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NBA: Utah Jazz, la squadra del momento nella lega: merito del tiro da tre punti e non solo

NBA

Donovan Mitchell e compagni sono reduci da una serie di sette vittorie in fila, una delle quattro squadre a essere già in doppia cifra alla voce “successi” e franchigia di vertice nella Western Conference grazie (un po’ a sorpresa) alla produzione offensiva, al tiro da tre punti e alla capacità di eseguire al meglio nei primi secondi dell’azione

Cultura. È un concetto complicato da declinare quando si parla di pallacanestro, ma a Salt Lake City hanno trovato le chiavi giuste - oltre che i talenti - per mettere a disposizione di coach Quin Snyder (allenatore di primo livello, che troppo spesso passa sotto traccia) un gruppo che sotto la sua guida è cresciuto fino a diventare una costante al vertice della Western Conference. Dopo i dissidi della passata stagione e con gli strascichi tra Donovan Mitchell e Rudy Gobert finalmente archiviati e sepolti da un paio di rinnovi multimilionari arrivati lo scorso autunno, Utah ha trovato la chimica giusta per far pesare le sue qualità in questo inizio di regular season. Dopo un avvio altalenante, nessuno ha fatto meglio dei Jazz nelle ultime sette partite: 7-0 di record, vincendo anche in trasferta sia a Milwaukee che a Denver. Cifre alla mano, difficile pensare di fare meglio: 19 triple di media a bersaglio, grande distribuzione offensiva di responsabilità, +15.1 di Net Rating e la capacità di colpire a proprio piacimento ogni difesa.

La tendenza: il tiro da tre punti nei primi sei secondi dell’azione

Alessandro Mamoli e Davide Pessina hanno focalizzato la loro attenzione su un aspetto particolare del gioco dei Jazz: le conclusioni con i piedi oltre l’arco che arrivano nei primi sei secondi dell’azione. Uno dei principali indicatori della capacità di correre subito in transizione da parte di Utah, abile a sfruttare un lungo dominante, ma al tempo stesso mobile come Gobert. La squadra di Salt Lake City tira con il 46.2% con quasi sette tentativi a partita in quelle situazioni: punti facili, veloci, devastanti per qualsiasi difesa. Andando più nel dettaglio, è interessante intuire le ragioni che sono alla base di questa produzione. Prima di tutto, l’abilità nel riempire il campo in transizione, spingendo “sulle ali” e costringendo così i difensori a fare una scelta complicata: proteggo il ferro o resto sul perimetro? Nella migliore delle ipotesi, la difesa è costretta a collassare oltre la linea del tiro libero, lasciando così spazio e tempo ai giocatori che arrivano a rimorchio di colpire. Le varianti sul tema non sono poche: il taglio di Gobert a canestro che induce l’avversario a seguirlo e libera metri di spazio sul perimetro, le letture di Mitchell dal pick&roll che di volta in volta può cavalcare il centro francese o inventare linee di passaggio che solo pochissimi altri riescono a costruire. Il risultato è che l’attacco Jazz funziona in modo corale, una sinfonia che a Salt Lake City sperano di suonare anche a lungo.

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