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17/30: Bradley Beal ne segna 30 a sera, ma la star di Washington vuole (e merita) di più

FOCUS NBA
©Getty

Solo James Harden, negli ultimi tre anni di NBA, è stato capace di chiudere una stagione oltre i 30 di media: Beal viaggia a 30.3, è esploso oltre i 50 in due serate consecutive ed è oggi più che mai il giocatore franchigia degli Washington Wizards. Ma ecco perché potrebbe tutto cambiare molto presto

Kemba Walker, Trae Young, Giannis Antetokounmpo, Pascal Siakam, Joel Embiid, Kyle Lowry, Ben Simmons, Jimmy Butler, Khris Middleton, Bam Adebayo, Jayson Tatum e Domantas Sabonis. La lista dei giocatori della Eastern Conference convocati lo scorso febbraio per l’All-Star Game di Chicago vedeva esattamente questi 12 nomi. Un tredicesimo nome, quello di Bradley Beal, non c’era. Certo, si può far notare il record dei suoi Wizards — al tempo (20-33) — ma Trae Young (15-41 i suoi Hawks) era addirittura in quintetto. Fast-forward di un mese, a metà marzo, quando la lega è stata costretta a fermarsi: Bradley Beal (30.5 punti di media) è il secondo miglior realizzatore NBA dietro solo a James Harden ed è il n°1 di tutta la lega dall’inizio del 2020, viaggiando a 33.3 a sera (media che si innalza a 36.2 se si conta solo il mese di febbraio, anche questo chiuso da capocannoniere NBA). A partire dal 20 gennaio, per tutto quel mese di febbraio che ha visto i migliori talenti dell’Est NBA darsi appuntamento a Chicago e poi ancora fino al 6 marzo, Bradley Beal ha segnato 25 o più punti in 21 partite consecutive, la striscia più lunga dell’intera stagione NBA e la seconda più lunga sia nella storia degli Wizards che per un giocatore della Eastern Conference dal 2000-01 (meglio di lui solo Allen Iverson nella sua annata da MVP). La guardia di Washington — regolarmente alla partita delle stelle sia nel 2018 che nel 2019 — quell’esclusione dalla lista degli All-Star deve averla digerita davvero male (“No”, la secca risposta alla domande se avesse seguito in tv la sfida) se al ritorno in campo, dopo averne messi 26 contro Cleveland il 20 febbraio, esplode per 53 e 55 in serate consecutive. La prima proprio a Chicago, il 23 febbraio; la seconda contro Milwaukee il giorno dopo, stabilendo così il proprio massimo in carriera e subito ritoccandolo e diventando anche il primo giocatore dai tempi di Kobe Bryant nel 2007 (e il sesto nella storia) a segnare due cinquantelli in back-to-back.  

Verso la maturità e verso scelte importanti

Ancora una volta, però, c’è chi può far notare: 53 punti contro Chicago, e sconfitta; 55 punti contro Milwaukee, e sconfitta. E di sconfitte Bradley Beal ne ha contate 40 — su 64 gare disputate dai suoi Wizards — solo quest’anno, 330 su 630 (più della metà) da quando è entrato nella lega, terza scelta assoluta al Draft 2012 in uscita da Florida. Per non parlare dei playoff: raggiunti sì in 4 delle sue 8 stagioni NBA, ma dove — nonostante un record personale positivo (40 gare disputate, 21 vinte, 19 perse) — non è mai andato oltre una semifinale di conference. Ora, Bradley Beal è ancora giovane — a giugno compirà 27 anni — ma è già al suo ottavo anno NBA e avvicinandosi il picco, fisico e tecnico, della sua maturazione come giocatore, ogni decisione sul suo futuro presa oggi probabilmente andrebbe a definire quella che negli Stati Uniti chiamano legacy, ovvero il suo lascito sportivo, determinando come ricorderemo — fra 20 o 30 o 50 anni — Bradley Beal come giocatore. In realtà una decisione sul suo futuro Beal l’ha già presa, non più tardi dello scorso 17 ottobre: prima del via di quest’ultimo stagione, il n°3 degli Wizards ha firmato un’estensione biennale (per 72 milioni di dollari) che lo lega a Washington fino al 2023, anche se l’ultima stagione del contratto è garantita (a oltre 37 milioni di dollari) solo se il giocatore vorrà esercitarla. “Un giocatore non arriva spesso ad avere questo tipo di posizione, questo tipo di potere, all’interno di una franchigia”, aveva commentato al tempo Beal, felice di essere la pietra angolare del progetto Wizards.

