Scaricato da Milwaukee nell'ottobre 2017, l'attuale n°55 di Philadelphia è passato nell'ultima stagione prima da Toronto e poi da Boston (un paio di volte): insomma, in meno di due stagione ha fatto il giro delle migliori squadre a Est, senza lasciare molto il segno
Greg Monroe a lungo ha sperato di mettere le mani su un contratto da massimo salariale a Detroit. Quattro stagioni consecutive in maglia Pistons con oltre 15 punti e nove rimbalzi di media gli permettevano di immaginare un ricco rinnovo in Michigan. La presenza sotto canestro di Andre Drummond però rendeva altamente improbabile una convivenza sul medio-lungo periodo in una Lega sempre più perimetrale e alla ricerca di giocatori che svuotano l’area e non restano saldamente ancorati all’interno dell’arco. A quel punto il sacrificato è stato lui, che tuttavia è riuscito a rimpinguare il suo conto in banca grazie alla (folle) proposta fatta da Milwaukee (per diventare grandi e competitivi, bisogna commettere tanti errori): 50 milioni di dollari per tre anni, battendo la concorrenza di Knicks e Lakers che avrebbero altrimenti zavorrato con piacere i loro salary cap. Un accordo da star, nonostante sul parquet le cose poi non siano andate per il meglio: soltanto 67 gare da titolare – tutte nel suo primo anno a Milwaukee – prima di essere parcheggiato in panchina, con la speranza di incidere a partita in corso. No, non ha funzionato neanche quell’espediente e così, il terzo anno in Wisconsin è durato soltanto cinque partite di salutare la squadra che 24 mesi prima aveva puntato forte su di lui, pentendosi amaramente di quella scelta. A Milwaukee hanno deciso di cambiare impostazione (e giocatori), dando respiro a un roster sotto molti aspetti in crescita – ogni riferimento a Giannis Antetokounmpo non è puramente casuale.
Destini incrociati nel 2017/18 tra Milwaukee e Boston
Il 26 ottobre 2017, Monroe gioca la sua ultima partita in maglia Bucks – otto punti e sei rimbalzi in una sconfitta contro i Celtics, che torneranno più volte d’attualità lungo il suo cammino – scaricato ai Suns dopo meno di due settimane dall’inizio della regular season. Al suo posto (assieme a una scelta al Draft) in Wisconsin arriva Eric Bledsoe, diventato negli ultimi 18 mesi pedina fondamentale nello scacchiere dei Bucks. Un passaggio tutt’altro che felice in Arizona, prima di sbarcare a Boston nel febbraio 2018; arma in più da sfruttare nei playoff, dall’impatto invece rivedibile a livello di prestazioni. In post-season 11 partite giocate, con l’unico acuto arrivato il 20 aprile contro? Milwaukee, ovviamente. Nella sconfitta dei Celtics per lui sono 15 punti e 12 rimbalzi in 23 minuti in cui viene cavalcato e cercato dai compagni (-12 di plus/minus in un momento delicato della partita). Poi poco altro, un altro paio di partite in doppia cifra, ma nessun acuto. Il tutto con il contratto in scadenza e nessuno più disposto a sborsare tanti dollari per inserirlo nel proprio roster. Il tentativo disperato con i Celtics non era andato a buon fine, mentre a bussare alla sua porta ad agosto inoltrato – quando in sostanza il mercato era finito da un pezzo ed era ormai senza speranze di restare nella Lega – sono stati i Raptors. Un’altra squadra di vertice a Est.
Una stagione tra Raptors, Celtics e infine Sixers
Un anno di contratto al minimo salariale in Canada, con la speranza di avere un lungo in più a disposizione. Trentotto partite e 4.8 punti di media dopo, il progetto è naufragato, con Monroe messo alla porta e riciclato per l’ennesima volta nella sua carriera: un contratto di dieci giorni, un ritorno di fiamma con i Celtics alla ricerca disperata di un antidoto a protezione del ferro contro gli Embiid di questo mondo – Toronto nel frattempo ha risolto il problema con Marc Gasol. In biancoverde però quello di Monroe è stato un cameo di due partite e quattro minuti totali sul parquet. Un tentativo a vuoto che sembrava condannare l’ex Pistons a restare fuori dai playoff. Invece l’ultima tappa del suo lungo giro nella Eastern Conference è arrivata nelle ultime ore disponibili per il mercato; selezionato da Philadelphia, dove è chiamato assieme a Boban Marjanovic a riempire (a malincuore) i minuti e lo spazio lasciati liberi sotto canestro da Joel Embiid – che continua a non garantire quella resa fisica che può permettergli di calcare a lungo i parquet NBA. Nelle cinque gare del primo turno contro Brooklyn, Joel Embiid è stato costretto a saltare una sfida e nelle quattro in cui è poi riuscito a scendere sul parquet ha giocato un totale di 97 minuti sui 240 totali della serie. Coach Brown ha così deciso di impiegare nei 143 rimasti vacanti Boban Marjanovic (77 minuti) e Monroe (41 totali in questo primo turno, un paio in meno rispetto al previsto a causa dell’espulsione nel finale di gara-5). Un impatto modesto, per un giocatore che potrebbe tornare utile contro Toronto prima e Boston o Milwaukee poi. In fondo sono realtà che ha imparato a conoscere molto bene negli ultimi 18 mesi.