Prestazione straordinaria dei campioni in carica, che senza Kevin Durant sbancano Houston grazie ai 33 punti di Steph Curry (tutti nel secondo tempo) e i 27 di Klay Thompson. Delusione enorme per i texani, a cui non bastano i 35 di James Harden e i 27 di Chris Paul per forzare gara-7
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"Don’t ever underestimate the heart of a champion". È la frase più famosa di Rudy Tomjanovich, l’allenatore che ha portato gli Houston Rockets per due volte sul tetto del mondo. Ed è in qualche modo curioso che questa frase si adatti così bene a quanto fatto dagli avversari dei Rockets, i Golden State Warriors, che nelle condizioni più avverse possibili sono andati a vincere sul campo di Houston e a chiudere la serie. Senza poter contare Kevin Durant, i campioni in carica hanno strappato una vittoria di cuore ed esperienza in condizioni critiche, rimanendo attaccati alla partita fino a quando non ci hanno pensato Klay Thompson e Steph Curry a portare a casa uno dei successi più pesanti dell’era Steve Kerr. Le due superstar offensive degli Warriors si sono divisi equamente le due frazioni di gioco: nel primo tempo è stato Thompson a tenere in piedi i suoi, chiudendo all’intervallo con 19 punti per forzare un pareggio sul 57-57 che sembrava insperato, vista la pessima prestazione di Curry. Per la prima volta nella sua carriera ai playoff, infatti, il due volte MVP ha chiuso senza punti a referto, frenato dai falli (due subito nel primo quarto) e frustrato dalle continue attenzioni della difesa di Houston. Nel secondo tempo però la musica è cambiata, eccome: Curry è esploso per 33 punti nella ripresa, di cui 23 nel solo ultimo quarto (record in carriera) durante il quale ha segnato tutti i canestri più importanti, con 16 punti negli ultimi 5 minuti per tramortire gli avversari. Non bisogna però pensare che il successo sia solo merito degli Splash Brothers: tutti i giocatori di Golden State hanno giocato una partita straordinaria, da Andre Iguodala (massimo stagionale da 17 punti con 5/8 da tre), Kevon Looney (14 punti fondamentali dalla panchina), Shaun Livingston (11, non andava in doppia cifra da gennaio) e Draymond Green vicino alla tripla doppia (8 punti, 10 rimbalzi e 7 assist). A testimoniare lo sforzo di squadra dei campioni in carica c’è la sequenza confezionata dai quattro reduci del titolo 2015 a 36 secondi dalla fine: scarico di Curry contro il raddoppio della difesa, passaggio di Green in angolo per Iguodala, assist per Thompson e tripla del +6 che ha di fatto chiuso la partita, nonostante le successive tre triple dei Rockets.
Paul e Harden non bastano: i Rockets sprecano l’occasione della vita
La lista dei rimpianti per gli Houston Rockets potrebbe riempire righe e righe di questo articolo. Davanti alla più grande occasione capitata probabilmente negli ultimi cinque anni ad un’avversaria degli Warriors, i texani non sono riusciti a fare il passo in avanti decisivo pur avendo cominciato l’ultima frazione con cinque lunghezze di vantaggio, merito di una prestazione vintage di Chris Paul. Il numero 3 ha infatti chiuso con 27 punti, 11 rimbalzi, 6 assist e 11/19 al tiro in 38 minuti, dando tutto quello che aveva per forzare gara-7 e procurarsi forse l’ultima chance di andare alle prime Finali NBA della carriera. Un palcoscenico a cui anche James Harden manca dal 2012, quando però era solo il sesto uomo degli Oklahoma City Thunder e non l’MVP in carica di una contender: questa notte il Barba ha chiuso come miglior marcatore della sfida con 35 punti, a cui ha aggiunto 8 rimbalzi, 5 assist, 4 recuperi pur con 6 palle perse in 39 minuti. Le sue percentuali al tiro non sono neanche state pessime (11/25 dal campo, 6/15 da tre punti), anche se i cinque errori ai liberi (7/12) accumulati nel corso della gara pesano come macigni se visti con il senno di poi.
Oltre alle due stelle, è mancato il contributo di buona parte dei compagni: PJ Tucker ha fatto quasi tutta la partita in campo (45 minuti) e ha chiuso con 15 punti, anche se non è riuscito a dare il solito contributo a rimbalzo (solo 4 di cui uno offensivo); Eric Gordon è incappato in una prestazione scialba, chiudendo con 9 punti e 4/10 al tiro; Clint Capela è andato male al di là della doppia doppia da 10 punti e 10 rimbalzi, senza riuscire a far pesare i suoi centimetri sui due lati del campo. E dire che la squadra di Mike D’Antoni aveva anche pescato una serata da 43.6% da tre punti (17/39) vincendo anche la lotta a rimbalzo che in questa serie era stata sempre decisiva, ma non è riuscita a fermare un attacco privo di Durant concedendo agli ospiti il 49% dal campo e il 42% dall’arco (16/38), venendo puniti dalle triple di Iguodala sugli scarichi e dalle esplosioni degli Splash Brothers. Quello che sarà il futuro di questa squadra ora è tutto da definire, visto che si sono fatti sfuggire l’occasione più grande che potessero sperare: sarà una lunga estate di riflessioni anche a Houston, perché questa sconfitta è destinata a lasciare il segno.