La superstar dei Lakers rivela di aver disputato gara-6 delle finali di conference a Est del 2012 — con i suoi Miami Heat sotto 2-3 contro Boston e spalle al muro — convinto che se avesse perso Pat Riley avrebbe messo fine (due anni solo dopo la sua creazione) al progetto “Big Three” a South Beach
Quella gara-6 di finale di conference a Est nella primavera 2012 se la ricordano in tanti, tifosi o semplici appassionati NBA. Tutti d’accordo: una delle migliori partite della carriera di LeBron James, che con i suoi Heat spalle al muro, sotto 2-3 contro i Celtics, fu capace di chiudere con 45 punti, 15 rimbalzi e 5 assist in 45 minuti di gioco, dando così la vittoria a Miami. Anche perché — ha confessato proprio in questi giorni lo stesso LeBron, in un Instagram Live nel quale ha cercato un contatto a distanza con i suoi fan durante il periodo di quarantena a cui tutti i Lakers sono soggetti — “King” James era convinto che in caso di sconfitta l’esperimento dei “Big Three” a Miami sarebbe potuto finire lì. “Sono sceso in campo con quella mentalità”, ha raccontato: “Se perdiamo Pat Riley potrebbe tranquillamente voler cambiare tutto [e cedere uno tra me, Dwyane Wade o Chris Bosh]: e io non volevo che succedesse”. “Sarebbe stato — ha continuato il n°23 oggi ai Lakers — la separazione più rapida nella storia del basket”, riferendosi al terzetto che si era formato soltanto nell’estate del 2010 (con la sua famosa The Decision) e che nel 2011 — dopo una prima stagione assieme — era arrivato a un passo dal vincere il titolo NBA, piegandosi in finale soltanto ai Dallas Mavericks.
Una prestazione leggendaria
Preoccupazioni esagerate? Non si può mai dire, soprattutto considerando anche i trascorsi storici di un uomo come Pat Riley, mai timoroso di prendere decisioni anche rischiose (la trade di Shaquille O’Neal l’anno dopo averci vinto un anello solo l’ultimo degli esempi). “Pensavo che avrebbe potuto far saltare per aria i ‘Big Three’ — aggiunge James — ma pensavo anche che la mia immagine ne sarebbe uscita danneggiata, se non fossi sceso in campo e non avessi giocato ad altissimo livello”. Che invece sarebbe stata una delle sue migliori prestazioni di sempre fu chiaro fin dall’inizio: LeBron segnò 10 dei suoi primi 11 punti e all’intervallo aveva già 30 punti a referto. “Che avessimo finito per vincere, perdere o pareggiare, dovevo essere concentrato al massimo. Non so se una sconfitta avrebbe voluto dire la fine dei ‘Big Three’ ma la mia mentalità entrando in campo era quella: focus massimo per trascinare i miei alla vittoria”. Non solo quella di gara-6, e neppure quella di gara-7 un paio di giorni dopo: in cinque gare, in finale NBA, gli Heat ebbero la meglio anche dei Thunder, e per LeBron James le paure di un fallimento si erano così tramutate nel primo, indimenticabile anello di campione NBA.