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NBA, il miglior attacco della lega? È quello degli Washington Wizards

NBA

Dario Vismara

©Getty

Nonostante le sole tre vittorie su undici partite, la squadra con il miglior rating offensivo di tutta la NBA sono gli Washington Wizards di Bradley Beal. Certo, hanno anche la seconda peggior difesa, ma il dato è comunque particolare: ecco come ci sono riusciti

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È passato quasi un mese dall’inizio della regular season e tutte le squadre hanno alle spalle ormai una dozzina di partite. I campioni statistici iniziano perciò ad avere una qualche valenza, per quanto una partita molto positiva o molto negativa possa influenzare ancora molto i dati complessivi di una squadra o di un giocatore. È comunque curioso che in testa a tutta la NBA per rating offensivo — cioè i punti segnati parametrati su 100 possessi, strumento fondamentale in una NBA in cui il ritmo è diventato un elemento chiave dell’identità di tutte le squadre — ci sia una franchigia con un record estremamente perdente. Con 112.4 punti segnati su 100 possessi in testa ci sono infatti gli Washington Wizards, che di vittorie finora ne hanno conquistate solamente tre sulle undici partite disputate. Già, perché quella guidata da Scott Brooks è la squadra più sbilanciata della lega: fortissimi in attacco e scarsissimi in difesa, dove solamente i Golden State Warriors fanno peggio dei loro 114.4 punti concessi su 100 possessi. Sul dato curioso di Washington hanno ovviamente un grosso peso i 158 punti realizzati nella storica sconfitta in casa contro gli Houston Rockets di James Harden, serata in cui Bradley Beal e soci hanno segnato praticamente di tutto (62.6% dal campo e 55.6% da tre punti), ma in generale Washington è stata tenuta sotto i 100 punti segnati solamente una volta (alla seconda gara stagionale contro OKC) e per cinque ha superato quota 120, di cui tre oltre i 130. Numeri che non ci si aspetterebbero da una squadra che ha poco talento NBA al di fuori di Bradley Beal, ma che sta sorprendendo molti.

Il segreto di coach Brooks: condividere il pallone

Uno dei segreti dell’attacco di Washington è la condivisione del pallone. Lontani sono i giorni in cui John Wall e Beal monopolizzavano i possessi senza passarla mai se non tra di loro: oggi questi Wizards sono in top-10 per percentuale di assist realizzati (61.6%) e secondi per frequenza (18.8, solo Phoenix fa meglio). Con oltre 305 passaggi gli Wizards sono sesti in NBA per passaggi realizzati a partita, da cui costruiscono tante delle loro conclusioni (47.9 passaggi a partita portano direttamente a un tiro, anche qui sesti in NBA) cercando di sopperire alle loro mancanze a livello di talento attraverso il gioco di squadra. A questo aiuta avere delle ottime spaziature date dalla presenza di Davis Bertans (42% da tre punti su oltre 7 tentativi a partita) e l’incredibile Moritz Wagner di questo inizio di stagione (48% al tiro pesante su 2.5 triple a gara), due dei sei giocatori in doppia cifra di media della squadra insieme a Beal, Thomas Bryant, Isaiah Thomas e Rui Hachimura. È particolare peraltro che in panchina ci sia uno come Scott Brooks, a cui negli anni in cui allenava gli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant e Russell Westbrook veniva contestato proprio di non riuscire a creare un sistema di condivisione del pallone: farlo con una sola stella come Beal — che peraltro ha deciso di legarsi alla franchigia a lungo — e con un roster pieno di giocatori che di fatto non hanno ancora ottenuto nulla nella loro carriera è un po’ diverso rispetto a convincere giocatori del calibro di KD e Westbrook.

La centralità di Bradley Beal: senza di lui l’attacco crolla (ma la difesa regge)

Bradley Beal è ovviamente il fulcro dell’attacco di Washington: con 30 punti a partita sta vivendo la sua miglior stagione da quando è in NBA (secondo in tutta la lega alla pari di Giannis Antetokounmpo, alle spalle dell’irraggiungibile James Harden), facendo registrare i massimi in carriera per tiri segnati e tentati (sia dal campo che da tre punti), liberi tentati e realizzati, assist (quasi 7 a gara) e inevitabilmente anche palle perse (3.6 a partita). Il numero di possessi che utilizza a partita è ovviamente tra i più alti della lega, anche se non rientra neanche in top-6, anche se la percentuale di assist è la più bassa tra quelli con uno Usage paragonabile al suo — sintomo che quando il pallone esce dalle sue mani non si ferma ma continua a viaggiare. Inevitabile però che senza di lui tutto il giochino crolli: nei 401 minuti finora disputati gli Wizards hanno un rating offensivo di 115.3 con lui in campo, ma nei 127 in cui si siede precipitano a 99.3, anche se in qualche modo si scoprono improvvisamente difensori concedendo solo 99 punti su 100 possessi agli avversari (nel calcio si direbbe che provano a “tenere lo zero a zero”). Meglio di lui in quanto a rating offensivo fa solamente Isaiah Thomas con 116.1, ma sin dai tempi di Boston si sapeva che con lui sul parquet è pressoché impossibile avere una difesa competitiva, come testimonia il 124.4 di rating difensivo quando è in campo (peggior dato di tutta la squadra). 

Potranno continuare così? Alcune statistiche dicono di no

Quanto è sostenibile tutto questo? Poco, verrebbe da dire: Washington sta tirando bene dal campo (53.5% di percentuale effettiva, 56.8% di percentuale reale — entrambi dati top-10) e viaggia ad alto rimo (105 possessi a partita, settima in NBA), ma certe percentuali sono destinate a calare anche perché hanno poche ancore di salvataggio in caso di secche offensive e/o di riposi di Beal. Washington non ha una selezione di tiro estremamente sbilanciata verso il tiro da tre punti (anzi, è esattamente nella media della NBA), ma segna molto dalla media distanza (quarta squadra nella lega), va poco in contropiede e ancora di meno dalla lunetta, mancando di quei punti facili che ti possono tenere in piedi nei momenti più difficili. Le altre squadre, poi, non continueranno ad approcciare le partite contro di loro con una certa superficialità, consapevoli che anche concedendo qualche canestro in più in difesa potranno comunque rifarsi subito dall’altra parte in attacco. E il loro continuo movimento di uomini e palla (a proposito: con 4.7 miglia orarie di velocità media sono la quinta squadra più veloce della NBA in attacco) non continuerà a sorprendere tutti ancora per molto. Ma per adesso funziona quantomeno per dare loro un’identità offensiva, e tanto basta per dare un senso a questa stagione inevitabilmente di transizione in attesa che rientri John Wall.