A fine partita il n°13 dei Thunder ha sottolineato come la conclusione dell'avversario fosse una pessima scelta. In realtà Lillard ha dimostrato di poter segnare con continuità anche da molto lontano - primo per distacco in NBA. Tanto da scherzare delle parole di George
IL TIRO DI LILLARD FA IMPAZZIRE MAMOLI&CRESPI
PAZZESCO LILLARD: 50 PUNTI E VITTORIA SU OKC
“Ho avuto delle ottime sensazioni non appena il pallone ha lasciato le mie mani. Ero sicuro andasse dentro”. In realtà, tutto il Moda Center era elettrizzato all’idea non appena il tentativo in penetrazioni di Westbrook sul 115-115 era finito con un nulla di fatto. Nessun timeout, ma palla direttamente nelle mani di un Damian Lillard da record: 34 punti nel primo tempo e 50 alla sirena finale, entrambi record di franchigia, con la quarta tripla da oltre nove metri andata a segno mentre la sirena sanciva la fine dei playoff dei Thunder. Tutto perfetto, un canestro diventato già un’icona del Gioco, stampato in faccia a uno dei candidati a vincere il premio di miglior difensore dell’anno. Paul George ha osservato a lungo il palleggio del n°0, lontanissimo da canestro, prima di allungare le sue braccia e contestare al meglio una conclusione che in pochi avrebbero potuto immaginare arrivasse da così lontano. “Non volevo affidare il destino della partita nelle mani degli arbitri: avvicinarmi avrebbe significato rischiare di subire un contatto che avrebbe reso più complicato il mio tiro - uno di quei momenti in cui si preferisce non fischiare. Per quello mi sono fermato a debita distanza, guardando il canestro e rendendomi conto che ero in una zona del campo abbastanza confortevole per cercare una conclusione”. Non un caso, visto che nei giorni scorsi a Oklahoma City ha lavorato a lungo con il trainer Phil Backner sulle conclusioni da lontano. “Ci guardavamo in faccia e pensavamo senza dirlo: ‘Primo o poi servirà segnarne uno anche in partita’. Ero sicuro di poterne prendere uno sul parquet”. George invece, evidentemente, non immaginava che questi progressi avessero reso così affidabile una conclusione oggettivamente complicata. “Quello è un brutto, brutto tiro – commenta il n°13 a fine partita – non mi preoccupo di quello che dice la gente. Sono certo di quello che dico, è una pessima conclusione, ma questa non sarà la storia che verrà raccontata”.
Un tiro "comodo" per Lillard e la risposta via social a George
Parole che non sono passate inosservate, riprese via Twitter non appena è passata la sbornia e la festa nello spogliatoio dei Blazers. Una volta accesso lo smartphone, Lillard ha condiviso un tweet aggiungendo come commento un semplice “Lol”. I numeri infatti, oltre ai precedenti, sono dalla sua parte: in questi playoff il n°0 di Portland sta tirando 8/12 da una distanza superiore ai nove metri, 4/6 soltanto in gara-5. Per capire l’assurdità di questo dato, tutto il resto della NBA messo insieme fa 6/38 in quel tipo di conclusioni: un range che al momento riesce a sostenere soltanto lui mantenendo efficacia. Una scelta che le difese devono fare di continuo, contro un giocatore che all’occorrenza può farti molto male in penetrazione. Un agonista, come dimostrato dal gentile saluto rivolto agli avversari non appena il pallone ha schiaffeggiato la retina. “La partita e la serie erano finite in quell’istante, questa è la ragione del mio gesto. Stavo semplicemente dicendo addio ai miei avversari. Dopo gara-3, Dennis Schroder si è fermato a bordocampo a puntare il dito contro di noi, celebrando in maniera esagerata la vittoria di una partita. Ho pensato: ‘Va bene, il nostro obiettivo è mettere insieme quattro successi, non uno soltanto”. Una volta raggiunto lo scopo, non c’è molto altro di cui discutere. Le cose stanno così. Ci sono stati un bel po’ di commenti avvelenati, di offese e provocazioni. Ma abbiamo avuto noi l’ultima parola, questa è la conclusione del discorso”. E del primo turno playoff, proprio come successo cinque anni fa contro Houston. Quando è nato il mito di un giocatore in grado di fare delle prodezze quanto conta di più: "What time is it?".