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18/30: D’Angelo Russell, un All-Star tira (e trattiene) l’altro ai Minnesota Timberwolves

focus nba
©Getty

Il nuovo n°0 dei Timberwolves non è soltanto il miglior amico di Towns (e una garanzia della sua permanenza a Minneapolis), ma anche un talento attorno al quale costruire il futuro della squadra. Sperando che sul parquet le cose funzionino tra i due così come nella vita

Draft 2015: prima scelta assoluta Karl-Anthony Towns ai T’Wolves, la seconda D’Angelo Russell ai Lakers. Una coppia unita dal destino in quella serata fondamentale nella carriera di entrambi, un’amicizia e un legame nati (anche grazie a quello) nei mesi precedenti. Due talenti assoluti, giovani e ambiziosi che al posto di “farsi la guerra” hanno sin da subito riconosciuto nell’altro capacità e doti che vanno ben oltre quelle mostrate sul parquet. Fin dai tempi dell’high-school, quando i due si incrociarono per la prima volta sul parquet e nella vita: “Ricordo bene quella partita - ha raccontato Towns in un’intervista di qualche tempo fa - meritavamo di vincerla, ma abbiamo perso perché abbiamo smesso di giocare troppo presto e abbiamo lasciato spazio a D-Lo”. Non erano mai riusciti a far parte della stessa squadra, nonostante nel lungo processo di pre-selezione prima del Draft abbiano indossato sempre la stessa casacca: “Era incredibile, sapevo che Karl sarebbe stato la prima scelta e quindi un rivale da tenere d’occhio, ma giocando al suo fianco riuscivo a mettere in mostra anche le mie dote. Lui faceva canestro, ma anche ho fatto un’ottima impressione”. Un’intesa diventata in breve tempo amicizia, mai nascosta e sempre più ostentata durante l’off-season quando il “prima o poi giocheremo insieme” suonava come un monito per i rispettivi GM. Non è infatti una scena usuale, soprattutto in un mondo come quello NBA in cui i cambi di maglia e di squadra avvengono a sorpresa nel giro di poche ore, vedere l’All-Star di una franchigia correre festante all’aeroporto in attesa dell’arrivo di un nuovo compagno per mostrargli la sua maglia: “Noi ci sentiamo letteralmente ogni giorno: non posso credere che da adesso in poi le nostre non saranno telefonate o chiacchierate mentre giochiamo ai videogame, ma conversazioni da vicini di casa e all’interno dello spogliatoio”. Chi trova un amico, trova un tesoro. E in NBA anche una squadra disposta a puntare su di te.

I T’Wolves, la prima squadra che ha “davvero desiderato” D-Lo

L’ambizione di Russell in fondo non è mai stata quella di imporsi in un determinato contesto, ma semplicemente di fare del suo meglio - possibilmente diventando un All-Star, un vincente e prendendosi quel massimo salariale arrivato in maniera rocambolesca lo scorso 1 luglio. Una frase spiega bene il punto di vista dell’ex-Warriors, rilasciata a ESPN ben prima di affermarsi come All-Star: “Non voglio necessariamente che i Lakers siano parte della legacy e della storia che mi lascerò alle spalle durante la mia carriera. Le persone oggi non ricordano Chauncey Billups per il fatto di essere stato scelto dai Celtics, ma per quanto è riuscito a fare da All-Star con Denver e Detroit. Questo è l’esempio che voglio seguire”. Cambiare per migliorarsi quindi non è mai stato un problema e il passaggio a Brooklyn è stato il più fortunato che potesse capitargli - considerando le premesse, la lite in spogliatoio con Nick Young ai Lakers e tutto il polverone che ne era seguito. La parentesi più felice della sua carriera, almeno fino alla scorsa estate, quando una squadra funzionale costruita attorno a lui ha deciso di cogliere un’occasione unica sul mercato, mettere sotto contratto due campioni di primo livello come Kyrie Irving e Kevin Durant, rinunciando a lui, al suo rinnovo multimilionario e dirottandolo - chiaramente per qualche mese - ai derelitti Golden State Warriors di questa regular season. Un passaggio obbligato, prima di trovare un nuovo progetto in grado di investire su di lui, come i Minnesota Timberwolves: “Mi sono sentito desiderato davvero per la prima volta nella mia carriera”. Un enorme passo in avanti, per chi ha già vestito maglie più pesanti di quella dei T’Wolves, ma che non ha mai ricevuto un’accoglienza del genere.

Towns + Russell: un legame che (sperano) funzioni anche in campo

La domanda che tutti continuano a farsi però è una sola: la convivenza sul parquet tra Towns e Russell funzionerà? A Minneapolis hanno imparato a loro spese che, prima di tutto, bisogna andare d’accordo ed essere sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda - ogni riferimento a Jimmy Butler e al suo tragico addio non è puramente casuale. Dopo questo però la chimica offensiva e soprattutto a protezione del ferro diventa la discriminante decisiva per portare avanti un progetto del genere. Tra trasferimento arrivato arrivato soltanto poco prima della deadline di febbraio, infortuni e sospensione della regular season, Towns e Russell al momento sono scesi sul parquet soltanto una volta insieme per 25 minuti nella gara in trasferta persa a Toronto. I dati che hanno messo a referto al momento sono tutt’altro che incoraggianti: al convincente 119 di rating offensivo infatti fanno da contraltare i disastrosi 139.7 punti concessi quando si tratta di proteggere il proprio canestro. Un numero enorme che ben racconta le paure che gravitano attorno all’intera operazione: due giocatori così talentuosi quando si tratta di andare a segno - basta immaginare quanto sarà complicato difendere su un pick&roll tra i due, con Towns che tra le altre cose è diventato un tiratore da oltre il 40% dalla lunga distanza - che hanno sempre fatto fatica a rendere nello stesso modo nella propria metà campo. A entrambi inoltre secondo alcuni manca la “cattiveria” necessaria per vincere in un contesto competitivo come la NBA - anche in questo caso, Butler potrebbe portare la sua testimonianza. Tanti punti interrogativi che tuttavia non riducono l'entusiasmo a Minneapolis, felici di aver trovato un piano B per rilanciare la franchigia e di aver messo assieme i migliori due talenti selezionati dalla lega in una notte di giugno del 2015.