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NBA, Shaquille O’Neal: “I miei Lakers più forti dei Bulls di Jordan”

le parole
©Getty

Il centro dei Lakers del three-peat 2000-02 non ha dubbi sul fatto che lui, Kobe e gli altri avrebbero battuto “facilmente” i Chicago Bulls ben sei volte campioni NBA negli anni ’90: “Il fattore determinante sarebbe stata la mia presenza sotto canestro: chi poteva opporsi al mio strapotere fisico?"

È un eterno copione che ciclicamente torna a far discutere. Basta un’opinione, o meglio un paragone con il più grande di tutti per scatenare il dibattito. Questa volta ci ha pensato Shaquille O’Neal, da sempre convinto del fatto che i suoi Lakers siano stati la miglior squadra di sempre. Anche più forte dei Chicago Bulls che pochi anni prima avevano dominato la lega per un decennio: “Perché avrei distrutto tutti i giocatori che avrebbero mandato contro di me sono canestro, i vari Luc Longley, Bill Winnington, Bill Cartwright. Sarei stato io il fattore decisivo di quelle sfide e la mia capacità di segnare tiri liberi. Quello sarebbe stato l’unico modo per limitarmi”. Il problema principale nel caso di testa a testa sarebbe stato in panchina: quale delle due squadre avrebbe allenato Phil Jackson, quale delle due creature che era riuscito così sapientemente a plasmare attorno ai tanti All-Star e campioni che aveva a disposizione sul parquet? “Avrebbe scelto i Bulls, soltanto per una questione temporale: sono stati la sua prima vera squadra, la prima impresa della sua carriera”. Shaq non ha dubbi su come sarebbero andate le cose: “Phil mi conosce bene, per quello avrebbe cercato in tutti i modi di innervosirmi con l’Hack-a-Shaq. Falli a ripetizione. Io avrei viaggiato tranquillamente a 28-29 punti di media, ma a decidere tutto sarebbe stata la mia percentuale ai liberi. Con me è sempre stato un testa o croce, 50% di possibilità di riuscita e 50% di fallimento. Segnare con continuità dalla lunetta per i Lakers avrebbe significato successo - e battere anche Jordan”. Shaq dalla sua in fondo ha sempre la famosa serie di semifinale playoff del 1995 con i Magic: 24 punti, 13 rimbalzi, 4 assist e 2 stoppate di media, un giocatore incontenibile per quei Bulls che da poche settimane avevano ritrovato Jordan dopo quasi due anni d’assenza. Era una Chicago diversa quella che affondò per 4-2 contro Orlando: una sconfitta che diede la scossa a quei Bulls e soltanto in parte una testimonianza di quello che il centro dei Lakers avrebbe potuto fare contro una delle più forti squadre di tutti i tempi.