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NBA, Kyrie Irving e le sue ragioni: "Voglio essere la voce di chi non viene ascoltato"

il caso
©Getty

L’All-Star dei Nets è stato messo fuori squadra fino a quando non tornerà a essere a disposizione “a pieno servizio” - ossia vaccinato. Le motivazioni alla base della protesta di Irving non sembrano essere però strettamente no-vax, ma il suo obiettivo è quello di dare voce a chi sta perdendo il lavoro a causa delle restrizioni. Una lotta "più grande della pallacanestro" che rischia di compromettere la corsa al titolo di Brooklyn

Dopo il comunicato ufficiale dei Nets e la conferenza stampa tenuta dal GM Sean Marks, il punto di vista della dirigenza di Brooklyn è chiaro: Kyrie Irving resta fuori squadra fino a quando le prestazioni che riesce a garantire al gruppo sono quelle di un giocatore part-time. Non accettare la vaccinazione porta a questo e ai Nets non servono atleti “a mezzo servizio”. L’ex giocatore di Cavaliers e Celtics infatti non ha alcuna intenzione di vaccinarsi e per questo Brooklyn è stata costretta nelle scorse ore a passare alle maniere forti, tagliando di netto i rapporti e provando così a mettere spalle al muro Irving. Un racconto e una storia a cui manca però un pezzo: perché l’All-Star dei Nets ha scelto questo muro contro muro? È davvero un no-vax? Quali ragioni lo spingono a uno scontro del genere? The Athletic, ascoltando diverse fonti e raccogliendo indiscrezioni, ha cercato di ricostruire le motivazioni alla base di una scelta che in ogni caso costerà cara a Irving, che mette in grande affanno Brooklyn e che rischia di comprometterne le ambizioni da titolo e l’intera stagione prima ancora di alzare la prima palla a due della regular season.

Ascoltando quanto raccontato di chi gli è vicino (visto che il diretto interessato non parla con la stampa), Irving crede di combattere per qualcosa che va al di là della pallacanestro e la conseguenza (non voluta e non intenzionale) della sua missione è in conflitto con la sua carriera e con il bene della sua franchigia. Stando a quanto riportato da The Athletic, Irving non è contro i vaccini, non è un no-vax, ma ha deciso di battersi per le istanze portate avanti da quelle persone che hanno perso il lavoro a causa delle imposizioni dettate dalla somministrazione del vaccino. Si tratta di una battaglia più grande di quelle che deve affrontare sul parquet, una sfida al controllo che a detta sua si sta facendo della società: “Vuole essere le voce di chi non viene ascoltato”, spiegano alcune fonti vicine a lui. Una lotta ideale, legata a principi nei quali Irving crede e per i quali vuole mettere a disposizione la sua cassa di risonanza: perdere soldi o popolarità non è un problema per un giocatore che, già da qualche tempo, aveva mostrato l'intenzione di essere controcorrente.

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