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NBA, Nicolò Melli a Sky: "Zero rimpianti, ma l'ultimo anno è stato il più difficile"

ESCLUSIVA

Dario Vismara

A meno di due giorni dalla conquista delle Olimpiadi, Nicolò Melli ha tracciato un bilancio del torneo pre-olimpico con gli azzurri e del suo biennio passato in NBA che potrebbe essersi concluso. "Non ho rimpianti per essere andato in NBA, il bilancio rimane positivo anche se l’ultimo anno oggettivamente è stato il più difficile della mia carriera". E su Milano: "Magari prendo un aereo prima di andare a Roma…"

Le NBA Finals sono in diretta su Sky Sport NBA (canale 209), la casa del basket USA

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Nicolò Melli aspettava questo momento. Lo aspettava da un anno intero, al termine di una stagione che lui stesso ha definito come "oggettivamente la più difficile della mia carriera", in cui tra New Orleans e Dallas si è potuto togliere poche soddisfazioni, diciamo anche nessuna. Poter voltare pagina conquistando da capitano un posto alle Olimpiadi è una soddisfazione enorme, quasi da non crederci anche se ormai sono passati quasi due giorni ("Ma è quello il bello di un'impresa del genere: che non la realizzi subito" ci dice a inizio intervista con un sorriso). E permette anche di ragionare con più rilassatezza sul biennio che si sta lasciando alle spalle, visto che il suo ritorno all’Olimpia Milano sembra solo questione di ore — con un viaggio dalla Germania, dove si trova ora, che prima di portarlo a Roma per il raduno della Nazionale potrebbe riportarlo nella città che è stata già sua tra il 2010 e il 2015. Il capitano azzurro ha parlato in esclusiva con skysport.it del torneo pre-olimpico appena conquistato ("Ho avuto buone sensazioni da subito, siamo stati bravi ad andare avanti e a far pesare la pressione del pubblico sulla Serbia") e delle sue aspettative in vista di Tokyo ("Per me è una boccata di ossigeno dopo una stagione difficile"), ma soprattutto della sua esperienza in NBA tra Pelicans e Mavericks. "Nessun rimpianto, il bilancio è positivo anche se il secondo anno è stato oggettivamente il peggiore della mia carriera" ha detto, sottolineando comunque come sia "tutta esperienza per il futuro".  E infine un pensiero sulle Finals che cominciano stanotte — diretta a partire dalle 3.00 su Sky Sport NBA canale 209, la casa della pallacanestro USA per i prossimi due anni — e che vedono coinvolti due suoi grandi amici tra campo e panchina. "A Phoenix c'è Rick Fois, a Milwaukee un mio ex compagno come Jrue Holiday: diciamo che tifo per il bel basket". 

Nik, sono passate più o meno una quarantina di ore da quando è successo: hai cominciato a realizzare quello che avete fatto a Belgrado?

"No, no, assolutamente no. Però è il bello di quando si fa un’impresa simile: non lo realizzi subito. Sicuramente siamo molto contenti, abbiamo fatto qualcosa di straordinario e ce la godiamo".

 

Quando avete cominciato a crederci come gruppo, sia prima della partita che durante?

"A dir la verità ho avuto buone sensazioni fin dall’inizio. Mi hanno chiesto di definire il gruppo con una parola e per me era ‘genuino’. Poi ovvio: pensare di andare in Serbia a vincere contro la Serbia è un altro discorso, però ho sempre creduto in questo gruppo e noi abbiamo sempre creduto in noi stessi. Anche durante il torneo, a parte l’esordio che era davvero la prima volta che giocavamo assieme, abbiamo visto come stavano gli altri e abbiamo visto che la Serbia faceva fatica… Poi sai, quando giochi in casa e sei davanti ai tuoi tifosi, se per caso l’avversario va avanti poi la pressione si fa sentire. Noi siamo stati bravi a fare questo e a controllare la partita, però ci abbiamo sempre creduto. Quando arrivi in finale, che comunque non era scontato raggiungere, è vero che sei sfavorito ma non vuoi perdere. E noi ci abbiamo creduto".

 

Per te in particolare, da neo capitano di questo gruppo e dopo la stagione che hai passato, che significato ha questa Olimpiade?

"Per me hanno un significato particolare innanzitutto perché sono le Olimpiadi, e poi perché mia mamma le aveva fatte in passato e quindi è davvero bello. Non credo siano tante le famiglie che possano dire di avere un genitore e un figlio entrambi olimpionici. Quindi per me ha un significato speciale, una boccata di ossigeno dopo una stagione oggettivamente difficile, dove le soddisfazioni sono state poche. Diciamo che non ho giocato benissimo in queste qualificazioni, ma sono contento di aver aiutato la squadra a raggiungere questo obiettivo. È una cosa bella che ridà un po’ di leggerezza a tutto".

 

L’altra sera ti sei trovato diverse volte a marcare Boban Marjanovic: ti ha aiutato averlo affrontato in allenamento a Dallas?