Washington a un bivio: le ipotesi per il futuro

Ora, però, quel progetto Wizards ha aggiunto un’ulteriore stagione di mediocrità, segnata da un numero di sconfitte doppio rispetto alle vittorie, dal peggior dato di efficienza difensiva della lega (115 punti concessi ogni 100 possessi), da 21 quintetti diversi dovuti schierare in campo da coach Scott Brooks e da un supporting cast che ovviamente non sembra all’altezza di uno dei migliori talenti della lega — il quintetto più usato da Washington quest’anno (peraltro utilizzato solo 11 volte) ha visto accanto a Beal Isaiah Thomas (poi lasciato andare), un rookie come Rui Hachimura, Troy Brown e Thomas Bryant. È vero, l’anno prossimo tornerà John Wall (ma come? Che giocatore sarà?) ma gli Wizards oggi non sembrano una squadra capace di diventare presto competitiva nella Eastern Conference dei Bucks, dei Celtics, dei Raptors, dei Sixers. Se la proprietà e il front office realizzassero di non riuscire a costruire una contender credibile prima dell’estate 2022 — due stagioni NBA, un tempo davvero ristretto — allora forse per Washington ha più senso provare a cedere Beal ora, quando la contropartita potrebbe essere il massimo ottenibile. Rinunciando all’opzione sul suo ultimo anno nell’estate 2022 il n°3 degli Wizards potrebbe scegliere tra un nuovo quinquennale record in quella che a oggi è stata la sua unica squadra/città NBA (per 266 milioni di dollari) oppure scegliere un accordo da 4 anni e 198 milioni da qualche altra parte. E certo di squadre pronte a farsi avanti ce ne sarebbero.

Che giocatore è Bradley Beal (e quali sono i suoi punti forti)

Si assicurerebbero un giocatore che per proprietà di fondamentali, pulizia del suo tiro ed eleganza sul parquet ricorda un campione come Ray Allen: il jumper di Beal è da manuale, la sua struttura fisica ne fa un giocatore atletico ma allo stesso tempo “smooth”, leggero, fluido, morbido in ogni suo movimento. Non solo — come detto — oggi è il secondo miglior marcatore NBA ma degli 11 giocatori chiamati quest’anno a gestire almeno 1.500 possessi Beal è l’attaccante che fa registrare il quinto miglior dato per efficienza offensiva (1.032 punti per possesso): “Trova sempre un modo di far canestro — dice di lui il suo allenatore Scott Brooks — ma trova sempre anche un modo per trovare il suo compagno libero”. E di fatti Beal, oltre i 6 assist di media, è anche il miglior passatore degli Wizards, capace per ben sei volte in stagione di chiudere in doppia cifra anche per assist. Chiamato spesso palla in mano a iniziare l’azione, la guardia di Washington gestisce tantissimi pick and roll, e tra i giocatori con più di 500 possessi del genere è sesto in tutta la NBA (dietro solo a Damian Lillard, Chris Paul, Kemba Walker, Luka Doncic e Trae Young) per efficienza offensiva, e addirittura quarto per numero di possessi che si concludono con punti a tabellone. L’attacco degli Wizards — appena fuori dalla top 10 NBA — sarebbe il terzo miglior attacco della lega quando lui è in campo ma cala notevolmente (quasi 8 punti su 100 possessi) nei 1.034 minuti che lo hanno visto in panchina. A preoccupare però è di più il dato difensivo, che nei 2.053 minuti che hanno visto Beal sul parquet hanno visto Washington concedere oltre 117 punti per 100 possessi agli avversari, un dato ancora peggiore di quello medio di squadra, già fanalino di coda nella NBA. I ranking difensivi nelle fasi di gioco che lo vedono più impegnato — in difesa sul pick and roll avversario o a inseguire il proprio uomo sul perimetro — parlano di Beal come di un difensore nella media se non addirittura buono, ma è ovviamente l’attacco il punto di forza del repertorio del giocatore: “Non è stato scelto per l’All-Star Game — conclude coach Brooks — ma nelle votazioni dei giocatori è arrivato secondo — e questo dice molto. Perché i giocatori sono quelli che vanno in campo, loro sanno il valore degli avversari. E sanno che Bradley è impossibile da marcare”.