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Playoff NBA, come Oklahoma City ha buttato via gara-5 prima del tiro di Lillard

NBA

Sopra di 15 a sette minuti dal termine, gli Oklahoma City Thunder hanno commesso una sequenza di errori che hanno portato poi al tiro della vittoria di Damian Lillard. È solo l'ultimo capitolo di una storia tremenda ai playoff per Russell Westbrook, che apre domande sul futuro di coach Billy Donovan

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Il canestro di Damian Lillard passerà alla storia come uno dei buzzer beater più incredibili nella storia dei playoff, ma a Oklahoma City è solo l’ennesima giocata che ha messo fine alla loro stagione. Non il primo e non l’ultimo, peraltro: dal rimbalzo offensivo di Pau Gasol nel 2011 con i Lakers al canestro decisivo di Manu Ginobili in gara-6 nel 2014 fino alla leggendaria esplosione di Klay Thompson con 11 triple nelle finali di conference del 2016, fin troppo spesso i Thunder sono finiti dalla parte sbagliata della storia dei playoff. Se Lillard ha avuto l’opportunità di prendersi quel tiro, però, possono incolpare solamente loro stessi: dopo essere finiti sotto di 9 a 3:29 alla fine del terzo quarto, OKC era riuscita a ribaltare la sfida con un mega parziale di 32-8, portandosi sul +15 a poco più di sette minuti dal termine. Una situazione nella quale avevano vinto le loro ultime 239 partite consecutive, con l’ultima sconfitta risalente alle finali di conference del 2011 contro Dallas. In quel momento le probabilità di vittoria dei Thunder secondo il sito inpredictable.com erano del 97.2% e si sono mantenute oltre il 90% anche dopo il primo tentativo di rientro dei Blazers, tanto che a due minuti dalla fine – dopo un rimbalzo di Terrance Ferguson – era comunque del 96.3%. Come è poi andata la gara lo sappiamo, ma dalla parte sbagliata della storia entrano anche i sette minuti finali di OKC, durante i quali hanno sbagliato 7 tiri su 10, mandato sul ferro tre liberi su quattro e perso tre palloni uno più sanguinoso dell’altro, commettendo peraltro cinque falli.

Le delusioni di Westbrook ai playoff: 4-12 senza Durant

Si aggiunge quindi di un altro capitolo deludente la storia di Russell Westbrook ai playoff, che per il terzo anno consecutivo è uscito al primo turno della Western Conference. Da quando se ne è andato Kevin Durant, il numero 0 dei Thunder ha vinto solo 4 delle 16 partite di playoff disputate, di cui nessuna in trasferta dove insieme ai suoi compagni ha perso le ultime 12 gare consecutive. Anche nella partita di ieri notte non è stato esente da colpe, così come da meriti: rispetto agli anni passati in situazione di “elimination game” si è preso meno tiri (31, complice un Paul George da 36 punti con 14/20) ma ne ha realizzati solo 11; anche questa volta ha chiuso in tripla doppia (29 punti, 11 rimbalzi e 14 assist), ma in quegli ultimi sette minuti ha sbagliato tre tiri su quattro (tra cui l’ultimo a 18 secondi dalla fine andando contro la difesa di Portland), ha commesso due palle perse e due falli, di cui uno di frustrazione a rimbalzo d’attacco su Maurice Harkless che ha fruttato due tiri liberi “gratis” ai Blazers in piena rimonta. Bisogna anche dire che se i Thunder erano riusciti a riaprire la partita era stato per i suoi 10 punti, 5 rimbalzi e 4 assist nel già citato parziale da 32-8, e che la storia di Westbrook ai playoff – forte di 54 partite vinte e 10 serie superate – non dipende dal risultato di questa serie o di questa partita. Ma il dato di quelle dodici sconfitte consecutive in trasferta senza Durant rimane, così come è certo che al centro della critica ci finirà lui come sempre accade in caso di sconfitte dei Thunder.

Il futuro di OKC: coach Donovan rischia il posto?

La vera domanda per il futuro dei Thunder non riguarda tanto la composizione del roster (solo Morris, Patterson, Felton e Noel sono free agent, e si spera nel rientro di Andre Roberson) quanto chi li guiderà in panchina. Su Billy Donovan, infatti, è lecito farsi delle domande: sebbene la dirigenza abbia esercitato già a dicembre l’opzione per la stagione 2019-20, non è detto che la sua posizione – dopo queste tre eliminazioni al primo turno – sia così saldo. Oklahoma City è da sempre una franchigia che tiene molto alla stabilità e alla cultura all’interno della propria organizzazione, ma con il secondo monte salari più alto della lega e una luxury tax da 60 milioni di dollari, la proprietà ha bisogno di risultati migliori rispetto a un primo turno di playoff per giustificare un investimento di questo tipo. Se c’è una squadra dalla quale possono imparare, però, è proprio quella contro cui hanno appena perso: l’anno scorso i Blazers sono usciti in maniera anche peggiore rispetto a quella di questi Thunder, con una tremenda eliminazione per mano dei New Orleans Pelicans in quattro partite. Eppure non si sono scomposti, non hanno cambiato il roster, hanno tenuto duro su coach Terry Stotts e si sono affidati alla leadership di Lillard per rimettersi in carreggiata. Ora sono di nuovo al secondo turno, e contro chiunque uscirà dalla serie tra Denver e San Antonio avranno comunque il 50% di possibilità di avanzare fino alle finali di conference che mancano addirittura dal 2000. A volte non fare nulla può essere la miglior mossa in assoluto: chissà se può essere il caso anche per questi Oklahoma City Thunder.