"A dire il vero a Dallas non è che ci allenassimo troppo, e poi non è stata proprio una marcatura di fine lettura: sono andato dentro e l’ho dovuto solo menare, perché non avevo alternative. Però sicuramente il fatto di sapere come gioca e quali sono i suoi tiri preferiti un po’ mi ha aiutato: ho sempre cercato di mandarlo a sinistra, anche se non era semplicissimo, e di non fargli prendere posizione troppo profonda. Però quando eravamo lì sotto insieme c’era solo da menare".

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Se si concluderà il tuo percorso in NBA, che bilancio fai di questo biennio? Hai dei rimpianti?

"Rimpianti nessuno, nel senso che credo che molte cose non fossero sotto il mio controllo, specialmente nel secondo anno. Rimane comunque un bilancio positivo: il primo anno è stato buono, è partito piano come sono partite piano anche molte esperienze di europei arrivati in corsa, quindi all’inizio non giocavo ma poi ho trovato spazio, la squadra stava andando bene e purtroppo è arrivato il Covid, che tra tutte le altre cose che ha rovinato ha ovviamente bloccato anche la NBA. Ovviamente si tratta di un problema minimo rispetto a quello che il Covid ha causato nel mondo. Però il bilancio rimane positivo, è stata una bella esperienza: ho conosciuto un mondo che era un sogno e poter dire di aver giocato in NBA è comunque bello. Il primo anno ho anche fatto l’All-Star Game dei rookie e anche quella è stata una bella soddisfazione. Oggettivamente il secondo anno è stato l’anno più difficile della mia carriera, proprio a livello di soddisfazioni e di comprendere quello che mi stava succedendo. Però è tutta esperienza. Come si dice dalle mie parti: fa tutto brodo, faremo tesoro di questo biennio".

 

Sia a New Orleans che a Dallas hanno cambiato allenatore al termine della stagione: avendo vissuto da dentro le due situazioni, te lo aspettavi? Specialmente Carlisle che era lì da molto tempo.

"L’ho detto subito a Meo Sacchetti quando sono arrivato in Nazionale: ‘Stai attento perché dove passo io…’. Infatti sono contento che ci sia per Eurobasket così abbiamo interrotto la striscia negativa degli allenatori. [ride, ndr] Tornando seri: non ti aspetti mai che un allenatore possa essere cacciato. Oggettivamente la situazione a New Orleans è stata abbastanza pesante e si è visto anche dai risultati: è stata una stagione molto al di sotto delle aspettative e credo sia stata peggiore rispetto all’anno precedente. Io però non ero più lì negli ultimi due mesi perciò non so esattamente cosa sia successo. Per quanto riguarda Carlisle invece sono arrivato alla fine, lui era già lì da 13 anni, non so che dinamiche ci siano state dietro perché è stato mandato via anche il GM Donnie Nelson, perciò non so che valutazioni siano state fatte. Penso comunque che Carlisle possa essere molto soddisfatto di quello che ha fatto a Dallas, e mi sembra anche che sia caduto in piedi perché ha trovato subito una panchina a Indiana".

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Stanotte cominciano le Finals: Phoenix contro Milwaukee, chi vedi come favorita dalla tua esperienza avendoli visti da vicino?

"Molto dipende se Giannis Antetokounmpo ci sarà o meno e in quali condizioni sia. Personalmente sono combattuto perché a Phoenix c’è Rick Fois che mi farebbe enorme piacere vincesse e dall’altra c’è Jrue Holiday con cui ho giocato e che è stato uno dei migliori compagni che io abbia mai avuto in carriera, una persona d’oro prima ancora di essere un giocatore straordinario. Ieri ho parlato con una persona che mi diceva: non tifo più per le squadre, tifo per le storie. E in entrambi i casi ci sono delle belle storie: da una parte c’è Phoenix che veniva da una bolla e da una stagione straordinaria, con Chris Paul che dopo 16 anni di carriera può finalmente vincere questo maledetto anello; dall’altra c’è comunque Giannis che sarebbe una storia straordinaria, poi da europeo ancora più bella. E per Jrue sarebbe una grande soddisfazione perché è andato lì per vincere l’anello, e sarei molto contento per lui se ci riuscisse. Facciamo così: diciamo che tifo per il bel basket”.

 

Come vivevi tu le Finals quando eri qui? Eri uno di quelli che rimaneva in piedi a vederle o le recuperavi dopo?

"No, a me piace dormire di notte… [ride, ndr] Ho sempre seguito i playoff con molta più attenzione rispetto alla regular season, e poi ovviamente le Finals sopratutto nel weekend con orari più normali le guardavo, o comunque il giorno dopo cercavo sempre di vedere la partita anche sapendo il risultato per vedere come era andata. Poi sono le finali NBA: sono probabilmente lo spettacolo migliore che ci possa essere come prestigio, dopo forse le Olimpiadi. Sarà sicuramente una bella battaglia, anche tra due squadre che non hanno il blasone che potevano avere altre, perciò sarà molto interessante”.

 

Quindi ci vediamo a Milano?

"Io adesso sono in Germania, magari da Monaco volo a Milano e poi prendo un aereo per Roma dove c’è il raduno della Nazionale. Però non so, vediamo…".

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