In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

NBA Finals 2019, Marc Gasol il playmaker in più: "Ma la chiave è la difesa"

NBA

Mauro Bevacqua

Dopo una gara-1 da 20 punti, il 60% dal campo e il 50% da tre, il nome del catalano arrivato da Memphis solo a febbraio è sulla bocca di tutti. Lui sembra non farci caso: "Sono le piccole cose quelle che fanno la differenza"

IL SEGRETO DIETRO LA MAGLIA DI DELL CURRY INDOSSATA DA DRAKE

IL FUTURO DI KAWHI LEONARD

Condividi:

TORONTO — Marc Gasol ha in palmares una medaglia d’oro ai Mondiali (nel 2006 in Giappone), altre due agli Europei (2009 e 2011), due argenti alle Olimpiadi (Pechino 2008 e Londra 2012, sconfitto solo da Team USA). Ma dopo 10 stagioni e mezzo a Memphis, queste con i Toronto Raptors — che lo hanno accolto alla ultima trade deadline — sono le sue prime finali NBA. A giudicare da gara-1, il catalano si è fatto trovare pronto. Ha segnato 20 punti con il 60% dal campo e il 50% (2/4) da tre, ha collezionato 7 rimbalzi, ci ha aggiunto 2 recuperi, ha chiuso con un +8 di plus/minus ma ancora meglio ha fatto per net rating (+17.2), perché con lui in campo la squadra in attacco ha girato al massimo (131.7 punti per 100 possessi nei 30 minuti che lo hanno visto sul parquet). Contemporaneamente veterano e debuttante, il centro di Toronto è diventato uno degli uomini di copertina in attesa di gara-2, per il suo contributo tanto offensivo quanto difensivo. Contributo che gli Warriors conoscono bene, “lo abbiamo affrontato tante da avversario nei playoff”, dice Klay Thompson. “I suoi 20 punti hanno avuto un’importanza enorme per loro ma Marc è anche un grande passatore, lo è sempre stato da quando è arrivato nella lega. E poi difende bene al ferro. Hanno fatto un gran colpo con la trade di febbraio”. Qualità che gli riconosce anche Steve Kerr: “Il suo arrivo ha dato ai Raptors un passatore in più, un altro playmaker. Marc è unico perché è capace di segnare da tre punti ma in realtà è davvero un ottimo playmaker secondario per la sua squadra, per cui quando gli arriva la palla sui ribaltamenti può farla girare creato attacco e sfruttando ogni raddoppio e qualsiasi tipo di pressione difensiva”. Proprio questa doppia dimensione — minaccia col tiro da fuori, capacità di trovare i compagni — lo stesso Gasol la commenta così: “Se le rotazioni difensive avversarie lasciano qualche mio compagno libero, è nella mia natura di fare l’extra pass e servirlo. Se invece restano sui tiratori e mi lasciano libero, a quel punto è compito mio segnare da tre”.

Klay Thompson: “Dobbiamo farlo lavorare di più in difesa”

Lo ha puntualmente fatto in gara-1, ma il centro catalano non guarda tanto all’attacco quando gli si chiede di valutare la prestazione sua e della squadra, capace di correre tanto e bene contro la transizione difensiva di Golden State: “Si può dire che sia stata una delle chiavi, ma ce ne sono molto: per poter correre devi prima fermare l’attacco avversario, e per fermarlo devi comunicare al meglio in difesa, devi essere fisico, devi fare tutte quelle piccole cose che sono necessarie, ad esempio finire ogni possesso sicuro di assicurarti il rimbalzo difensivo. Contro una squadra come gli Warriors in difesa ci vengono richiesti sforzi multipli, soprattutto in aiuto. Devi essere sul perimetro, poi rientrare sotto canestro, poi magari uscire ancora su un tiratore e tornare appena possibile a dare una mano a rimbalzo. La comunicazione è fondamentale”. Ma a sentire lui — arrivato sostanzialmente da poco a Toronto — immergersi nel sistema difensivo di Nick Nurse non è stato difficile: “Coach fa un gran lavoro permettendoci molta libertà in attacco, ma in difesa vuole grande disciplina nelle cose che siamo chiamati a fare. Fatte quelle, però, ci lascia anche qui liberi di leggere gli attacchi avversari e fare la scelta migliore per la squadra”. E proprio sul Gasol difensore si concentra anche Klay Thompson: “Negli anni è diventato un ottimo tiratore da tre e l’altra sera ha fatto la differenza: non possiamo permettergli di tirare libero da tre, dobbiamo farlo lavorare di più in difesa, allontanandolo dal canestro e costringendolo a venirci a marcare sul perimetro, dove di solito i lunghi non vogliono spingersi. Più loro scelgono di passare attraverso di lui in attacco, più noi dobbiamo cercare di attaccarlo il più possibile in difesa”. La sfida, per gara-2, è già lanciata.