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NBA Playoff, Eric Gordon-PJ Tucker, i protagonisti del successo in gara-3

NBA

Al fianco del solito James Harden da 41 punti, il duo dei Rockets ha garantito canestri, triple fondamentali e difesa: "PJ non avrebbe mai accettato di perdere". E il tiratore n°10 di Houston chiude con 7/14 dall'arco e "fa le veci" di Chris Paul

I ROCKETS ACCORCIANO SUL 2-1 CONTRO GLI WARRIORS

IL CLAMOROSO ERRORE DI STEPH CURRY

Difficile pensare di sottolineare in positivo la prestazione di un difensore, quando il suo avversario diretto ha chiuso il match con 46 punti, 6/10 dall’arco, 12/12 ai liberi e sei assist in 50 minuti di gioco. Ma PJ Tucker, impegnato nel compito semi-impossibile di arginare Kevin Durant, ha fatto pesare la sua presenza sul parquet. Basta guardare all’inizio del quarto periodo: lui che va a sedersi in panchina perché ha commesso in maniera ingenua il quarto fallo della sua partita e il n°35 Warriors che crivella di colpi la retina dei Rockets. “Ero arrabbiato nero perché sapevo di solito in quella fase di partita KD prova a spingere sull’acceleratore. Coach D’Antoni mi ha richiamato in panchina e a me bruciava non poco la situazione”. Durant infatti coglie al volo l’occasione, andando a segno in quattro possessi consecutivi: dieci punti in meno di due minuti, mentre Tucker a bordocampo grondava di rabbia: “Mi sono lanciato sui miei compagni una volta chiamato timeout, ho parlato e urlato qualcosa a tutti”, mentre lo staff di D’Antoni si preparava già al suo ritorno sul parquet. Non ci voleva poi molto per convincere Houston a rimetterlo in marcatura su KD. Contro di lui il talento degli Warriors ha assunto dimensioni umane: sette punti, tirando 2/7 dal campo negli ultimi 15 minuti di partita, overtime compreso in cui i Rockets si sono presi la prima vittoria in questa semifinale di Conference. Il successo dei texani è stato infatti frutto di molti fattori, a partire dal controllo dei rimbalzi – 55 a 35 il conto totale, con 17 in attacco per Houston. Nove dei 12 totali della partita di Tucker sono arrivati negli ultimi 17 minuti, quando più contava; superando da solo quanto messo assieme da tutto il roster degli Warriors. “Questo è PJ: un vincente, non avrebbe permesso per nulla al mondo che perdessimo di nuovo”. Nessuna lesa maestà nei confronti dei 41 punti di Harden – al suo massimo in questa post-season – ma soltanto il complemento necessario per mettere assieme i pezzi contro i bi-campioni in carica.

Paul: “Tucker è il giocatore più importante del nostro roster”

“Tucker non è uno di quei giocatori che fanno le cose “cool” sul parquet”, sottolinea Chris Paul, autore di 14 punti, otto rimbalzi e sette assist; ancora a caccia di una maggiore continuità in fase realizzativa. “Non tutto quello che riesce a fare per pesare sul match compare poi nelle statistiche a fine partita. Lo ripetiamo sempre, ma è difficile trovare il modo di apprezzare il lavoro fatto da giocatori che pensano alla squadra e non a loro stessi. È di gran lunga il giocatore più prezioso del nostro roster grazie all’atteggiamento che assume sul parquet. Gioca duro e ti costringe ad andargli dietro, a seguire il suo esempio”. Una versatilità che all’occorrenza gli permette di temere botta anche contro Draymond Green, cambiando in difesa senza subire alcun tipo di variazione a livello di rendimento. “Va rispettato per il semplice fatto che ha sempre giocato duro, sin dal primo giorno in cui è arrivato nella Lega”, sottolinea Durant. “Non mi meraviglio della sua resa, è quello che ha sempre fatto in NBA”. KD infatti ha massimizzato il suo impatto nei 12 minuti e 47 secondi trascorsi sul parquet senza Tucker sulle sue tracce: 6/9 al tiro per 22 punti totali. Poi PJ è tornato a limitarne l’impatto: “Per lui rendere la vita difficile a KD è più soddisfacente che segnare un canestro. Sa che non esiste un modo per impedirgli di tirare, ma lui spesso riesce a trovare quello per non fargli fare canestro”.

Eric Gordon da massimo in carriera: “Crediamo in lui”

Una vittoria che non sarebbe mai arrivata però senza il contributo di Eric Gordon, protagonista della miglior partita della sua carriera ai playoff. E non solo perché il totale (30 punti) non era mai stato raggiunto prima dal tiratore n°10, ma anche perché i suoi bersagli sono arrivati in momenti cruciali del match. “Tutto sta nel portare qualcosa in più ogni partita, in attacco, in difesa, ogni partita, cercando di garantirti una chance di successo”. Gordon è diventato il secondo violino dei Rockets quando si tratta di muovere la retina, mettendo a referto assieme con Harden ben 71 punti – quarta miglior prestazione all-time per un duo nella storia dei Rockets, alle spalle di quelli che avevano la fortuna di accompagnarsi con Olajuwon. E CP3 è il primo a sottolineare quanto i suoi canestri siano alla base del successo di Houston: “In alcuni frangenti non crediamo in lui molto di più di quanto non faccia con sé stesso. Siamo certi del suo contributo, diventato sempre più importante in questi playoff. È una benedizione averlo in squadra”. Durant invece li definisce “timely shot”: bersagli che fanno più male degli altri perché arrivano nel momento ideale e spesso tagliano le gambe all’avversario. A inizio partita il suo è stato un testa a testa serrato contro tutto il roster Warriors: le sue cinque triple a referto a inizio terzo quarto infatti pareggiavano il totale raccolto da tutta Golden State fino a quel momento, in un match da 7/14 dall’arco - la sua miglior prestazione dalla lunga distanza ai playoff. Un contributo necessario per riaprire una serie che ha ancora molto da dire.