers), per rendere omaggio all’argentino 4 volte campione NBA con gli Spurs bisogna separarsi da almeno altri 200 dollari, visto che la quotazione media per uno dei pochi biglietti rimasti supera i 500 dollari. Se acquistare un biglietto per la gara contro i Cavs costava 118 dollari il giorno in cui gli Spurs hanno annunciato il ritiro della maglia per il 28 marzo, oggi la cifra è più che triplicata, segno della febbrile attesa in città per tributare un ultimo grande omaggio al n°20 nero-argento. Un omaggio che – è notizia di oggi – si è impreziosito anche di un contributo internazionale, ovviamente Made in Argentina, visto che sei dei suoi leggendari compagni di nazionale – di quella Generacion Dorada capace di strappare nel 2004 agli Stati Uniti l’unica medaglia d’oro olimpica negli ultimi 30 anni – saranno con lui a San Antonio. Andrés Nocioni, Fabricio Oberto, Pablo Prigioni, Alejandro Montecchia, Pepe Sànchez e Luis Scola animeranno all’intervallo una tavola rotonda – in spagnolo (lingua non ufficiale anche della città texana) con sottotitoli in inglese – che andrà a rivivere proprio l’emozionante cavalcata di due decenni di pallacanestro di Ginobili e compagni, capaci di vincere anche la medaglia d’argento ai Mondiali 2002 e il bronzo alle Olimpiadi 2008. Non sarà ovviamente l'unica presenza eccellente, tra gli ospiti della cerimonia: oltre a quella di Tim Duncan, una delle più curiose è quella di Tony Parker, che dopo aver perso coi suoi Hornets contro gli Spurs due giorni fa, è salito sull'areo con i suoi ex compagni ed è tornato in Texas proprio per essere presente alla festa dell'amico argentino. Un gesto bellissimo, avallato dagli Hornets a cui Parker si unirà nuovamente per la trasferta di L.A. contro i Lakers. "Sarà nostalgico e molto, molto emozionante", ha già fatto sapere il francese. 

I ricordi di Duncan, Robinson, Steve Kerr ed Ettore Messina

“Uno che vive sempre al massimo, con una carica e un entusiasmo pazzesco, ma a volte anche anche insostenibile”, scherza ricordando il suo compagno – e i suoi mille scherzi, in spogliatoio e in panchina – Tim Duncan. “Il suo rapporto con Popovich è stato l’epitome di questa sua energia: invece di conformarsi a quella che qui chiamano ‘the Spurs way’, Manu ha vinto contro il sistema ed è stato Pop che ha finito per adattarsi a lui, e accettarlo per quello che è”. Parole simili arrivano da Ettore Messina, uno che lo conosce bene da tanto, tanto tempo: “Energia, entusiasmo, quegli occhi vispi: è il suo modo d’essere, lo è sempre stato. Una mente sempre interessata, aperto a mille interessi e poi una grande etica del lavoro, che gli ha sempre fatto guadagnare il rispetto di tutti. Per me Ginobili è quel giocatore che all’esordio in Eurolega non riesce a segnare neppure un canestro, raccogliendo tre punti tutti dalla lunetta, e cinque mesi dopo è l’MVP del torneo”. “Avrei amato giocare più anni con lui, ma ero già alla fine della mia carriera. Quando ho visto che comunque a San Antonio lasciavo lui, Tony Parker e Tim Duncan sapevo che i trionfi sarebbero continuati”, dice David Robinson. “È stato un esempio, in tutto il mondo, per tutti, tanto in campo quanto fuori. Ancora oggi Manu è l’eroe dei miei figli, anche adesso che sono cresciuti”. Se Boris Diaw ricorda la schiacciata di Ginobili in testa a Chris Bosh nella finale 2014, per coach Steve Kerr il ricordo è ancora più personale: “Avevamo appena vinto il titolo del 2003, nel suo anno da rookie. Io avevo già 37 anni. Festeggiammo sul River Walk e poi al palazzo, coi tifosi: alla fine delle celebrazioni mi ha preso da parte e mi ha detto: ‘Mi piacerebbe tantissimo se l’anno prossimo fossi ancora dei nostri’. Ha voluto dire moltissimo per me: lui era una star emergente, poteva benissimo non dirmi queste cose. Per questo mi è piaciuto essere in campo, anche se da avversario, alla sua ultima gara NBA: idealmente gli ho detto le stesse parole, che mi sarebbe piaciuto che potesse continuare a giocare. Per sempre”.