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NBA, LeBron James: "Io da point forward in quei Bulls di Jordan? Un livello mai visto"

NBA

Per quasi un'ora, nel suo show su "Uninterrupted", la superstar dei Lakers condivide le sue riflessioni su "The Last Dance". E rivela la prima volta in campo contro MJ (nel 2001, a soli 16 anni) e la prima volta in squadra con lui (a un camp estivo: "Non perdemmo mai"). E poi ammette: "Per me a 9 anni MJ è stato un angelo mandato dal cielo"

Tutti continuano a chiedersi se è più forte uno o l’altro. LeBron James pensa che assieme sarebbero stati imbattibili. “Per il modo in cui gioco a basket io, mettendo la squadra al primo posto, le mie caratteristiche avrebbero funzionato alla perfezione con quelle di Mike”. Mike è Michael Jordan, e la superstar dei Lakers per quasi un’ora — nel suo suo show su Uninterrupted “WRTS After Party” — ha discusso delle sue impressioni sul n°23 dei Bulls dopo gli ultimi due episodi di “The Last Dance”. “Mike è un assassino, e con lui a segnare com’era capace di segnare e io a passare il pallone, con la mia abilità di leggere il gioco in anticipo [saremmo stati perfetti]”. James in pratica si candida al ruolo di Scottie Pippen — che infatti ammette di ammirare tantissimo — ma sembra voler dire di averlo potuto fare meglio. “Ho osservato tutto quello che Scottie è stato capace di fare con Mike. Io avrei portato tutto a un altro livello ancora. Pip è sempre stato uno dei miei giocatori preferiti, ma se avessi giocato da point forward accanto a Jordan in quei Chicago Bulls saremmo stati davvero di un altro livello”. Anche a LeBron James — come a tanti fan in tutto il mondo — non è passato inosservato lo stile abrasivo del Jordan compagno di squadra, super esigente e a volte arrogante, al limite del bullismo. Ma la superstar dei Lakers assicura che non ci sarebbero stati problemi: “Amo quando qualcuno, un mio compagno o un allenatore, mi sfida. A Miami Dwyane Wade lo faceva in continuazione: ‘Dai, n°6, andiamo, fammi vedere cosa sai fare’. A Cleveland era coach Lue: ‘Cosa stai aspettando?’. Michael faceva lo stesso, ma sono convinto che l’intesa tra i nostri stili di gioco sarebbe stata perfetta”.

LeBron e MJ: nel 2003 compagni di squadra

Un sogno — quello di vederli giocare assieme — che nel 2003 è diventato realtà poco dopo la scelta al Draft di Cleveland, l’ingresso nella lega e la sua firma con Nike, lo stesso sponsor di Jordan. MJ invita il giovanissimo James al suo camp estivo a UC-Santa Barbara: “Quando il camp finiva io e Michael restavamo in campo insieme a una serie di giocatori di college da lui invitati. Iniziavamo a giocare attorno alle 9 di sera, e di solito si andava avanti per un’ora, un’ora e un quarto. Quando sono stato in squadra con lui non abbiamo mai perso una partita”. James rivela che i due erano già stati in campo assieme una volta — alla Hoops Gym di Chicago nel 2001, quando LeBron aveva solo 16 anni e Jordan stava allenandosi per il suo rientro nella NBA, con gli Wizards. “A me lui sembrava Gesù Cristo. Per me Michael era Black Jesus”, ammette LeBron, che però quel giorno scende in campo da avversario dell’ex n°23 dei Bulls. Non subito, però, a sentire le sue parole: "Per la prima ora stavo a guardare, non mi lasciavano neppure giocare. Poi quando qualche pro della NBA si stancava, allora al suo posto entravo io. 'Ehi, ragazzino, abbiamo bisogno di un decimo: vuoi giocare?', e a me non sembrava vero". La competizione era di gran livello, a sentire i nomi citati: "Paul Pierce, Ron Artest, Penny Hardaway, Jerry Stackhouse, Jamal Crawford, Eddy Curry e i giovani Bulls del tempo", l'elenco stilato da LeBron insieme a Maverick Carter. Che poi rivela. "Mi ricordo che Jordan segnò il canestro della vittoria, proprio con lo stesso tipo di tiro di gara-6 nello Utah nel 1998, e poi disse: 'Ecco perché mi pagano 33 milioni di dollari'". 

LeBron: “Jordan un angelo mandato dal cielo”

James poi accetta di tornare ancora più indietro nel tempo e ricordarsi l'impatto di una mega-star come Michael Jordan su un bambino di soli 8-9 anni che lo guardava in tv venerandolo: "Per un ragazzino come me cresciuto come sono cresciuto io a Akron, Ohio ogni ispirazione è fondamentale, e di solito questa arriva dai campioni dello sport o dagli artisti: sono loro a farti credere che puoi diventare tutto quello che vuoi. Per me Michael Jordan era una sorta di angelo mandato dal cielo che mi aiutava a superare alcuni dei giorni più bui della mia vita, perché anche se ero solo un ragazzino di 9 anni quei momenti non mancavano, e ogni giorno in cui sapevo di poter vedere una partita di Mike in tv per me era una iniezione enorme di energia, di vita”.